Ipnosi e psicoterapia a Cagliari

mercoledì 23 dicembre 2015

La verità sull'ipnosi negli interventi chirurgici

Care lettrici e lettori,
ho letto da poco su un portale "L'ipnosi entra in sala operatoria", questo è uno dei titoli. E questa è verità, dimostrato a livello scientifico. Ma vi spiegherò qui come stanno le cose.

1) Generalmente chi pratica l'ipnosi in ospedale è un medico strutturato dell'ospedale che si è specializzato in ipnosi e la usa come pratica clinica nei suoi pazienti. Ho conosciuti diversi medici che sui loro pazienti, oltre a praticare le normali procedure mediche chirurgiche, utilizzavano l'ipnosi. Parlo quindi per esperienza diretta. Ricordo un dentista israeliano che su una sua paziente allergica agli oppioidi aveva praticato un'estrazione in anestesia ipnotica, e al congresso internazionale di ipnosi che si tenne a Roma, ci mostrò il video.  Quindi un conto è se il chirurgo o l'anestesista o il dentista utilizzano l'anestesia ipnotica. Altro conto è far entrare in sala operatoria un estraneo che pratichi l'ipnosi su una paziente del chirurgo. Credetemi, se il chirurgo non dà il consenso non c'è santo che tenga (tra l'altro perché la responsabilità è la sua).  Questo per dire che l'ipnosi in sala diventa un lavoro d'equipe, sempre.

2) L'anestesia e analgesia ipnotica sono dei fenomeni tipici della trance profonda. Secondo gli studi in merito circa il 20% della popolazione è in grado di raggiungere un livello di trance così profondo. Non a caso chi rientra in quel 20% vengono chiamati "soggetti altamente ipnotizzabili".
Il restante 80% della popolazione è distribuito tra soggetti più o meno ipnotizzabili, e non è affatto detto che un soggetto che riesca a regredire temporalmente, riesca anche a farsi infilare un ago sul dorso della mano senza fiatare. E l'unico modo per saperlo è provarlo.
Quindi se prendiamo una persona a caso, abbiamo 7-8 possibilità su 10 di fallire, o 2-3 su 10 di riuscire. Questo è il motivo principale per il quale l'ipnosi non sostituirà mai l'anestetico, ed è il motivo per il quale storicamente l'etere ha soppiantato l'ipnosi nelle sale operatorie.


3) L'anestesia ipnotica non si può utilizzare su qualunque tipo di intervento, per esempio sui trapianti, ma questo non lo dice nessuno.

Da qui vedete chiaramente che le difficoltà tecniche e logistiche ci sono. Ciò nonostante per soggetti altamente ipnotizzabili l'ipnosi resta indiscutibilmente la scelta  migliore specialmente in campo chirurgico e odontoiatrico. E questo articolo ve lo spiega ancora meglio.
Nella mia esperienza ho avuto vari dei successi nella preparazione al parto, riducendo in modo significativo i tempi di travaglio fino a una manciata di minuti (era quello l'obiettivo concordato), e in un intervento col laser a un occhio in una persona che non riusciva a tollerare la procedura.
Il parto con l'ipnosi è stato ampiamente dimostrato, con benefici indubbi. Ma vale per tutte le partorienti? Dipende dal risultato che si vuole ottenere. Non provare alcun dolore è riservato solo per i buoni soggetti ipnotici (sfido chiunque a replicare il risultato su uno scarso soggetto ipnotico), mentre ridurre l'ansia, la paura, aumentare l'energia durante la fase di espulsione e cambiare lo stato psicologico è alla portata di molte persone.
Da 8 anni uso l'ipnosi nella terapia antalgica del Brotzu con pazienti con la fibromialgia, emicrania, nevralgie e ogni altro tipo di dolore.
Potete leggere una mia controdeduzione a un articolo sull'ipnosi pubblicato di recente, QUI

Dott. Delogu

giovedì 10 dicembre 2015

12/01/2016 Cagliari: gruppo esperienziale sull'ipnosi regressiva

Care lettrici e lettori,
ho il grande piacere di informarvi che il 12 gennaio alle 16 in via Dante, 16 a Cagliari, si terrà un incontro esperienziale di gruppo sull'ipnosi regressiva.
Tanto da fare, tanto da vedere, costo simbolico d'ingresso (20€), aperto a tutti.
Abbiamo ottenuto dei risultati sorprendenti coi volontari che si sono offerti, complice l'energia del gruppo.
Che sia l'occasione buona anche per voi?
Provare per credere.
Cliccate sulla locandina sotto per avere maggiori informazioni.
Dott. Delogu



giovedì 26 novembre 2015

Ipnosi e perdita del controllo: l'origine del mito

Care lettrici e lettori,
molte persone sono ancora vittime dei pregiudizi legati all'ipnosi, e hanno il terrore di "sottoporsi" per paura di perdere il controllo.
Partiamo da qui: quando si parla di ipnosi, il concetto di sotto-porsi, "porsi al di sotto", inteso come sottomissione, ha delle radici lontane.
Avete voglia di fare un salto indietro nel tempo?
Seguitemi.
Quando l'ipnosi ancora non si chiamava così, esisteva il Mesmerismo, termine che risale all'operato di Franz Anton Mesmer sul finire del 1700. Mesmer era IL pioniere della suggestione dell'epoca, finì alla corte del Re Sole scatenando poi una grande reazione della comunità scientifica dell'epoca, che nominò una commissione che portò poi alla caduta di Mesmer. e al suo esilio. Ebbene, si narra che Mesmer fosse in grado di trasmettere il fluido magnetico nel corpo delle persone, con degli effetti catartici e miracolosi.  La sua storia affascinante ispirò scrittori come Edgar Allan Poe, e si sparse a macchia d'olio in tutta Europa.
Nell'immagine sotto potete osservare una rappresentazione del mesmerismo dell'epoca.

Una sorta di corte dei miracoli, nella quale Mesmer aveva una nomea di guaritore.
Il mesmerismo prevedeva un soggetto (Mesmer o un suo seguace) che trasmettesse il fluido magnetico attraverso il passaggio delle mani sul corpo (oggi chiamati passaggi ipnotici, o più impropriamente "passi"), e un soggetto ricevente, assolutamente passivo.

Un secolo dopo Jean Martin Charcot usava l'ipnosi sulle pazienti isteriche, letteralmente svenute tra le sue braccia, come potete osservare nell'opera di Andre Bruillet qui sotto


Charcot, importante neurologo per i suoi studi sull'isteria e sul sistema nervoso, lo potete osservare in piedi mentre tiene sul braccio una paziente isterica dell'ospedale Salpetrier in stato di trance.

In entrambe le immagini c'è un soggetto attivo e uno che subisce un qualcosa di invisibile.
Oggi gli ipnotisti da palcoscenico, quelli che vengono chiamati "comedy hypnotist" basano tutti i loro spettacoli sul concetto (falso) del potere e della perita del controllo. Basta fare una ricerca su google per vedere scene dove ragazzi, sotto l'influsso ipnotico, fanno le cose più strane come ballare, parlare una lingua sconosciuta, sballarsi fumando una canna virtuale, e tutta una serie di altri numeri da circo pre-determinati per far ridere.
Tutto ciò naturalmente porta le persone ad avere paura dell'ipnosi, credendo erroneamente che l'ipnosi degli comedy hypnotist sia come quella che pratica uno psicoterapeuta nel suo studio.
Ebbene, signori, vi sbagliate. Anche chi fa piercing usa acciaio bisturi, pinze, guanti e aghi sterili, ma sarebbe un errore enorme pensare che abbia competenze chirurgiche. Professioni diverse, tecniche diverse, anche se con strumenti apparentemente simili.
Ma soprattutto studi diversi.
Quindi credetemi sulla parola: dal 1800 ad oggi le cose sono cambiate. Non esiste nessun fluido, nessun potere che possa piegare la mente delle persone, nessuna perdita del controllo.
Lasciate pure che questo rimanga puro appannaggio di ipnotisti dal palco, e altre figure che praticano ipnosi senza una specializzazione riconosciuta.
Perciò state tranquilli e al sicuro, così come ci sono centri d'eccellenza a Cagliari per i trapianti, non è necessario attraversare l'atlantico per fare una seduta da un professionista competente, perché potete ottenere lo stesso a Cagliari.
La mia promessa? Fare del mio meglio, sempre di più.


Dott. Delogu

martedì 24 novembre 2015

IPNOSI a SANLURI: seminario teorico-esperienziale

Care lettrici e lettori,
è con grande piacere che vi informo che il giorno 30 novembre 2015 alle ore 15,30 a Sanluri, presso il convento dei cappuccini, via san Rocco, 6 Sanluri terrò un incontro teorico-esperienziale sull'ipnosi, con particolare attenzione all'uso della regressione ipnotica.
La durata sarà di 2 ore, e la prima parte verterà sulla presentazione dell'argomento ipnosi, approfondendo aspetti storici, clinici, scientifici. La seconda parte riguarderà invece la parte pratica nella quale chiunque abbia un obiettivo può proporsi come volontario per una dimostrazione pratica, e per raggiungere l'obiettivo prefissato.
La quota di partecipazione individuale è di 20€ da pagarsi all'inizio dell'incontro, di cui una parte andrà come offerta ai frati che gentilmente ci ospitano.
Prenotazione gradita.
Vi allego la locandina.



domenica 22 novembre 2015

Schernisce una disabile. Voi che avreste fatto?

Care lettrici e lettori,
sentite questa: l'altro giorno ero al market, era il mio turno alla cassa. Sento una voce particolare, con un timbro decisamente anomalo. La voce chiedeva "quanto costa questo?". Mi giro, e vedo una ragazza con evidenti problemi cognitivi e di deambulazione, che mostrava un articolo che aveva in mano. 9 su 10 aveva una malattia genetica, ma non sono sicuro di quale tipo fosse.
La commessa di fronte a me, prima la squadra, poi le dice "non lo so". E dopo qualche attimo, che definirei imbarazzante, aggiunge "dammi l'articolo che lo passo alla cassa". Sentito il prezzo, la ragazze riprende l'articolo e se ne va un po' barcollando. Ma io non stavo guardando lei, ma osservavo la commessa. Questa ha continuato a fissare quella povera persona mentre se ne andava, poi con un sorriso di scherno ha guardato me come per condividere il suo pensiero idiota.

Non ho soluzioni in questo caso, perché per capire certi concetti basilari è necessario avere una certa interiorità. Capire il valore delle cose, come la sofferenza dell'altro, anche se non possiamo vederle o toccarle. Poi, lo so, esistono dei paradossi incredibili di persone che piangono vedendo su YouTube il video di un cane che soffre, ma che mostrano una doppia faccia beffeggiando e mostrando disprezzo verso una persona con un evidente disagio fisico e psichico. Ma in entrambi i casi voliamo a pelo d'acqua. Per certe persone, "rispettare la sofferenza dell'altro" sono parole vuote, senza senso. Per questa persona vuote hanno molto più senso le cose materiali.
Ora una domanda per voi: come vi sareste comportati al mio posto?
Le avreste fatto una paternale, le avreste risposto "ti fa ridere?". Avreste riso anche voi? Avreste fatto finta di nulla? Avreste segnalato il suo atteggiamento al responsabile? L'avreste insultata come probabilmente si merita scatenando un putiferio?


Scrivetemelo nei commenti, sono umanamente curioso.

Dott. Delogu

domenica 8 novembre 2015

Ipnosi regressiva: nuovo incontro di gruppo.

Care lettrici e lettori,
ci tengo sinceramente a informarvi che il giorno mercoledì 2 dicembre 2015 dalle 16.00 alle 18.00 si terrà il 5° incontro del gruppo di ipnosi regressiva. 
Il seminario vuole offrirvi conoscenze aggiornate sull’ipnosi e la psicoterapia ipnotica e vuole essere un laboratorio esperienziale nel quale verrà impiegato lo strumento ipnosi, mettendo a disposizione la mia esperienza, per raggiungere un obiettivo personale. Particolare attenzione verrà data al fenomeno della regressione, utilizzabile sia per scopi terapeutici che esplorativi, a voi la scelta. . Durante il seminario, della durata di 2 h, avrete modo di approfondire le tematiche relative all’ipnosi, vedere dal vivo il processo ipnotico passo-passo, e chi vorrà potrà sperimentare su di sé una induzione ipnotica per raggiungere un obiettivo da vi prestabilito. 
I casi trattati verranno poi discussi, dandovi modo di approfondire le tematiche cliniche di interesse generale.
Vi ricordo inoltre che la quota individuale per la partecipazione è di 20€, da versare all’inizio dell’incontro. Come di consueto, una parte del ricavato a sarà devoluta all’associazione LILA (lega italiana per la lotta contro l’aids) di Cagliari. 

SEDE E ORARI DELL’INCONTRO
L’incontro si svolgerà presso la sede della LILA, via Dante Alighieri,16 Cagliari (CA), e avrà inizio alle ore 16.00 e terminerà alle ore 18.00
E’ gradita la prenotazione.

Per coloro i quali avrebbero voluto partecipare ai miei seminari della settimana del benessere psicologico, dal titolo "guarire con l'ipnosi" e "l'ipnosi nel trattamento delle balbuzie", che per cause organizzative non si sono svolti, questa del 2 dicembre è un'ottima occasione per parlare seriamente di ipnosi, e soprattutto praticarla. 

Vi aspetto il 2 dicembre alle 16. 

Se avete dubbi o domande, contattami pure 3473095315.

Dott. Delogu

domenica 25 ottobre 2015

Smettere di fumare: quando la tariffa è un piacevole disincentivo

Care lettrici e lettori,
smettere di fumare con l'ipnosi è realtà, nella mia esperienza con l'80% di successo, senza ricadute. Personalmente utilizzo un protocollo di 5 sedute, nelle quali si applicando delle strategie completamente differenti per i vari momenti della dipendenza, inclusi esercizi a casa di vario genere.
Ma perché 5 sedute e non 3 o 10? Perché ricerche in merito hanno dimostrato che il picco dell'efficacia si raggiunge alla 5° seduta, superata la quale l'efficacia decresce, ugualmente se si sta al di sotto delle 5 sedute. Dal mio punto di vista poiché la dipendenza dal tabacco è un problema multifattoriale che va affrontato da differenti prospettive con differenti metodologie, in meno di 5 sedute semplicemente non si fa in tempo a fare tutto.
La motivazione è fondamentale, e senza di essa smettere di fumare in via definitiva è impossibile, qualunque mezzo si utilizzi.
Immaginiamo però un fumatore che vorrebbe smettere di fumare, immaginiamo che questo telefoni al professionista e la prima cosa che chieda è il prezzo. Per esempio: "Buongiorno, mi hanno detto che lei pratica la terapia per smettere di fumare. Quanto costa?".
Supponiamo che una volta sentita la tariffa, la persona ragioni così: "tot € a quante sigarette equivalgono?" e inizi a farsi i conti a tavolino per capire quanti pacchetti si comprerebbe con quei soldi. Ossia quanti pacchetti sta investendo per smettere.
Ragionamento rischiosissimo, perché se il numero di pacchetti investiti fosse troppo basso (mettiamo 10 pacchetti), l'investimento per smettere di fumare sarebbe risibile, e una persona dopo aver smesso penserebbe "se ho smesso una volta con così poco, posso fumare e rismettere quando voglio". Se invece il numero di pacchetti fosse troppo alto (supponiamo 1000 pacchetti), il fumatore penserebbe che non ne vale la pena spendere quei soldi per smettere. Pesare il valore di qualcosa in pacchetti di sigarette indica che quel fumatore non è pronto per smettere di fumare.
Ora, riflettiamo: secondo voi una persona del genere è realmente motivata a smettere?
Per rispondere e capire il perché di questa domanda, partiamo dalla mia esperienza di fumatore, sulla quale ho pensato l'intera terapia. Nei miei innumerevoli tentativi di smettere, dopo svariati giuramenti a me stesso e promesse solenni che avrei resistito fino alla morte pur di smettere, giunsi a una semplice conclusione: le mie promesse valevano quanto un soldo bucato, e non ero in grado di mantenere una promessa con me stesso. Cominciai a chiedermi che tipo di persona fossi se non riuscivo a rispettare un giuramento con a me stesso. La risposta era semplice: una persona debole, e per questo mi detestavo.
Infatti arrivava un momento allo scoccare del 3° giorno senza fumare, che la mia fortissima buona volontà iniziale si spegneva e giungevano alla mente i soliti pensieri che ricordo come fossero ieri: "Non è un buon periodo questo, posso smettere più avanti", "solo una, solo questa volta, solo per oggi", "se ne fumo una che succede? Una sigaretta da sola non ha mai ucciso nessuno, una sigaretta sola non fa venire il cancro"; "sono troppo stanco e stressato per smettere oggi, smetterò più avanti".
Ricordo quanto sollievo mi dava fumare quella sigaretta quando alla fine cedevo. Un bacio a una persona che non vuoi, ma di cui sei ancora innamorato.
Col passare delle ricadute la mia volontà iniziale era sempre più debole, semplicemente mi dicevo "chi me lo fa fare soffrire in questo modo?", e al terzo giorno cedevo tra le braccia di quel demone terribile ma meraviglioso.
Ma prima di ricadere invidiavo profondamente chi fumava, li guardavo pensando che erano liberi di tirare fuori dalla tasca il pacchetto e fumare quando e quanto volevano, mentre io mi ero inflitto un martirio ed ero più prigioniero di prima, perché non avevo più la libertà di fumare o non fumare, semplicemente non potevo più fumare. Chi me lo faceva fare?
Con questi pensieri in testa, e la voglia di fumare che esplodeva dentro di me, tanto da impedirmi di studiare e di concentrarmi, coglievo la minima scusa per ricadere. E' stato un periodo terribile, credetemi.
Come tutti i fumatori ero scisso: una parte di me voleva mettere di fumare, ma dall'altra la voglia di fumare era tale da mandare il resto a farsi fottere, se mi passate il termine.
Se avessi cercato aiuto, una qualunque cosa che richiedesse rinunce o sacrifici sarebbe bastata per etichettare quella strada come "non conveniente" e continuare a fumare.
Ma a un certo punto toccai il fondo, e mi resi conto che ero disposto a qualsiasi cosa pur di smettere. Forse quando mi resi conto che non avevo il minimo controllo della sigaretta, ma ero in balìa della dipendenza, forse quando realizzai che ero solo uno schiavo della sigaretta. E a quel punto, e solo a quel punto avrei fatto qualunque sacrificio per smettere, a qualunque costo, avrei scalato il Gennargentu in inverno senza fermarmi se questo mi avesse aiutato a smettere.
Oggi, che sono passati molti anni da allora, mi torna in mente quella signora ricoverata in oncologia che aveva in mano una fetta di tronco d'albero attaccato a uno spago nero, tipo pendaglio, da legare al collo. Sperava che le proprietà magiche del legno la guarissero; non che ci credesse sul serio, mi disse, ma per la disperazione le stava provando tutte. Non so se quella signora oggi sia ancora viva.
Essere disposti a qualunque sacrificio, questa è la predisposizione mentale ideale affinché la terapia vada a buon fine. Quando la dipendenza dal fumo diventa la priorità della propria vita, quando non c'è niente che venga prima.
A quel punto non salterà mai in testa di contare coi pacchetti il corrispettivo economico della tariffa, perché qualunque tariffa non sarà mai eccessiva se paragonata a una vita intera passata fumando, come nessun intervento chirurgico costerà mai troppo se salva la vita.
Quindi, dico a voi, se cercate motivi validi per continuare a fumare ne trovare a volontà, ma se siete disperati come lo ero io, allora avete trovato la persona giusta per smettere di fumare.
Chiamatemi, rispondo sempre al telefono.

Dott. Delogu





domenica 18 ottobre 2015

Saper essere diretti: ecco come fare.

Care lettrici e lettori,
siamo tutti diversi, e ciascuno di noi ha un proprio modo di comunicare che dipende principalmente dall'educazione avuta nella famiglia di origine. Se abbiamo respirato urla e litigi fin da piccoli, le cose sono due: o ci distanzieremo in modo diametralmente opposto da quella modalità di comunicazione, oppure sarà più forte di noi: sentiremo una spinta a ripetere in automatico quei comportamenti simili a quelli del genitore. Si chiamano cicli interpersonali, e non lasciano scampo, non vanno mai in ferie, non ci danno mai tregua.
Ma una psicoterapia ben fatta può rovesciare le sorti della partita, e slegarci dagli effetti negativi della nostra infanzia, basta avere le giuste tecniche e la rapidità di pensiero giusta per capire tutto in poche sedute e non in pochi mesi.
Ma seguitemi, ed entriamo insieme nel vivo della faccenda.
Ci sono famiglie castranti che vietano ai figli di esprimere certe emozioni, tirando su persone che vivranno nella paura di ferire l'interlocutore, perchè partono dal presupposto che i diritti dell'altro sono superiori ai miei.
Ricordo che venne da me una persona che aveva un grosso problema ortopedico a un piede, causato da una signora che inavvertitamente le aveva piantato il tacco a spillo sul dorso del piede, trafiggendoglielo. La signora in questione, si accorse appena di aver provocato un danno permanente alla malcapitata, e se ne andò continuando la sua bella vita.
In un universo parallelo, la persona che era venuta da me avrebbe potuto fare moltissime azioni, come mettersi a urlare,  denunciare quella coi tacchi a spillo e chiederle un risarcimento da capogiro.
La mia paziente invece non fece niente, strozzò un lamento, e quella col tacco assassino proseguì per la sua strada. La poveretta dovette essere sottoposta poi a svariati interventi chirurgici, questo giusto per far capire la gravità della situazione.
Questo stile comunicativo si chiama passivo, e vale la regola che è preferibile tenersi il dolore piuttosto che offendere l'altro. Il paradosso delle persone passive, è che poi tendono a giustificare l'altro "magari non l'ha fatto apposta", e a dare la colpa a se stessi "ero io distratta".
Capite bene che di fronte a certe situazioni serve un intervento terapeutico molto deciso e a lungo termine perché si tratta di ristrutturare la personalità.
 La maggior parte delle volte però le persone passive lo sono per metà:  aggressive in certe situazioni (di maggiore comfort) e passive in altre dove non si sentono a casa. Per capirci meglio, persone che urlano contro i genitori, ma che si fanno prendere a urla dagli amici o dagli estranei.
Chi è bloccato in un unico stile comunicativo, ne è sempre schiavo. La persona che venne da me non aveva altre risorse, non conosceva altri modi per reagire in quella situazione. Non avrebbe saputo quali parole usare, che tono adottare, perché era una persona mite, avvezza più all'evitamento che allo scontro. In parole povere era bloccata in un unico stile.
Sbloccare il proprio modo di comunicare significa essere liberi di dire le cose come vogliamo, a nostra scelta, e avere sempre a disposizione almeno 5 modi diversi per dire la stessa cosa.
Vi propongo quindi i 5 segreti per essere diretti nella comunicazione, politicamente scorretti, ve lo dico subito.
1) Non pensare a cosa può pensare l'altro. E' un problema suo, non nostro. Nel mio lavoro invece devo sempre essere consapevole di quale effetto potrebbero avere certe parole sul mio interlocutore. Ma voi non siete me, e potete anche dire le cose dritte senza preoccuparvi del resto.
2) Meno è meglio. Meno parole si usano, più chiaro è il concetto. Semplice, no?
3) Non scusarsi in anticipo. Essere diplomatici è un conto, ma tappezzare l'interlocutore di giustificazioni per alleggerire l'impatto di quello che vorremmo dire, è da vili. Se il sarto ha sbagliato le misure e l'abito non mi sta, bisogna avere il dovere morale di dirgli le cose come stanno, evitando come la peste cose fantozziane  tipo "mi scusi, magari l'ho provato male io". E che diamine! Le situazioni in cui dobbiamo scusarci sono veramente rare, tutte le altre sono menate inutili per nasconderci dietro un dito, e mostrare tutta la nostra insicurezza.
4) Frequentare persone assertive, evitare le persone passive. Siamo tutti condizionabili, e se usciamo con una persona passiva, dovremo fare una fatica doppia per essere diretti con gli altri rispetto a quando usciamo con uno che è il doppio più assertivo di noi.
5) Esporsi, sempre. Dire le cose dritte implica avere coraggio, una buona dose di egoismo, ma soprattutto bisogna uccidere i sensi di colpa. Esercitarsi dal vivo ogni giorno è il metodo più rapido ed efficace per limare il terrore che l'altro stia male per colpa nostra.
6) BONUS OMAGGIO - Attenti alle giustificazioni che nascondono la paura. Certe persone fanno così, piuttosto che dire apertamente qualcosa di scomodo, preferiscono raccontarsi la balla che "non voglio creare situazioni imbarazzanti". Questo da un lato nasconde una certa dose di passività: se qualcosa va storto, perché non l'hai detto subito? Dall'altra rivela che l'unica modalità che la persona ha di dire cose scomode è facendo polemica ed essendo eccessivamente pedanti e accusatori.
E questo è il lato opposto della passività: l'aggressività. Non di meno questa persona è ugualmente schiava del proprio stile, al punto che preferisce la passività al piantare una grana che prenderebbe derive poco piacevoli per tutti.
Essere diretti non vuol dire essere aggressivi, giudicanti, lamentosi. Significa dire le cose in modo assertivo. Se compro il giornale con l'allegato omaggio, e il giornalaio mi dà il giornale SENZA allegato, io lo vedo, sto zitto e me ne vado, ho un problema di comunicazione che mi creerà problemi. E questo vale anche se dopo diverse ore torno lì sbattendogli il giornale in faccia e pretendendo ciò che non mi ha dato.
Esistono altri 5 modi diversi per dire le cose, non siate più schiavi del vostro stile.

Dott. Delogu

lunedì 5 ottobre 2015

Gruppo di ipnosi regressiva a Cagliari

Vi informo che l'incontro di gruppo sull'ipnosi regressiva si terrà il giorno 30 ottobre 2015  dalle 16 alle 17,30  in via Dante, 16 presso la sede dell'associazione onlus  LILA, lega italiana per la lotta contro l'aids (LILA).
Il costo individuale per la partecipazione è di 20€, delle quali 5 verranno devolute alla LILA per sostenere il loro lavoro interamente volontario e senza finanziamenti pubblici che fanno nelle scuole e tramite campagne di prevenzione.
Il pagamento avverrà all'inizio del seminario.

Vi ricordo che il gruppo sarà al 100% di tipo esperienziale, e che chi desidera può mettersi in gioco provando l'esperienza dell'ipnosi regressiva (e non solo).

Per prenotazioni contattatemi.

g.delogu@me.com
3473095315

Dr. Delogu





domenica 4 ottobre 2015

Saper mettere delle regole e dire di NO: ne siete capaci?

Care lettrici e lettori,
molto spesso svariati problemi nascono dal fatto che non siamo in grado di mettere delle regole e di farle rispettare. Mettere regole significa dire a qualcuno che quella azione da lui compiuta ci ha dato fastidio, e dirgli di non compierla più. Per esempio dire al partner che quando si esce insieme, si esce di fatto per stare insieme, non per passare tutta la serata a guardare facebook sullo smartphone.
Far rispettare le regole è la cosa più complessa, perché significa prendere delle contromisure nel caso in cui la persona non rispettasse la nostra regola. Di fatto è la decisione che segue la regola che dà valore ad essa. Per fare un esempio, sarebbe stato inutile vietare l'uso del ciclomotore senza casco, se non avessero sequestrato migliaia di veicoli per questo motivo. Oggi è molto raro (almeno a Cagliari) vedere persone senza casco, forse perché è stata "interiorizzata" la regola? Mi piacerebbe tanto credere a questa favola, ma la verità è che nessuno vuole rischiare una multa o il ritiro del mezzo. Abolire la pena significa abolire la regola. Lo stesso vale per la cintura di sicurezza, è la certezza della pena, come la definiva Benedetto Croce, a rendere valida la regola.
Questo significa che se il partner se ne infischia di ciò che gli abbiamo detto, all'uscita successiva resta attaccato allo smartphone, la serata termina immediatamente e non ci sarà una prossima uscita. Se invece dovesse facessimo finta di nulla, annulliamo la regola e impostiamo un rapporto basato sulla passività.
Se ci pensate il mondo è fatto di regole: lo sport è fatto di regole, così come i rapporti tra le persone, i rapporti lavorativi, i rapporti nella famiglia. Talvolta le regole sono esplicite, come un appuntamento dal dentista, nel quale si scrive fisicamente l'orario su un foglietto, talvolta più implicite come in famiglia.
Decidere quale regola mettere e farla rispettare non è facile, perché significa in una quale misura, perdere qualcosa.
E' giusto imporre a un partner di non guardare mai lo smartphone? Di cosa abbiamo paura?
E il problema dove sta, nel suo comportamento o nella nostra mancanza di fiducia?
Come vedete quindi a volte è necessario mettere delle regole a noi stessi, prima che agli altri, e punirci se non le rispettiamo. La religione cristiana cattolica stessa ci offre una puntuale sequenza  di comportamenti codificati nei millenni quando si infrange una regola, nella fattispecie un comandamento:senso di colpa, pentimento, contrizione, penitenza, espiazione, confessione.
Impariamo prima a rispettare noi stessi le regole che ci poniamo, prima di imporle agli altri. A questo serve la sequenza ben codificata di come affrontare i nostri sbagli.

In tutto questo come può aiutare uno psicoterapeuta e in particolare l'ipnosi?
Con l'ipnosi è possibile spezzare le paure che impediscono di mettere in atto una regola, o di farla rispettare. Quante volte ho sentito pazienti che mi dicevano "lui mi tratta male, ma io non reagisco, non faccio nulla"?
E quanto fu terribile per me quella volta sentire quella ragazza in lacrime dirmi: "ho abortito perché lui me l'ha imposto". 
Ecco dove porta la strada del non mettere regole a se stessi e agli altri: porta verso il subire, verso il non-fare, il mettere sempre al primo posto gli altri e mai noi stessi, per la paura di essere abbandonati, etichettati, essere "cattivi".
Con un duro e faticoso lavoro di psicoterapia è possibile smantellare tutto questo sistema terribile e imparare a rispettare noi stessi.
E allora per una volta, per la prima volta, impariamo a dire NO per noi stessi, per il nostro bene. Iniziamo a imporci questa regola.
A tutto quello che ne conseguirà, poi, se vorrete il mio aiuto ci penserò io.

Dott. Delogu

P.S: per quella persona che dubitava bonariamente del fatto che fossi io a scrivere i post, dannazione, certo che sono io.

giovedì 1 ottobre 2015

Come scegliere un ipnotista a Cagliari?

Care lettrici e cari lettori,
ultimamente mi sono reso conto che ovunque mi giri trovo sempre qualcuno di nuovo che dice di fare ipnosi. Diciamo decine di persone, per cui mi è venuto il dubbio che non fosse diventata una moda.
Mi son posto allora una domanda: se fossi interessato a provare l'ipnosi, se avessi letto un libro di Brian Weiss e volessi provare l'ipnosi su di me, quale criterio userei per trovare l'ipnotista giusto?
Ecco quindi dalle frequenze di Ipnosi Cagliari le linee guida su come scegliere un buon ipnotista a Cagliari, che vi invito a seguire scrupolosamente. Tenetevi forte, e partiamo.
Quando si parla di ipnosi bisogna fare molta attenzione, perché il termine "ipnosi" non è protetto legalmente, né è riservato a categorie specifiche, a differenza del termine "psicoterapeuta", che può essere usato esclusivamente da psichiatri o da psicologi iscritti alle liste degli psicoterapeuti. Quindi per capirci, chiunque usi il titolo di "psicoterapeuta" senza esserlo pratica un reato perseguibile legalmente. Per l'ipnosi purtroppo così non è, quindi chiunque e sottolineo chiunque, può aprire uno studio e mettere su una targhetta con su scritto "ipnosi ericksoniana". Anche il camionista che ha speso migliaia di euro in corsi di PNL potrà fare il coach e usare l'ipnosi,  e scrivere "Tizio Caio, Life Coach, ipnosi ericksoniana", la legge italiana glielo consente, ahimè (o "poveri voi", se preferite).
Quindi la prima cosa da capire è quale titolo sta dietro il termine "ipnosi".
La cosa in sè è abbastanza complessa, perché non essendo rigidamente riservata a medici e psicologi, chiunque può tirare su un corso di ipnosi senza averne i requisiti, e rilasciare un attestato di partecipazione, o un altisonante "certificato di ipnotista". In nessun caso con un titolo del genere si può fare psicoterapia con l'ipnosi, a meno di non essere già psicoterapeuti.
Ma esistono altre situazioni per le quali qualcuno può scrivere "esperto in ipnosi ericksoniana":
1)  Il Master in Ipnosi: già di qualcosa di più serio, se rilasciato da scuole di specializzazione riconosciute dal MIUR, e riservato solo a psicologi e medici. Perché esistono anche master franchi aperti a tutti, quindi è bene informarsi. La parola "master" come la parola "ipnosi" è sdoganata e di pubblico dominio, ma ha lo stesso valore legale del videocorso in ipnosi istantanea, se rendo l'idea.
Con un semplice master riconosciuto dall'università, uno psicologo può praticare l'ipnosi ma non può fare psicoterapia con l'ipnosi. "E allora che fa?", mi chiederete voi. E qui entra in gioco un cavillo deontologico per aggirare il divieto di fare psicoterapia da parte di chi non ha conseguito il titolo: "Terapia psicologica".  Lo psicologo in questione quindi potrà scrivere "Dott. X, psicologo, ipnosi ericksoniana", e di fatto fare psicoterapia con l'ipnosi senza essere psicoterapeuta. Non il massimo della trasparenza, direi. Ma la legge italiana lo consente, purtroppo.
2) Come ultimo livello, il più alto in grado,  c'è la Specializzazione in Psicoterapia Ipnotica. Un titolo che non solo dà diritto a entrare nelle famose liste degli psicoterapeuti, ma che forma specificatamente nell'uso dell'ipnosi per fare psicoterapia.
Domanda: tutti quelli che escono da queste scuole sono dei geni dell'ipnosi?
Risposta: Naturalmente no, così come solo pochissimi dei chirurghi che escono ogni anno dalle specializzazioni di chirurgia italiane diventeranno dei geni della chirurgia. Gli altri saranno nella media o sotto la media.
Ma per identificare l'ipnotista più gifted, dotato, talentuoso, sappiate che deve avere determinate caratteristiche tecniche e personali:
1) avere effettuato moltissime induzioni ipnotiche
2) conoscere perfettamente tecniche di induzione, approfondimento e saper usare bene i fenomeni ipnotici
3) avere una velocità di pensiero molto elevata per districarsi da situazioni talvolta complesse
4) avere in mente sempre almeno 3 modi diversi per risolvere il problema, e saperli spiegare.
5) conoscere e saper usare molto bene altri orientamenti di ipnosi (non esiste solo l'ipnosi ericksoniana, per esempio).
6) saper entrare in contatto col paziente stabilendo un rapporto di piena fiducia.

Un buon ipnotista deve essere in grado di effettuare una regressione ipnotica senza battere ciglio, anche col cronometro alla mano, se fosse necessario. Credetemi se vi dico che non è affatto una cosa così scontata come sembra.
Mi fermo qui, ma la raccomandazione più grande è: da chiunque andiate, non abbiate paura di chiedere, è un vostro diritto.
E ricordate: con l'ipnosi più ci si allontana dalla scientificità più si pesca nel torbido, correndo il rischio di incappare in ciarlatani.
E il vero ciarlatano non è Giucas Casella, abilissimo ipnotista da palcoscenico (a mio avviso uno dei migliori nello scenario internazionale), ma chi propone di guarire con l'ipnosi (o con qualsiasi altra forma di psicoterapia) mali incurabili come la sclerosi multipla o tumori in stadio avanzato.
Se avete qualsiasi dubbio, in qualunque parte del mondo vi troviate, chiedete a me.

Dott. Delogu, psicoterapeuta specializzato in ipnosi ericksoniana.

giovedì 17 settembre 2015

psicoterapeuta o neurochirurgo: come scelgo quello giusto.

Care lettrici e lettori,
mi metto nei panni di chi ha bisogno di aiuto per una difficoltà che non riesce a risolvere da sé, o per raggiungere un obiettivo personale qualsiasi, come smettere di fumare o dimagrire. Poniamo che si senta il bisogno di un aiuto professionale, ma che non si abbia un nome sicuro a portata di mano. 
Come orientarsi? 
Chiedere al medico di base, a qualche persona di fiducia, farsi consigliare qualcuno, le prime cose che verrebbero in mente, e fin qui la logica del buonsenso funziona. C'è però un problema di fondo: poniamo che il medico di base conosca dei colleghi medici o psicologi che fanno psicoterapia, come fa a sapere che sono bravi? Perché lo presuppone conoscendoli, o perché ha ricevuto un feedback da un loro paziente? A meno di non chiederlo, non lo sapremo mai, e questo può andare a nostro svantaggio. 
Quindi non sempre avere un nome è garanzia di efficacia, se non ne conosciamo la provenienza. Posso avere come amico un meccanico che mi parlerà delle sue conoscenze approfondite sulla dinamica del motore, ma finché non gli affido la mia auto, o quella di qualcun'altro, non saprò mai se ci sa mettere le mani sul serio o no. 
Questo vale anche per i colleghi che pagano moneta sonante per avere una iper visibilità sui motori di ricerca (io non ho mai speso un euro, solo scritto qui come sto facendo ora). Saranno bravissimi nel marketing, ma questo coincide automaticamente con una reale efficacia e bravura? 
Sareste pronti a scommetterci sopra? 
Purtroppo non è così scontato come sembra, così come non è automatico che un nome altisonante della neurochirurgia faccia gli interessi del paziente e non i propri scegliendo un intervento più complesso del necessario. Ricordate lo scandalo delle protesi, che venivano scelte in cambio di viaggi, telefonini, computer e televisori? Ecco, niente di inventato ahimè, e niente di nuovo sotto il sole. 
Perciò se la situazione è che avete un problema alla schiena che vi complica la vita, e dopo varie visite, qualcuno vi dice che è da operare, che fate? Vi fidate alla cieca, o chiedete altri consulti? 
Ve lo dico io: quando si tratta di mettere le mani col bisturi, meglio sempre fare 3 consulenze con 3 chirurghi diversi, possibilmente i più titolati e almeno uno fuori dalla Sardegna. Avendo l'accortezza di non dire subito quello che hanno detto i colleghi per non influenzare la risposta. E' lungo, è rognoso e costa, lo so, ma meglio spendere 150, 300, fossero anche 1000€ in più e fare la scelta giusta, piuttosto che risparmiare, e fare un intervento che se poi va male ci farà pagare amare conseguenze per il resto della vita. In terapia antalgica ho visto molte persone con un cosiddetto "danno iatrogeno",  cioè il danno causato da un trattamento clinico (diagnostico o terapeutico) a seguito di una complicanza non colpevole oppure di una colpa medica.  
Ho visto diverse persone che dopo un intervento andato male riportavano un dolore identico se non peggiore, identificato in una diagnosi di FBSS, failed back surgery syndrome, in pratica quando l'intervento non risolve il problema, e il paziente riporta lo stesso dolore, se non peggiore, al risveglio dall'anestesia. 
Ricordo "storie dell'orrore", come le chiamo io, di persone che al risveglio urlavano per un dolore nuovo e più forte, e il chirurgo che diceva loro "stia tranquilla, signora, passerà in pochi giorni". Ma il chirurgo si sbagliava, e quel dolore generato in quel caso da un errore umano (che aveva sfilacciato un nervo con una vite), a distanza di anni era sempre presente e poco trattabile perché di origine neuropatica. Ricordo ancora quella lastra con le viti messe di traverso che avevano lesionato i nervi, e un ragazzo ridotto a fare spola tra il letto e la sedia a rotelle, quest'ultima per un tempo limitato per non far esplodere un dolore da togliere il fiato.  Tutto questo per il resto della sua vita, non c'è cura, non c'è soluzione. Storie dell'orrore, appunto. 
Non voglio fare terrorismo psicologico, è vero che non esiste nessun trattamento medico che abbia un'efficacia garantita al 100%, ma la discectomia (intervento per ernia discale) con una ottima preparazione del chirurgo ha un'efficacia del 95%. Se la preparazione non è più che ottima, la percentuale crolla verso il basso. E io non vorrei mai fare da cavia per un chirurgo che opera poco e ha poca dimestichezza, onestamente. 
Il problema sta quindi nell'individuare la tecnica chirurgia obiettivamente migliore (dato che non esiste un solo modo di procedere, e ogni chirurgo potrebbe propendere su quella che sa fare meglio -che è non  detto sia il trattamento gold standard secondo le linee guida dell'OMS), e il chirurgo migliore che sappia applicare quella tecnica.
Ho iniziato a parlare di psicoterapia e sono approdato negli interventi alla colonna, perché mi interessa la chirurgia e perché ci sono dei punti in comune: il neurochirurgo come lo psicoterapeuta capisce alla prima visita a cosa è dovuta la difficoltà, spiega cosa c'è da fare, come si fa, quanto ci vuole e quanto costa.
Dal mio punto di vista avere queste informazioni è essenziale
So che molti colleghi, se porreste loro queste domande "scomode" darebbe qualche fumosa spiegazione sul fatto che la durata della terapia  è da valutare nel corso delle sedute, che la tecnica è propria del terapeuta e  "non è necessario che lei lo sappia", e l'unica cosa chiara è il costo. 
Se devo spedire un pacco importante in America, voglio sapere quanto ci mette e quanto costa, ma soprattutto vorrei un servizio serio che facesse arrivare il mio pacco sano e salvo a destinazione, e non disperso in chissà quale anfratto oltreoceano. 
Dentro il pacco, cari amici, ci siete voi. Perciò affidatevi a un servizio di spedizione serio e pretendete le informazioni che vi trasmettano serietà e professionalità.  

A presto. 

Dott. Delogu

mercoledì 2 settembre 2015

Vincere i sensi di colpa

 Care lettrici e lettori,
tutti abbiamo provato dei sensi di colpa, la volta che abbiamo ferito qualcuno, o che non abbiamo fatto qualcosa che avremmo potuto fare, o che non abbiamo impedito a qualcuno di fare qualcosa. Gli esempi che mi vengono in mente sono tantissimi, ma una cosa è certa: i sensi di colpa sono un'arma a doppio taglio, perché se da un lato ci danno la possibilità di prendere consapevolezza e redimerci da un'azione moralmente sbagliata, dall'altra ci incatenano in quei rapporti disfunzionali nei quali non siamo in grado di dire di no.
Un esempio? Il non essere in grado di dire di no a un figlio o a un genitore perché poi ci si sente in colpa.
Ci sono persone più propense di altre a cadere nella trappola dei sensi di colpa, e posso garantire che chi è incatenato mani e piedi vive una vita di schiavitù in balìa delle richieste degli altri.
Qualcuno direbbe che "basta dire di no e non pensarci più", ma chi è minacciato dai sensi di colpa che lo costringono a fare cose che non vorrebbe fare, sa bene che il prezzo da pagare per quel no è molto caro, e non pensarci è praticamente impossibile.
Fortunatamente esistono strategie formidabili per annullare i sensi di colpa, ma per metterli in atto è necessaria molta costanza, forza di volontà e disciplina.
I sensi di colpa si annullano con un esercizio paradossale: facendo sistematicamente quelle azioni che alimentano il senso di colpa.
Pensiamo a una persona che entra in un bar, prende il caffè e si mette intenzionalmente il cucchiaino in tasca. Lo ruba, in sostanza. La prima volta che lo farà il senso di colpa sarà ai massimi livelli. Ma se egli rubasse un cucchiaino tutti i giorni, alla 100° volta si sarà abituato a quell'azione privandola del suo contenuto emotivo. IL principio è dell'assuefazione, come per le  sigarette.
Quindi, vi sentite in colpa nel buttare le cose vecchie? Se lo farete un numero sufficiente di volte ogni giorno, nel giro di pochissimo tempo diventerà un'azione di routine, senza alcun risvolto emotivo. In questo modo ci si può decondizionare da moltissimi comportamenti.
Detto ciò organizzate la vostra strategia in 2 settimane e state a vedere i risultati.
Poi, se volete, fatemi sapere.

Dott. Delogu, sempre a vostra disposizione.

lunedì 31 agosto 2015

Dimagrire si può! Leggi come.

Care lettrici e lettori,
con l'estate è arrivata anche la prova costume, tanto temuta dalle donne e non solo.  Ma esiste un modo per dimagrire pressoché senza sforzo: l'ipnosi.
Attraverso lo straordinario strumento dell'ipnosi, è possibile dialogare con la mente inconscia sciogliendo quei nodi che generano il desiderio irrefrenabile di mangiare, anche quando non si ha fame.
Avrete già capito quindi che la mente è divisa in 2 parti: la parte razionale, quella che state usando per leggere questo articolo, e la mente inconscia, quella parte emotiva che entra in gioco spesso e volentieri in pieno contrasto con la razionalità. Un esempio? Sapete che i dolci fanno ingrassare, eppure li mangiate lo stesso. Siete consapevoli che dopo vi sentirete in colpa, ma c'è una forza non razionale dentro di voi che vince qualunque migliore proposito.
Con l'ipnosi è possibile dialogare con quella parte, che noi chiameremo mente inconscia, e fare in modo che i nostri conflitti interni che si esprimono nel cibo, vengano eliminati.
Esistono diversi modi per parlare con la mente inconscia, e una volta trovata la modalità giusta (quella cioè che consente  alla mente inconscia di esprimersi in modo utile) il successo è alle porte.
Quello che accadrà è che la persona non sentirà più l'impulso di abusare del cibo, si sentirà soddisfatta così com'è, e sarà motivata verso uno stile di vita più funzionale.
Ancora una volta non si tratta di convincere una persona, perché le persone che vogliono dimagrire sono già convinte che il loro stile alimentare è sbagliato, ma semplicemente non riescono a cambiare con la sola forza di volontà.
Ho lavorato per diverso tempo con persone che soffrivano di anoressia, e ho avuto modo di capire e studiare da vicino i meccanismi dei disturbi alimentari. Questo mi ha permesso di vedere come funziona dall'interno la problematica col cibo, sempre legata a problematiche affettive non risolte.
Per questa ragione, affinché il risultato ottenuto non abbia una data di scadenza preconfezionata, non si lavora solo sul sintomo ma sulle cause, che spesse volte la parte razionale ignora (o non è pronta ad accogliere) ma la mente inconscia conosce.
Il lavoro dell'ipnotista è di indagine, ricerca, studio, connessioni, enigmi ed è necessaria una grande rapidità di pensiero nel trovare le giuste connessioni a fronte di una grande conoscenza teorica e pratica di diversi orientamenti di psicoterapia.
Ripeto ciò ho scritto altrove: non esiste un unico modo per risolvere il problema, ma diverse strade. Sta allo psicoterapeuta muovere le corde giuste in modo flessibile e mai rigido.

Dott. Delogu

venerdì 14 agosto 2015

Ferragosto e gruppo di ipnosi a Cagliari!

Cari lettori e lettrici,
è giunto il momento per me di andare in ferie. Ma non dimentico mai che il dolore, fisico o psicologico, non va mai in vacanza.
Perciò, in qualunque situazione e condizione voi siate (spero ottima e in piena salute psico-fisica) vi auguro una felice e serena vacanza a voi tutti.

A ottobre terrò un gruppo sull'ipnosi a Cagliari, nel quale chi parteciperà avrà la possibilità di fare una seduta di ipnosi (regressiva e non solo) stabilendo un obiettivo. Scoprire un ricordo del passato offuscato? Dare una risposta a una domanda inquietante? Vedere chi eri nella vita precedente? Dare un'occhiata al futuro? Tutto è possibile, nella piena discrezionalità e segreto professionale.
Ormai saremo arrivati al 4 o 5° incontro, perciò il macchinario è collaudato e ben oliato.
Chiunque fosse interessato può contattarmi, in modo che comunichi data, luogo e ora.
La durata è di circa 2 ore, il prezzo 20€ a persona.
Avrete modo di vedere me all'opera, ma soprattutto vedere dal vivo una seduta di ipnosi con contenuti talvolta sconvolgenti. Alta tensione prevista quindi, specie se i soggetti ipnotici siete voi.
Occasione unica nel suo genere.

A vostra disposizione.

Dott. Delogu

giovedì 6 agosto 2015

Persone non accoglienti, e qualche ricordo.

Cari lettori e lettrici,
diciamocelo chiaramente: chi non ha mai avuto un problema psicologico non sa, e ripeto NON SA cosa significhi stare male, e pertanto ritiene figure professionali come lo psicologo e lo psicoterapeuta, persone che rubano i soldi a chi si inventa un problema, facendo una terapia che consiste nel lasciar parlare l'altro e mettersi in tasca i suoi soldi.
Purtroppo ci sono persone che la pensano così, e in quelle rare occasioni in cui mi mischio/mimetizzo tra la gente senza che nessuno sappia chi sono e che lavoro faccio, saltano fuori occasionali battute di persone che si permettono di mettere sullo scherzo le difficoltà degli altri. Al sentire certi atteggiamenti, sebbene non rivolti mai a me direttamente, mi tuona l'Africa dentro.
Ricordo molto bene moltissimi anni fa una psicologa dalla parrucchiera, che raccontava che era andata a una festa nella quale era evidentemente disinibita non so bene a quale livello. D'un tratto si accorse che tra i presenti c'era anche un suo paziente. Dopo qualche secondo nel quale le si strozzò il fiato in gola, decise di riprendere un assetto "professionale" evidentemente per dare un'immagine congrua con quanto desiderava trasmettere in studio.
Sebbene siano passati decine di anni, mi ricordo ancora questa persona e questo racconto, e lo cito adesso come esempio da NON emulare.
Ho conosciuto psichiatri molto simpatici fuori dallo studio, ma che si calavano una maschera di distacco professionale davanti al paziente. "Che peccato", pensai ogni volta che vidi questa trasformazione. Queste persone sarebbero state molto più efficaci se avessero mantenuto la loro autenticità come persona. Ci si deve esporre, mettere in gioco personalmente nel fare questo lavoro, nel viverlo appieno, ma il gioco ne vale assolutamente la candela.
Quando vidi il mio primo paziente ricordo che ero particolarmente nervoso, un po' perché era la prima volta che vedevo una persona in veste di psicologo, un po' per l'incubo di chiedere soldi, un po' perché avevo una sede arrangiata che mi metteva a disagio, ma soprattutto perché temevo fortissimamente che mi presentasse un problema per il quale non sapevo da che parte iniziare. Ricordo che mi vestii seguendo il modello che avevo visto da mio padre: giacca e cravatta anche in estate con 40°. E siccome era luglio inoltrato, al caldo standard dovetti aggiungere un surriscaldamento dovuto al misto tra timore, paura e terrore.
Probabilmente feci come quegli psichiatri che mettono la maschera, ma fatto sta che fu un disastro totale, la persona venne una volta poi mai più.
Diciamo che dopo l'umore non era dei migliori.
Sono passati molti anni da allora, non metto più la cravatta tranne quando mi invitano ai convegni, e se fossi a una festa e vedessi un mio paziente, certamente berremo o mangeremo qualcosa insieme. Il cibo è condivisione, dividere con. Dividere qualcosa con qualcuno crea un legame, è un bel momento. E fanculo al setting terapeutico, lo saluterei e se le condizioni lo permettono ci berremo qualcosa insieme, che diavolo.
Non lo farei perché qualcuno mi ha detto di farlo, ma perché semplicemente sono fatto così.
Una delle poche cose che condivido di Freud è quando diceva che essere psicanalisti non è come indossare un cappotto per vedere pazienti, che poi ti togli quando torni a casa. Non esiste nessun cappotto, essere uno psicanalista è dentro di te, sei tu, è parte di te.
A distanza di tempo ho capito che sono capace nel motivare, nel trasmettere sicurezza, e ho scelto di approfondire queste mie capacità unendole al mio lavoro. Ho scoperto le parole "efficacia", "strategie", "ipnosi".
Per questa e altre ragioni ci tengo a essere sempre accogliente, perché, come ho scritto su vistanet, non esistono malati di classe A e di classe B, perché il dolore ci accomuna e ci rende tutti uguali, di pari dignità e diritti. Quindi chiunque venga da me, chiunque mi chiami da qualunque parte d'Italia, lo tratto come tratterei la persona a me più cara, do sempre i consigli migliori che posso dare anche se vanno a mio svantaggio (chissenefrega).
Semplicemente sono fatto così: ci tengo agli altri.
Chi mi conosce lo sa.


Dott. Delogu


mercoledì 5 agosto 2015

Come uscire dalla depressione

Cari lettori e lettrici,
la depressione è una brutta bestia da combattere se non la si prende per tempo.
Ecco dunque alcuni suggerimenti utili su come riconoscerla e combatterla.
Vi sentite giù di corda, tristi, ciò che prima vi piaceva ora non vi piace più, e il tutto va avanti ogni giorno da più di 2 settimane? Avete problemi di sonno, avete perso peso senza fare dieta, e c'è stato un peggioramento del vostro umore senza motivi apparenti consecutivamente da 2 settimane a questa parte? Ecco, sono solo alcuni dei criteri diagnostici per fare una diagnosi di depressione (cosa che spera a uno specialista psicologo o psichiatra), ma una cosa è certa: chi inizia a soffrire di depressione inizia a non essere più se stesso, inizia a stare male con nervosismo e irritabilità che non scompaiono nelle settimane ma si accentuano. Cosa fare in questi casi?
Il mio consiglio è di non perdere tempo, e iniziare un'attività aerobica quotidiana a media intensità per almeno 1 ora al giorno. Diversi studi hanno dimostrato che l'attività aerobica giova enormemente alla depressione sub clinica (cioè quando i sintomi non sono ancora tali da formulare una piena diagnosi di depressione). In pratica ha lo stesso effetto di un antidepressivo, perché il corpo in condizioni di allenamento aerobico (ergo non body building) libera endorfine, dopamina, e una serie di altre sostanze che compensano lo squilibrio chimico dato dalla depressione, che ha origine genetica, sebbene vi siano componenti multifattoriali. Così una camminata veloce, nuoto, aerobica, corsa, spinning, cardiofitness, bici, triathlon, le attività aerobiche sono tante e varie, si tratta solo di reagire e darsi da fare, e posso garantire che i risultati non tarderanno ad arrivare.
Purtroppo le persone con una depressione in fase avanzata non hanno proprio le energie fisiche e psichiche per uscire di casa per fare la spesa, figuriamoci per fare attività aerobica ogni giorno, quindi in questi casi, gli unici aiuti disponibili sono una sinergia tra psicoterapia, la cui efficacia sia dimostrata da studi scientifici, e la terapia farmacologica fatta a regola d'arte, quindi da uno specialista competente ed esperto.
Le forme di psicoterapia riconosciute efficaci (argomento abbastanza complesso e spinoso per ragioni metodologiche) partono certamente dalla terapia cognitivo-comportamentale, nelle sue varie forme (terza onda della terapia cognitiva, cognitive hypnotherapy, ipnosi cognitivista di Michael Yapko).
In poche parole bisogna seriamente rimboccarsi le maniche e darsi da fare, senza stare ad aspettare la fatidica mattina nella quale ci si svegli pieni di energie e voglia di fare. Il farmaco, se prescritto e assunto con intelligenza, va aiutato con il supporto sociale, psicologico e un importante impegno fisico quotidiano.
L'ipnosi può fare la differenza? Rispondo così: è un aiuto importante se la depressione è subclinica. Se la depressione è già esplosa, il paziente ha difficoltà a entrare in trance. Ma ogni caso è da valutare a sè.

Dott. Delogu




mercoledì 29 luglio 2015

Regole per smettere di fumare

Gentili lettori e care lettrici di Cagliari e non solo,
smettere di fumare per chi, come me, ha sudato le 7 camicie per smettere, non è affatto facile. Ora vi spiegherò qual'è il principio cardine su cui si basa la terapia che faccio:
1) fare quadra con me. Sembra una cosa ovvia, ma non lo è. Negli alcolisti anonimi americani, esiste una figura che si chiama sponsor, sarebbe un supervisore o personal trainer da chiamare in caso di necessità, o per avere supporto quando si presentano situazioni a rischio che spingono la persona verso la tentazione di bere. Quindi oltre a frequentare il gruppo di alcolisti anonimi, ciascuno ha il proprio sponsor al quale fare riferimento, quando ci si sente soli, quando certi pensieri offuscano la mente, quando la determinazione tracolla. Momenti che possono accadere e accadono anche al fumatore. Ecco perché la mia figura diventa il corrispettivo dello sponsor degli AA.
Questo obbliga il fumatore che vuole smettere a chiamarmi? No, non esiste nessun obbligo, ma è un importante supporto per prevenire le ricadute. E' un servizio che offro incluso nel pacchetto di 5 sedute per smettere di fumare con l'ipnosi. A mio modo di vedere è un supporto fondamentale, perché evita le ricadute.
Per smettere di fumare oltre a questo ci sono 5 strategie da applicare quando si ha la tentazione di fumare, e bisogna necessariamente applicarle tutte. L'ultima di queste è la telefonata a me.
Già capite che serve la collaborazione più totale. Una collaborazione parziale (del tipo che la persona non applica le strategie e non mi chiama mai pur ricadendo) si concretizza col fallimento della terapia per auto-sabotaggio. Sì, il fumatore arriva anche ad auto-sabotare la terapia pur pagando di tasca propria.
Poi ci sono le tracce di autoipnosi, le sedute di ipnosi nel corso delle 5 sedute, gli esercizi a casa, tutta una serie di prescrizioni da mettere in atto PER INTERO.
Torno a dire che fare le cose al 50% equivale a boicottare la terapia.
Scrivo queste cose perché ci tengo al raggiungimento degli obiettivi, perché mi prendo a cuore le persone e me la prendo con me stesso se le cose non vanno come mi prefiggo.
Di sicuro se una persona non segue nel dettaglio le prescrizioni c'è qualcosa che non va, qualcosa che sbaglio, ma sono stato fumatore anch'io, e dalla mia personale esperienza capisco che a volte bisogna toccare il fondo per smettere. Se non si tocca il fondo, si attiva quel meccanismo mentale del "chissenefrega" per il quale si manda a monte in un millisecondo qualunque buon proposito e si accetta una sigaretta, e la si fuma con grande sollievo, dicendosi "tanto smetto domani".
Io me lo sarò detto un milione di volte. Poi ho smesso di dirlo, perché avevo capito che facevo promesse da marinaio, e rimandavo tutto quanto a mesi dopo.
La verità più vera è che il momento giusto non arriva mai. Smettere di fumare da soli è un casino, ed essendoci passato abbassandomi a fare cose di cui non vado fiero pur di avere una sigaretta, ho escogitato un sistema ben strutturato per bloccare qualsiasi occasione di ricaduta con tecniche di ipnosi e non solo.
Vi fidate della mia esperienza?
Avete mai frugato nella spazzatura per riprendere un pacchetto che avevate buttato con la promessa di non fumare mai più?
Ecco, io sì, e chi è disperato perché è senza sigarette si spinge a fare cose che in condizioni normali non farebbe.
Posso testimoniare che potete rompere le catene del fumo, ma per farlo bisogna entrare nell'ottica che non esistono sigarette "innocenti", bisogna non fumare mai più.
Si entra nel panico, lo so, ma so come risolverlo, perché l'ipnosi è uno strumento molto potente.
Non aspettate oltre, smettere ora.

Dott. Delogu


sabato 25 luglio 2015

Cagliari: dimagrire con l'Ipnosi. Funziona?

Salve cari lettori e lettrici,
molte persone che non riescono a dimagrire sanno cosa si prova quando scatta quella voglia irresistibile di mangiare qualcosa di dolce.
Generalmente chi fa una dieta è frustrato, vive la cosa come una condanna perché non può mangiare gli alimenti che lo gratificano. Ma ciò che accade è che la mente non riesce a mantenere un certo rigore per troppo tempo, quindi scatta un desiderio irresistibile per cui la persona apre il frigo e si fa fuori il dolce o il gelato, fino a finirlo tutto. Come la persona finirà di mangiare avrà i sensi di colpa, e l'indomani tirerà di più la cinghia e si sacrificherà maggiorente per espiare la colpa. Questo però a lungo andare aumenterà il livello di frustrazione, che farà scattare la molla interna. Questa è la dinamica. 

Il non riuscire a seguire una dieta significa che da soli boicottiamo i migliori propositi, e lo facciamo non per una scelta razionale, ma per un istinto interno che, quando scatta, è difficilissimo da bloccare con la forza di volontà.
Qui entra in gioco l'ipnosi, una forma di comunicazione inconscia, che è in grado di bloccare quell'istinto e di mantenere un regime dietetico sentendosi felici.
Ho cercato la parola weight loss hypnotherapy su google, e sono rimasto sorpreso nel leggere report di giornalisti che l'hanno provata con successo, e cliniche che si occupano specificatamente del problema. Tutte cose sconosciute in Italia, conosciutissime in Sardegna. Si può dimagrire con l'ipnosi anche a Cagliari.
Nella mia esperienza specifica ho lavorato con molte persone che volevano dimagrire ma non ci riuscivano, e con la terapia ipnotica i risultati sono stati incoraggianti per non dire sorprendenti: non solo le persone dimagrivano, ma sviluppavano un senso di disgusto e repulsione verso i "cibi proibiti".
Con l'ipnosi è possibile creare una distorsione percettiva, grazie alla quale 2 cucchiaini di gelato danno l'impressione di averne mangiato un'intera vaschetta!
La nostra mente gioca degli strani scherzi sul tempo: quando la professoressa in classe scorreva la penna sul registro per scegliere chi chiamare, il tempo era lentissimo. La sera quando ci stiamo divertendo, il tempo corre troppo veloce. Con l'ipnosi è possibile ripetere la stessa esperienza, contraendo o espandendo il tempo nel momento dei pasti.
L'intervento è personalizzato, ed è fatto di diverse strategie oltre a quelle descritte, perché il problema del cibo è costituito da più livelli e, per farla breve, bisogna sapere esattamente dove mettere le mani.
Quindi, sì, esiste una persona che pratica ipnosi a Cagliari per perdere peso. Weight loss hypnotherapy Cagliari, Sardinia. Here I am.
Funziona? Sì e bene, unico requisito è un buon livello di suscettibilità ipnotica.
Da cosa mi accorgo se sono un buon soggetto? Se riesci a immaginare e creare un rapporto di fiducia con me. Basta questo.
Al resto penso io.

Se volete un approfondimento tecnico, in lingua inglese, questo sito (di ipnoterapisti certificati inglesi, of course) è fatto molto bene.

Dott. Delogu
Clinical hypnotherapist
3473095315
g.delogu@me.com

venerdì 24 luglio 2015

Corso ipnosi e PNL a Cagliari

Si terrà il giorno 26/07/2015 presso la sede della LILA di Cagliari, via Dante 16.
Ultimi giorni, sconto 70% disponibile solo per chi porterà la stampa di questo post.

http://rosaspino.wix.com/ipnosipnl trovate il programma completo.

Harry up!

Dott. Delogu


Psicologo a Cagliari, una scelta difficile. Se fa ipnosi poi...

Cari lettori e lettrici,
mi metto nei panni di una persona di Cagliari che vuole risolvere un problema personale e cerca uno psicologo. Da dove parte?
Mi sta particolarmente a cuore questo argomento, un po' perché è il mio lavoro, un po' perché vorrei che qualunque persona leggesse questo articolo, trovasse il meglio per sé.  Cercate un libretto delle istruzioni per evitare fregature? Eccolo!
Prendiamo i casi singoli:
1) chiedo al medico. Il medico dice di andare al centro di salute mentale di appartenenza, in qualche raro caso vi dà un'indicazione di un privato di cui non sapete nulla di nulla.
Che fate?
2) Cerco su internet. Scopro dei siti che sono delle banche dati di psicologi, alcuni dei quali hanno il nome in evidenza: non sono più bravi degli altri, semplicemente pagano per essere in cima. Quale criterio usare per sceglierne uno tra 20? La foto? Il numero di commenti?
3)  Chiedo a un'amica, la quale mi dice che lei è stata da uno bravissimo che l'ha tirata fuori da una situazione difficilissima. Vi dice: "vai e non te ne pentirai". E' un ottimo punto di partenza.
4) Trovo un biglietto da visita. Dice "dott.ssa X, psicoterapeuta gestaltica, terapia individuale, di coppia, gruppi". Gestaltica, che roba è? Chiamo o non chiamo?
5) Leggo la locandina di un corso. Ci vado, vedo di persona chi tiene il corso e mi faccio un'idea abbastanza precisa. Ci parlo poi alla fine, e mi faccio dare il suo numero. Un ottimo inizio! 

In linea generale dico questo: MAI andare alla cieca, perché può andare bene come può andare male, anche in una città piccola come Cagliari, che letteralmente pullula di centinaia di psicoterapeuti e un migliaio di psicologi
Ciò che consiglio è studiare la mappa, fare delle ricerche specifiche sul tipo di orientamento di psicoterapia, sul curriculum di quello specifico specialista, sull'indicazione di quella forma di psicoterapia per il mio problema, e in linea di massima sapere sempre a cosa si va incontro. 
Il passo successivo è di avere un contatto diretto con la persona, per vedere che effetto fa e valutare la sua professionalità. 
Questo almeno è quello che farei io, ma ricordo bene un medico di Cagliari che per farsi operare andò in Francia e non dai colleghi chirurghi dell'ospedale dove lavorava. Semplice paranoia? Può darsi, come può darsi che dall'interno si vengono a sapere delle cose che chi non è del mestiere non conosce.
Una possibilità su come orientarsi è di contattare chi scrive qualcosa di interessante in rete, che dia una immagine di precisione e vera competenza. Per fare un esempio pratico, ho ricevuto diverse telefonate da persone che chiamavano da varie parti dell'Italia per chiedere (a me che sono di Cagliari e faccio psicoterapia ipnotica, EMDR, etc.) indicazioni su dove rivolgersi. Ricevetti anche una mail in Inglese da una donna del sud Africa che cercava un terapeuta EMDR per il marito.
A tutte queste persone ho sempre risposto a tempo-record informandomi al massimo delle mie capacità e cercando di fare il possibile per dar loro un recapito telefonico, una mail, un indirizzo, affinché trovassero l'opportunità per risolvere i loro problemi.
Quanti lo fanno nella banca dati dei colleghi non mi è dato saperlo, ma a casa mia aiutare qualcuno, significa farlo "no boundaries", senza limiti geografici o di tempo (ora sono le 23.16 mentre scrivo questo articolo).

Quello che purtroppo noto è che le persone che vanno da uno psicoterapeuta, lo fanno quasi senza sapere, si fidano. In linea generale non è MAI un bene fidarsi alla cieca.
Trovare le informazioni su uno psicologo non è facile, perché la maggior parte dei colleghi non pubblicano il curriculum in rete, e anche se lo facessero non è detto che il 90% delle attività svolte sia legato strettamente alla clinica.

Ho pensato di semplificarvi il compito riguardo il sottoscritto, perciò vi scrivo qui alla rinfusa un po' di cose che ho fatto in questi anni. Spero di vostro interesse.
Ho collaborato col CTR primavera condividendo alcuni loro pazienti con disturbi neurologici, facendo le riunioni in equipe, partecipando come psicoterapeuta ai consigli di classe.
Lavoro come psicologo per la LILA di Cagliari, lega italiana per la lotta contro l'aids, e seguo persone con diagnosi di AIDS e le problematiche psicologiche che ne conseguono.
Mi occupo da parecchio tempo di ipnosi nella gestione del dolore in ospedale, e insegno alle persone tecniche per gestire il dolore fisico (fibromialgia, cefalea, dolori di vario genere);
Mi occupo da molti anni di persone con tumori e problematiche psicologiche legate a interventi chirurgici e trattamenti invasivi.
So cosa fare con le balbuzie.
Ho collaborato per vario tempo col reparto di traumatologia del Brotzu seguendo politraumatizzati con amnesie post-traumatiche (trattate con l'EMDR e l'ipnosi).
Poi articoli per giornali, interviste, corsi, seminari, potrei continuare con diverse altre cose, ma questo per dire che ho scelto di essere uno psicologo dietro le linee nemiche.
Siate saggi, scegliete bene. La scelta giusta potrà dare una svolta alla vostra vita.

A vostra disposizione

Dott. Delogu
Psicologo psicoterapeuta
Ipnosi Cagliari, EMDR Cagliari, Psicologo Cagliari

mercoledì 1 luglio 2015

Superare un trauma: ECCO COME!

Cari lettori e care lettrici di Cagliari e non solo,
se avete avuto dei traumi nella vostra vita che pensate non siano sanabili, questo è l'articolo giusto per voi.  Se non avete avuto traumi buon per voi, ma ora mettetevi comodi che ho voglia di raccontarvi una storia.
Avrò avuto 5 anni o giù di lì, ero in campagna e mi divertivo a saltare un cumulo di cenere bianca, che fino a poche ore prima era un grosso falò. Ero solo, e dopo aver avvicinato con cautela il palmo della mano alla cenere senza però avvertire alcun calore, iniziai a saltare la cenere avanti e indietro. Manco a farlo apposta dopo un po' inciampai, e d'istinto misi le mani in avanti proprio al centro della cenere. Ricordo ancora il rumore: puffffffff, e la nuvola bianca che mi volò in faccia. Poi le urla, le mie, perché sotto quella cenere spessa, a mia insaputa, il carbone era ancora acceso. Li vidi chiaramente, quei legnetti bastardi dal cuore infuocato, perché qualcuno era rimasto incollato al palmo delle mie mani. Così, per non dimenticare. E nonostante siano passati 30 e più anni, ricordo ancora quel momento, e probabilmente lo ricorderò per sempre. Non ricordo cosa accadde prima e dopo, il resto della giornata è stato dimenticato, come se non l'avessi vissuto, ma quella scena è rimasta scolpita nella mia memoria.
I traumi funzionano così: dettagli di una particolare situazione si imprimono nella memoria se ad essi vi associamo un'emozione negativa.
Questo meccanismo ha uno scopo evolutivo molto importante: ricordarmi della caduta sulla cenere è stato un ottimo deterrente che mi ha impedito di farmi male nuovamente giocando in situazioni simili.
Purtroppo però il meccanismo è poco intelligente, e non discrimina tra pericoli reali e pericoli relativi, cioè funziona bene per il bambino che avvicina il ditino alla fiamma, ma funziona anche per la persona che rimane chiusa in un ascensore bloccato, sperimentando una situazione di forte stress. Il bambino non avvicinerà mai più il dito alla fiamma allo stesso modo in cui la persona non prenderà mai più nessun ascensore, sviluppando dei forti sintomi qualora fosse costretta a prenderlo.
Per fortuna esiste una terapia breve specifica per i traumi che prende il nome di EMDR, con un'efficacia superiore all'80%.
I ricordi bloccati, definiti "congelati", vengono sbloccati ed elaborarti fino a renderli disturbanti zero (in una scala da 0 a 10 dove 0 nessun disturbo, 10 il più alto disturbo immaginabile), e molto spesso in una sola seduta è possibile elaborare uno o più ricordi.
Quindi, qualunque sia il ricordo, credetemi,  è possibile modificarlo e destrutturarlo fino a renderlo per sempre innocuo. Il senso di sollievo che se ne trae è qualcosa di difficile da descrivere.
Chiedetevi: quanto un ricordo del passato influenza negativamente il vostro presente?
Se avete questa consapevolezza, sappiate che l'EMDR è uno strumento potentissimo, riconosciuto come EBT, evidence-based therapy, ossia terapia basata sull'evidenza scientifica.

Molto spesso ci si chiede cosa fanno nella pratica gli psicoterapeuti nel loro studio, ed è davvero difficile trovare informazioni a riguardo. Spesso ci si affida e basta, e non è detto che sia la cosa migliore da fare. Andando su questo sito ora avete la possibilità di sapere con precisione tempi, modi e percentuale di risultati. Una cosa molto rara di questi tempi, perché questo genere di domande, a seconda dell'orientamento di psicoterapia,  si rivelano molto molto scomode.
Perciò fatele, informatevi, e se avete bisogno chiamatemi.

A presto.

Dott. Delogu, terapeuta EMDR 1° e 2° livello.

mercoledì 24 giugno 2015

Cagliari: il labirinto delle balbuzie

Nella mia vita ci sono state varie esperienze che mi hanno portato a occuparmi di balbuzie. Un problema di cui capisco la logica, capisco cosa non va, capisco come risolverlo. E ve ne vorrei parlare qui, con semplicità.
Il problema delle balbuzie è multisfaccettato: da un lato esiste, ed è evidente, un aspetto fonologico, su cui tutti lavorano con le terapie di rieducazione, oggetto di numerosissimi corsi. Ma dall'altra il balbuziente è vittima del suo stesso problema, per cui sa di balbettare da sempre, sa qual'è la reazione della gente quando lui parla, sa cosa si prova quando si balbetta o quando si sta per pronunciare una parola difficile piena di c o b. Per cui è fisiologico che abbia paura del contatto sociale, e difficilmente una tecnica risolverà questa consapevolezza di sé e degli altri. La tecnica vocale lavora su un canale, ma non è il solo esistente.
Però lavorare sull'aspetto tecnico è necessario, e ve lo spiego con un esempio: quando suonavo la chitarra elettrica capitava che ciò che nella mia stanza riusciva all'80% come pulizia e precisione dell'esecuzione, dal vivo riusciva al 30%. In sostanza quando salivo sul palco l'ansia mi giocava un brutto tiro: mi irrigidivo, le mani mi sudavano, mi scivolavano le corde da sotto le dita, mi cadeva il plettro, e rendendomi conto che stavo sbagliando troppo entravo in un vortice che pregiudicava l'esecuzione dei pezzi successivi. Ve l'ho descritta come me la ricordo, ma non è detto che nella realtà le cose fossero così disastrose. Questo per dire che c'è sempre una differenza tra la percezione soggettiva di un evento e lo svolgimento reale.
Nelle balbuzie il funzionamento è simile: in contesti di relax il problema non si presenta, o si presenta poco, ma in contesti sociali il problema emerge senza pietà.
Io avevo due scelte: o smettevo di suonare dal vivo o risolvevo il problema. Sarò sincero: scelsi la prima, evitai di suonare in pubblico, o cercavo di farlo il meno possibile. Avevo 15 anni. Mi resi conto però che le mie prestazioni chitarristiche crollavano se in camera mia entrava un amico chitarrista. A quel punto avevo nuovamente due scelte: o ero condannato a suonare in solitudine o trovavo un modo per risolvere il problema.
Chi è balbuziente e sta leggendo queste righe, probabilmente capirà il mio problema. Che senso ha essere bravissimo da solo se poi nessuno ti può vedere?
Feci però questo ragionamento: se un pezzo da solo lo suono a 100 di metronomo senza errori, e davanti a un amico, o un pubblico riesco solo a 60, cosa succederebbe se riuscissi a suonarlo senza errori a 200 da solo?
Questo è il motivo per il quale è necessario lavorare sull'aspetto tecnico/esecutivo del problema. Quando raggiunsi i 240 di metronomo senza errori da solo erano passati molti anni e stavo dando da tempio lezioni di chitarra elettrica a tanti ragazzi. Avevo trovato il modo di risolvere il problema, da solo.
Non c'è molta differenza tra suonare in pubblico, parlare in pubblico, parlare con una ragazza che piace, perché sono tutte situazioni sociali nelle quali ci si espone al giudizio, è inevitabile. Ma fintanto che stiamo concentrati sul possibile giudizio negativo, questo ci influenzerà suggestionandoci negativamente, alimentando e incrementando il problema.
Nella mia pratica clinica ho visto che per alcuni pronunciare la parola "cascata", è molto difficile.  Pronunciare "Ca" è molto più facile. In realtà l'aspetto mentale gioca un ruolo determinante: non esistono parole facili o difficili, esistono parole che innescano paure più o meno forti di sbagliare.
LA terapia è quindi un mix di miglioramento tecnico, esercizi di dizione, e approccio mentale al problema, attraverso strategie di psicoterapia, autoipnosi, EMDR.
Sarò sincero: ogni balbuziente è un caso a sé, pertanto non è possibile a mio avviso usare un metodo che abbia il 100% dell'efficacia.  Ma esistono bravi terapeuti che sanno adattare le loro conoscenze alla persona che hanno davanti, in modo diversificato e unico.
Perchè la persona è unica.

Se siete di Cagliari e conoscete qualcuno che soffre di balbuzie, qui troverete delle soluzioni. 

Dott. Delogu

mercoledì 17 giugno 2015

Perché è difficile smettere di fumare?

Cari lettori e lettrici,
so bene che ci sono persone che decidono da un giorno all'altro di smettere di fumare, e semplicemente lo fanno, senza rimpianti, senza patemi d'animo. Spengono l'ultima sigaretta e fanno altro, pensano ad altro. Ci sono persone in grado di fare così, o che semplicemente funzionano in questo modo. Beati loro!
Ma perché altre persone devono superare le 12 fatiche di Ercole per riuscire a smettere?
Una possibile ipotesi è che esistono persone con una struttura di personalità dipendente, che si traduce col fatto che tendono a sviluppare relazioni di dipendenza dalle figure affettive, quindi avere sempre bisogno di conferme, vicinanza, consigli o consensi, con una conseguente mancanza di autonomia decisionale. Per queste persone prendere una decisione coraggiosa come andare a lavorare all'estero diventa impossibile per i sensi di colpa, e prendere una decisione contraria alle aspettative degli altri diventa fonte di grande stress. Se queste persone fumano, può darsi che arrivino a proiettare sul fumo qualcosa di personale, come un modo per tenersi compagnia, o per convogliare l'ansia, o l'unico spazio di autonomia personale.
Una seconda ipotesi diagnostica è che alcuni fumatori abbiano un disturbo del controllo degli impulsi, come la cleptomania, sono che ha come oggetto il fumo.
Una terza ipotesi è che alcuni fumatori non smettano perché il fumo sostituisce la compulsione di un disturbo ossessivo compulsivo.
Può darsi che quella persona non abbia niente di patologico, ma sia incastrata in una routine che alimenta e mantiene la dipendenza dalla sigaretta.
Potrei andare avanti con le ipotesi, ma non è questo ciò che conta.
Voglio dirvi questo: tutti i fumatori sono diversi, hanno storie di vita diverse, vissuti diversi anche a parità di situazioni, e ragionano e pensano diversamente. Il fatto che abbiano la stessa dipendenza non significa affatto che il meccanismo alla base sia lo stesso, e pertanto che esista una cura universale che va bene per tutti, così come non significa che tutte le persone che provano a smettere lo vogliano tutte al 100%. 
Per capire meglio quest'ultimo concetto, pensate che mentalmente accade lo stesso conflitto che si avverte quando termina un rapporto sentimentale: uno dei due da un lato odierà l'altro per il male che  ha fatto, ma dall'altra ci saranno sentimenti contrastanti nei quali prevarrà il rimpianto per quella persona. E' l'odi et amo di Catullo.

Odi et amo. Quare id faciam, fortasse requiris.
Nescio, sed fieri sentio et excrucior.

"Odio e amo. Perchè io lo faccia, forse ti chiederai.
Non lo so, ma sento che accade, e mi tormento".

E' la presenza di sentimenti opposti e contrastanti del tutto irrazionali, che sfuggono al controllo volontario e creano un conflitto intrapsichico, il tormento interiore.
Chi non riesce a smettere si trova nella medesima situazione: vuole smettere ma non vuole smettere.
Vuole smettere per vari motivi solitamente razionali -soldi, salute, il non riuscire a smettere-, e non vuole smettere per motivi non razionali, tant'è che, quando lo chiedo, spesso le persone mi rispondono "non lo so", o mi dicono che faccio domande troppo difficili. Questo è il confine, il limite della razionalità.
Il problema nasce quando a monte delle ragioni non razionali ci sono problematiche più complesse, che impediscono alla persona di smettere. A volte le persone vogliono affrontare queste tematiche, altre volte preferiscono continuare a fumare e non pensarci.
Quando si presenta da me una persona che vuole smettere di fumare, la prima cosa che cerco di capire è cosa non ha funzionato nei tentativi precedenti per smettere. In secondo luogo faccio delle ipotesi sul perché quella persona continua a fumare. E dato che tutte le ipotesi vanno falsificate, in ogni caso procedo sempre con delle strategie che lavorano sul presente, che mettono in corto circuito il sistema di gratificazione del fumo.
Se queste tecniche funzionano, come spesso accade, è il risultato stesso a falsificare la mia ipotesi iniziale, e ne sono ben contento. Se le tecniche non funzionano, una delle possibili cause è che una resistenza inconscia sia entrata in funzione bloccando l'efficacia delle tecniche.
Faccio un esempio: supponiamo che voi siate degli psicoterapeuti, e si presenta una signora alla quale è morto il marito, e vi dice che vuole superare il lutto.
Voi lavorate a modo vostro sul problema, ma vedete che le cose non vanno per il verso giusto, in una parola invece che stare meglio, la signora  sta uguale se non peggio. Al che indagando scoprite che quella persona aveva solo il marito come punto di riferimento, e la sola idea di "lasciarlo andare" la getterebbe nella più totale disperazione. Capite bene quindi che al fine di raggiungere l'obiettivo prefissato, sarà necessario che la signora arrivi a essere più forte, non sentirsi più sola, prima di intraprendere un lavoro diretto sul marito. Perché qualunque vostro tentativo di lavorare sul lutto verrebbe bloccato dalla non collaborazione inconscia della vostra paziente.
Questo per farvi capire che smettere di fumare con l'ipnosi non è uno schiocco di dita, non è la filastrocca ipnotica che fa dimenticare il fumo (magari esistesse!), ma significa conoscere molto bene le dinamiche del fumo, conoscere e saper applicare molte tecniche, strategie e protocolli, e sapere esattamente cosa fare in determinate situazioni. Il chirurgo che gestisce con successo l'emergenza in sala operatoria. Io la vedo così, un bisturi affilato non basta assolutamente, tanto meno il titolo accademico.
Questo per dire che non bisogna dare per assodato che basti il titolo di "psicoterapeuta" per avere la competenza necessaria per gestire una dipendenza dalla sigaretta, perché così purtroppo non è.
L'esperienza personale, una feroce pratica clinica, lo studio maniacale e una passione per l'argomento e quello che si fa portano al risultato e ad aprire la propria mente lontano dagli schemi iniziali.
Spero che da queste righe traspaia la mia passione, che qualcuno a Cagliari etichettò come "iniziale".
Direi che quel qualcuno si sbagliava.


Dott. Delogu