Cari lettori e lettrici,
mi ha colpito molto la vicenda (una tra le varie di questo periodo) di Bussana, che ha visto come protagonista la ragazza russa Natalia Sotnikova, rea di aver ucciso il proprio figlio di 9 mesi alle prime ore del mattino nuotando fino a largo con lui nel marsupio (era un'esperta nuotatrice), e abbandonando il bambino - ormai morto annegato - in balìa del mare aperto, allontanandosi apposta per chilometri dalla riva per non farlo trovare (fonte: ansa). Al di là dei dettagli, della colpevolezza ammessa dalla donna, dei testimoni che l'hanno vista andare col bambino e tornare senza coi capelli bagnati, la riflessione che vorrei condividere con voi vorrei desse qualche risposta alla seguente domanda: perché?
C'è una certa immagine da cartone di Walt Disney, complice le pubblicità della Chicco, una scenetta dove gli uccellini cinguettano e la mamma e il neonato si rispecchiano l'una negli occhi dell'altro con infinito amore. E lì il tempo si ferma, in un riconoscimento reciproco amalgamato da coccole e carezze, un idillio con violini e flauti nel sottofondo. Questa immagine di un neonato pacifico e amorevole che dorme, mangia e ogni tanto fa pupù, rimane nell'immaginario collettivo, ed è parte del problema.
Cosa succede se una neomamma con queste aspettative si ritrova invece un neonato che grida disperato, si dimena, non la riconosce, e fa il contrario di quanto viene mostrato nelle pubblicità di passeggini?
Il sogno si infrange e inizia, a seconda della mamma, una vero incubo.
Non tutte le mamme sono uguali, e non tutti i bambini sono uguali. Ci sono i neonati che hanno un temperamento mansueto, altri che sono molto movimentati, si annoiano facilmente, hanno il pianto facile e una generale tendenza verso la lamentosità, forse perché poco o troppo stimolati e un'infinità di altri motivi). Neonati che NON stanno dove i genitori li lasciano (per esempio nella carrozzina), ma che fanno il diavolo a 4 se li si costringe. Alla faccia del neonato con gli occhi color cielo che dorme beato nella pubblicità.
Tutti i neonati mettono a dura prova la mamma, che se non ha una rete sociale di supporto ben salda, persone che le diano supporto o semplicemente il cambio per farsi una doccia, corre il rischio di trovarsi col neonato urlante totalmente sola, isolata, annientata dalla stanchezza e dalla privazione di sonno. A lungo andare questo porta a una situazione di rottura di un equilibrio precedente. A seconda del fatto che la mamma desiderasse davvero il bambino o meno, la propria capacità di gestione della frustrazione, la presenza (vera, non solo fisica) di un marito/partner, questa rottura può portare alcune mamme verso la progettazione di un infanticidio, un modo estremo, istintivo, irrazionale per eliminare la causa di tutti i propri mali.
Così semplice? No, come potrete leggere in un'inchiesta di Panorama, molte madri provano suicidarsi, riuscendoci, per il terribile, schiacciante, devastante senso di vuoto e di colpa.
Qualsiasi neonato va gestito con amore, e l'amore viene dall'istinto materno e dal nostro vissuto. Ci sono donne che provano un istintivo richiamo di accudimento verso un neonato, specie se piange (il pianto del neonato è una richiesta di aiuto multiculturale), altre che lo avvertono molto meno, o avvertono invece un senso di repulsione. Una parziale consapevolezza di cosa significa avere un figlio costituisce parte del problema.
Ci sono donne estremamente autonome, emancipate, che viaggiano sull'onda di una carriera da scalare. Un figlio per una giovane mamma significa limitare enormemente la propria autonomia, smettere di fare cose semplici come andare al cinema o fare jogging perché bisogna allattare, accudire, giocare, cullare, cambiare pannolini etc. etc. Alcune direbbero fanno rientrare queste cose nella categoria "amare il proprio figlio", altre nella categoria di "cose da fare", il che denota il diverso approccio emotivo.
Rimandare per mesi viaggi, uscite serali, cene in ristorante o bloccare una carriera, a seconda del temperamento del neonato e della mamma, per certe persone è intollerabile e avere un neonato viene vissuto come un intralcio. Scoprire l'altra faccia della medaglia quando è troppo tardi: questa è un'altra parte del problema.
Unite i puntini, e verrà fuori il profilo di una persona alle strette che decide in modo consapevole di sbarazzarsi di una scelta di cui sta pagando molto care le conseguenze, con l'illusione di riacquistare la tranquillità e l'autonomia di prima.
Grande errore: si può fuggire da una minaccia, dal luogo di un incidente, ma non dall'essere madre. Non c'è luogo al mondo che possa farci dimenticare questa consapevolezza.
La spiegazione data agli inquirenti dalla benestante Natalia Sotnikova chiude il quadro: temeva che il bambino fosse schizofrenico come la nonna, e voleva risparmiargli una vita così.
Così, senza alcuna prova medica o accertamento, semplicemente per il fatto che aveva iniziato a piangere in modo ingestibile, facendo superare a Natalia quella linea di rottura di equilibrio interiore che l'ha portata a compiere un atto orribile. Complice un'immaturità e incapacità affettiva, e una ridotta consapevolezza di cosa significa la maternità.
Qundi no, non è spiegabile tutto sempre e solo con la depressione. Ci sono altre ragioni.
Se volete ne riparleremo in un altro post.
Dott. Delogu
Ipnosi e psicoterapia a Cagliari
CONTATTI
Tel. 3473095315 Mail: g.delogu@me.com
Studio: via Tuveri, 72 Cagliari (CA)
Sito: www.giovannidelogu.it
Instagram https://www.instagram.com/g.delogu/
venerdì 12 dicembre 2014
lunedì 24 novembre 2014
Cari lettori,
da diverse settimane sto collaborando con il giornale online Vistanet, per il quale settimanalmente scrivo degli articoli -sotto la voce "il parere dello psicologo"- su fatti di cronaca locale, regionale e nazionale. Gli argomenti vanno dal maltrattamento degli animali al bullismo, da certi metodi dubbi di contagio dell'HIV all'abuso di sostanze, tutto in chiave psicologica e scritto "a modo mio". Gli argomenti variano di settimana in settimana, e mi farebbe piacere condividere con voi questa esperienza. Vi lascio pertanto il link, dicendovi che se vorrete commentare i miei articoli, sarete i benvenuti.
vistanet
Questo blog rimane invece incentrato su argomenti legati all'ipnosi, suggestionabilità, argomenti collaterali come il lavaggio del cervello, la manipolazione mentale, l'ipnosi regressiva alle vite precedenti e tanto altro ancora: roba che piace a noi. Tutto con un taglio divulgativo, ma critico e scientifico.
Credete ci siano degli aspetti in comune tra la trance medianica -del medium in una seduta spiritica, la trance mariana dei veggenti di Medjugorie e la trance ipnotica?
Dove sta la verità?
Ve ne parlerò nel prossimo articolo qui, su ipnosicagliari.blogspot.it
Restate sintonizzati sulle nostre frequenze.
A prestissimo.
Dott. Delogu
da diverse settimane sto collaborando con il giornale online Vistanet, per il quale settimanalmente scrivo degli articoli -sotto la voce "il parere dello psicologo"- su fatti di cronaca locale, regionale e nazionale. Gli argomenti vanno dal maltrattamento degli animali al bullismo, da certi metodi dubbi di contagio dell'HIV all'abuso di sostanze, tutto in chiave psicologica e scritto "a modo mio". Gli argomenti variano di settimana in settimana, e mi farebbe piacere condividere con voi questa esperienza. Vi lascio pertanto il link, dicendovi che se vorrete commentare i miei articoli, sarete i benvenuti.
vistanet
Questo blog rimane invece incentrato su argomenti legati all'ipnosi, suggestionabilità, argomenti collaterali come il lavaggio del cervello, la manipolazione mentale, l'ipnosi regressiva alle vite precedenti e tanto altro ancora: roba che piace a noi. Tutto con un taglio divulgativo, ma critico e scientifico.
Credete ci siano degli aspetti in comune tra la trance medianica -del medium in una seduta spiritica, la trance mariana dei veggenti di Medjugorie e la trance ipnotica?
Dove sta la verità?
Ve ne parlerò nel prossimo articolo qui, su ipnosicagliari.blogspot.it
Restate sintonizzati sulle nostre frequenze.
A prestissimo.
Dott. Delogu
venerdì 7 novembre 2014
Parlare in pubblico: un disastro? Ecco la soluzione.
Cari lettori,
ci sono in giro molti libri che, in teoria, insegnano a parlare in pubblico o a migliorare le proprie performance. Diversi di questi libri, a mio avviso, servono a chi è già bravo a gestire un pubblico, mentre a chi si trova nell'imbarazzo più totale danno delle indicazioni utili, ma mostrano il traguardo senza indicare passo-passo la strada da percorrere.
Io so cosa vuol dire avere la lucidità mentale ridotta al 30% per l'ansia, so cosa vuol dire inciampare nelle parole, entrare nel pallone ed essere disposti a tutto perché quel tormento finisca. E oggi, che ho una testa diversa, so cosa vuol dire non vedere l'ora di salire su quel palco.
Cos'è cambiato?
Partiamo da qui: parlare in pubblico è molto di più che salire su un palco di fronte a delle persone, e fare un discorso. La stessa differenza che può esserci tra salire una rampa di scale, e salire sull'Everest.
Il vero nemico sono i nostri pensieri relativi all'evento che verrà, che hanno lo scopo di preservarci da un'esperienza negativa. Una persona che ha paura di parlare in pubblico, comincerà a immaginare se stessa che davanti a tutti si dimentica cosa deve dire, si inceppa in silenzi assordanti, e immagina che chi la osserva comincerà a lamentarsi o a chiacchierare col vicino. Questa io la chiamo "autosuggestione negativa". In sostanza nella mente è scattato un meccanismo automatico che serve per metterci un freno, lo stesso meccanismo che scatterebbe se salissimo su un cornicione: una voce dentro di noi ci direbbe che cadremo e moriremo sul colpo, e ci intimerebbe di scendere. Seguire il pensiero significherebbe salvarsi, non seguirlo rischiare di morire.
La differenza che vorrei fosse chiara, è che questo meccanismo non fa differenze tra pericoli reali o relativi.
Esiste quindi una parte della nostra mente che ci rema contro, alimentando paure, insicurezze e preparandoci a una cocente delusione. Vedete come solo con queste premesse la strada verso il fallimento è già spianata, e siamo stati noi a farlo, non il pubblico.
Chi non vede l'ora di parlare in pubblico invece funziona diversamente: il suo cervello è sintonizzato su frequenze positive, che trasmettono sicurezza ed energia. Si sente in grado di affrontare qualunque imprevisto, e prepara al meglio le parti del suo discorso, con precisione ma lasciando ampio spazio alla creatività. L'ansia? C'è e ci deve essere, ma quella buona che ti tiene all'erta. Se non c'è ansia, significa che non ci importa nulla di quello che stiamo facendo, e la prestazione sarà "sloppy", sciatta, senza colore.
Ci sono persone che funzionano bene se hanno una scaletta precisa in mente, altri che collegano nuvole concettuali con ampie parti a braccio.
Entrambe le situazioni richiedono una conoscenza meticolosa dell'argomento.
Come si fa però a passare da uno stile di pensiero all'altro?
Qui entra in gioco l'ipnosi e un insieme di tecniche e strategie da adottare col terapeuta sulla base dei risultati. E' quindi un processo che si apprende, e non si può fare da soli. Anch'io ho avuto i miei maestri.
Per saper parlare bene in pubblico bisogna essere pronti a mettersi in gioco e superare il problema a qualsiasi costo. Parlare con una persona che conosciamo è facile. Parlare con una persona sconosciuta? Parlare con 2 persone sconosciute? Cosa sarà cambiato dentro di noi quando riusciremo senza difficoltà a fermare un gruppo di persone con un pretesto? Siamo disposti a metterci in gioco per risolvere il problema?
Vi ricordate la pubblicità della Vigorsol che davano tempo addietro?
Guardatela, e capirete che la strada che porta a parlare in pubblico è un processo graduale di cambiamento di noi stessi.
Cosa farebbe il ragazzino del video senza l'eschimese che gli fa da coatch e infine pronuncia il verdetto "you are ready!" ("sei pronto!")?
In un certo qual modo l'eschimese è lo psicoterapeuta, il ghiaccio è la paura.
Se deciderete che è giunto il momento per voi, io sono pronto - I am ready.
Dott. Delogu
ci sono in giro molti libri che, in teoria, insegnano a parlare in pubblico o a migliorare le proprie performance. Diversi di questi libri, a mio avviso, servono a chi è già bravo a gestire un pubblico, mentre a chi si trova nell'imbarazzo più totale danno delle indicazioni utili, ma mostrano il traguardo senza indicare passo-passo la strada da percorrere.
Io so cosa vuol dire avere la lucidità mentale ridotta al 30% per l'ansia, so cosa vuol dire inciampare nelle parole, entrare nel pallone ed essere disposti a tutto perché quel tormento finisca. E oggi, che ho una testa diversa, so cosa vuol dire non vedere l'ora di salire su quel palco.
Cos'è cambiato?
Partiamo da qui: parlare in pubblico è molto di più che salire su un palco di fronte a delle persone, e fare un discorso. La stessa differenza che può esserci tra salire una rampa di scale, e salire sull'Everest.
Il vero nemico sono i nostri pensieri relativi all'evento che verrà, che hanno lo scopo di preservarci da un'esperienza negativa. Una persona che ha paura di parlare in pubblico, comincerà a immaginare se stessa che davanti a tutti si dimentica cosa deve dire, si inceppa in silenzi assordanti, e immagina che chi la osserva comincerà a lamentarsi o a chiacchierare col vicino. Questa io la chiamo "autosuggestione negativa". In sostanza nella mente è scattato un meccanismo automatico che serve per metterci un freno, lo stesso meccanismo che scatterebbe se salissimo su un cornicione: una voce dentro di noi ci direbbe che cadremo e moriremo sul colpo, e ci intimerebbe di scendere. Seguire il pensiero significherebbe salvarsi, non seguirlo rischiare di morire.
La differenza che vorrei fosse chiara, è che questo meccanismo non fa differenze tra pericoli reali o relativi.
Esiste quindi una parte della nostra mente che ci rema contro, alimentando paure, insicurezze e preparandoci a una cocente delusione. Vedete come solo con queste premesse la strada verso il fallimento è già spianata, e siamo stati noi a farlo, non il pubblico.
Chi non vede l'ora di parlare in pubblico invece funziona diversamente: il suo cervello è sintonizzato su frequenze positive, che trasmettono sicurezza ed energia. Si sente in grado di affrontare qualunque imprevisto, e prepara al meglio le parti del suo discorso, con precisione ma lasciando ampio spazio alla creatività. L'ansia? C'è e ci deve essere, ma quella buona che ti tiene all'erta. Se non c'è ansia, significa che non ci importa nulla di quello che stiamo facendo, e la prestazione sarà "sloppy", sciatta, senza colore.
Ci sono persone che funzionano bene se hanno una scaletta precisa in mente, altri che collegano nuvole concettuali con ampie parti a braccio.
Entrambe le situazioni richiedono una conoscenza meticolosa dell'argomento.
Come si fa però a passare da uno stile di pensiero all'altro?
Qui entra in gioco l'ipnosi e un insieme di tecniche e strategie da adottare col terapeuta sulla base dei risultati. E' quindi un processo che si apprende, e non si può fare da soli. Anch'io ho avuto i miei maestri.
Per saper parlare bene in pubblico bisogna essere pronti a mettersi in gioco e superare il problema a qualsiasi costo. Parlare con una persona che conosciamo è facile. Parlare con una persona sconosciuta? Parlare con 2 persone sconosciute? Cosa sarà cambiato dentro di noi quando riusciremo senza difficoltà a fermare un gruppo di persone con un pretesto? Siamo disposti a metterci in gioco per risolvere il problema?
Vi ricordate la pubblicità della Vigorsol che davano tempo addietro?
Guardatela, e capirete che la strada che porta a parlare in pubblico è un processo graduale di cambiamento di noi stessi.
Cosa farebbe il ragazzino del video senza l'eschimese che gli fa da coatch e infine pronuncia il verdetto "you are ready!" ("sei pronto!")?
In un certo qual modo l'eschimese è lo psicoterapeuta, il ghiaccio è la paura.
Se deciderete che è giunto il momento per voi, io sono pronto - I am ready.
Dott. Delogu
venerdì 31 ottobre 2014
Volete superare un trauma? Leggete qui.
Cari lettori,
Si dice che il tempo guarisce ogni cosa. Ma è proprio vero?
In molti casi sì: il tempo che passa, il sovrascrivere la nostra memoria con altre esperienze effettivamente aiuta, ma non sempre.
Facciamo un esempio: quale conseguenza può avere la morte di un genitore? O una violenza sessuale nella vittima? O un abuso nell'infanzia? Il tempo guarisce anche quei ricordi, o ci sono ricordi talmente traumatici da diventare water resistent al lavaggio temporale?
Sarò sincero: è molto difficile prevedere quali conseguenze può avere un'esperienza come una violenza sessuale, per esempio. Ci sono donne che dopo un travaglio mentale ci mettono una pietra sopra e guardano sempre avanti, vivendo pienamente i loro rapporti, e altre che evitano in generale tutto ciò che ha a che vedere con la sessualità perché lo percepiscono "sporco". Altre donne ancora riportano dei comportamenti diversi (psicosomatici, come dolore) in reazione a uno stimolo simile all'evento traumatico. Siamo tutti diversi, e reagiamo in modo diverso in base a ciò che ci circonda e a ciò che sta scritto nel nostro DNA. E questo vale anche per il lutto, per una malattia degenerativa, maltrattamenti, aborto, minacce, tutto ciò che è rimasto impresso indelebilmente nella nostra memoria.
I ricordi traumatici hanno questa caratteristica: il tempo passa ma quei ricordi rimangono lì, lucidi e terribili come se fosse accaduto ieri. Chi è stato coinvolto in un evento traumatico, sa di cosa sto parlando.
Ma una soluzione c'è, e prende il nome di EMDR, psicoterapia breve, rapida, efficace oltre l'80%.
Mi rendo conto che cattura molto di più l'ipnosi, ma signori: l'EMDR è realmente efficace al di là della vostra immaginazione.
In buona sostanza attraverso una procedura particolare nella quale si ripensa all'evento traumatico e si seguono le dita (per ora prendete per buono ciò che vi dico), è possibile in 9 casi su 10 elaborare un singolo episodio traumatico, anche in una seduta, e renderlo disturbante in una scala da 0 a 10, 0.
Certi ricordi sono molto traumatici e complessi, per cui si rende necessario suddividerli in vari step, da elaborare singolarmente, come se prendeste la pellicola di un film e la divideste in 1°, 2° e 3° tempo.
Il risultato è che quando la persona ripenserà all'evento oggetto della seduta, lo sentirà talmente distante quasi da dimenticarlo. E in ogni caso l'impatto sarà o 0 o 1 a seconda degli eventi. Per capirci, un incidente che fa perdere un arto non potrà mai essere disturbante 0, questo è chiaro, ma può perdere l'impatto negativo su di noi, al punto che possiamo lasciare andare quel ricordo.
Con l'EMDR è possibile scollare il ricordo dall'emozione, come una suola dalla scarpa. Il ricordo rimasto privo dell'emozione, diventerà un ricordo neutro.
Nella mia esperienza ho aiutato persone a elaborare traumi orribili, e se pensate che certe cose accadano solo in America, vi sbagliate. E lo dico con profonda amarezza.
Come stanno oggi queste persone?
Chiedetelo direttamente a chi ha provato l'EMDR: persone che hanno ripreso a vivere.
Per cui, se avete vissuto un trauma che condiziona la vostra vita e volete risolverlo una volta per tutte, chiamatemi.
Dott. Delogu
3473095315
g.delogu@me.com
Si dice che il tempo guarisce ogni cosa. Ma è proprio vero?
In molti casi sì: il tempo che passa, il sovrascrivere la nostra memoria con altre esperienze effettivamente aiuta, ma non sempre.
Facciamo un esempio: quale conseguenza può avere la morte di un genitore? O una violenza sessuale nella vittima? O un abuso nell'infanzia? Il tempo guarisce anche quei ricordi, o ci sono ricordi talmente traumatici da diventare water resistent al lavaggio temporale?
Sarò sincero: è molto difficile prevedere quali conseguenze può avere un'esperienza come una violenza sessuale, per esempio. Ci sono donne che dopo un travaglio mentale ci mettono una pietra sopra e guardano sempre avanti, vivendo pienamente i loro rapporti, e altre che evitano in generale tutto ciò che ha a che vedere con la sessualità perché lo percepiscono "sporco". Altre donne ancora riportano dei comportamenti diversi (psicosomatici, come dolore) in reazione a uno stimolo simile all'evento traumatico. Siamo tutti diversi, e reagiamo in modo diverso in base a ciò che ci circonda e a ciò che sta scritto nel nostro DNA. E questo vale anche per il lutto, per una malattia degenerativa, maltrattamenti, aborto, minacce, tutto ciò che è rimasto impresso indelebilmente nella nostra memoria.
I ricordi traumatici hanno questa caratteristica: il tempo passa ma quei ricordi rimangono lì, lucidi e terribili come se fosse accaduto ieri. Chi è stato coinvolto in un evento traumatico, sa di cosa sto parlando.
Ma una soluzione c'è, e prende il nome di EMDR, psicoterapia breve, rapida, efficace oltre l'80%.
Mi rendo conto che cattura molto di più l'ipnosi, ma signori: l'EMDR è realmente efficace al di là della vostra immaginazione.
In buona sostanza attraverso una procedura particolare nella quale si ripensa all'evento traumatico e si seguono le dita (per ora prendete per buono ciò che vi dico), è possibile in 9 casi su 10 elaborare un singolo episodio traumatico, anche in una seduta, e renderlo disturbante in una scala da 0 a 10, 0.
Certi ricordi sono molto traumatici e complessi, per cui si rende necessario suddividerli in vari step, da elaborare singolarmente, come se prendeste la pellicola di un film e la divideste in 1°, 2° e 3° tempo.
Il risultato è che quando la persona ripenserà all'evento oggetto della seduta, lo sentirà talmente distante quasi da dimenticarlo. E in ogni caso l'impatto sarà o 0 o 1 a seconda degli eventi. Per capirci, un incidente che fa perdere un arto non potrà mai essere disturbante 0, questo è chiaro, ma può perdere l'impatto negativo su di noi, al punto che possiamo lasciare andare quel ricordo.
Con l'EMDR è possibile scollare il ricordo dall'emozione, come una suola dalla scarpa. Il ricordo rimasto privo dell'emozione, diventerà un ricordo neutro.
Nella mia esperienza ho aiutato persone a elaborare traumi orribili, e se pensate che certe cose accadano solo in America, vi sbagliate. E lo dico con profonda amarezza.
Come stanno oggi queste persone?
Chiedetelo direttamente a chi ha provato l'EMDR: persone che hanno ripreso a vivere.
Per cui, se avete vissuto un trauma che condiziona la vostra vita e volete risolverlo una volta per tutte, chiamatemi.
Dott. Delogu
3473095315
g.delogu@me.com
giovedì 23 ottobre 2014
Master in ipnosi e counseling
Cari lettori,
vi informo che sono aperte le iscrizioni per il master in Ipnosi e PNL, caratterizzante per la professione di coatch e counselor. Il master è aperto a tutte le persone interessate.
Nella locandina, che purtroppo si vede poco e male -per cui mandatemi una mail che vi invio il pdf) vedrete il programma, suddiviso in moduli. Chi desidera può acquistare anche un solo modulo, e chi desidera può pagare il master in comode rate, diciamo quanto paghereste per una pasta e un cappuccino al giorno.
Chi fosse interessato può chiamare il numero nella locandina o rivolgersi direttamente a me.
Il corso sarà pratico, con esercizi mirati a farvi fare delle esperienze fuori dal comune.
Detto ciò, mi impegnerò a venire incontro a qualunque vostra esigenza.
Dott. Delogu
vi informo che sono aperte le iscrizioni per il master in Ipnosi e PNL, caratterizzante per la professione di coatch e counselor. Il master è aperto a tutte le persone interessate.
Nella locandina, che purtroppo si vede poco e male -per cui mandatemi una mail che vi invio il pdf) vedrete il programma, suddiviso in moduli. Chi desidera può acquistare anche un solo modulo, e chi desidera può pagare il master in comode rate, diciamo quanto paghereste per una pasta e un cappuccino al giorno.
Chi fosse interessato può chiamare il numero nella locandina o rivolgersi direttamente a me.
Il corso sarà pratico, con esercizi mirati a farvi fare delle esperienze fuori dal comune.
Detto ciò, mi impegnerò a venire incontro a qualunque vostra esigenza.
Dott. Delogu
martedì 21 ottobre 2014
Parto in ipnosi: finalmente a Cagliari
Carissimi lettori,
la notizia è di oggi, martedì 21 ottobre: a Cagliari una donna di 39 anni partorisce quasi senza alcun dolore attraverso una tecnica di anestesia ipnotica, quindi utilizzando l'ipnosi come tecnica analgesica, senza uso dell'epidurale.
Se non l'avete vista su Videolina, trovate la notizia qui
In realtà il parto in ipnosi è una tecnica nota e diffusa già da molto tempo in ambito medico. Il primo parto in ipnosi in Italia venne effettuato nel 1957 dal ginecologo e ipnotista Giampiero Mosconi, uno dei nomi più illustri nel panorama italiano dell'ipnosi, purtroppo recentemente scomparso. Scrisse numerosi libri, tra cui uno riguardante il training ipnotico per il parto.
Non è una prassi comune in tutte le cliniche e reparti di ostetricia e ginecologia, principalmente per motivi logistici (nessun ospedale ha un ipnotista strutturato tra il personale, quindi deve essere un esterno che agisce privatamente, col consenso del primario -cosa non proprio automatica) e più sommariamente di ignoranza e scetticismo sull'argomento.
Senza andare molto lontano c'è un'ampia letteratura sull'uso dell'ipnosi nel dolore, e importanti riconoscimenti scientifici sull'efficacia. Nonostante ciò, NESSUNA STRUTTURA DI TERAPIA ANTALGICA di Cagliari ha nel suo organico uno psicoterapeuta esperto di ipnosi nel dolore. Con buona pace della definizione di dolore globale dell'organizzazione mondiale della sanità, nella quale rientrano gli aspetti psicologici, costituenti l'esperienza soggettiva del dolore.
No: per gli amministratori il dolore va trattato per via chirurgica o farmacologica, STOP. Non c'è spazio per l'ipnosi e gli aspetti psicologici, anche se questa unione di forze dovesse significare una remissione della sintomatologia (leggi, paziente dimesso).
Lascio a voi lettori le dovute conclusioni.
Discorso purtroppo non molto diverso nel parto. Per questa ragione l'annuncio pubblico di un parto in analgesia ipnotica fa scalpore, perché è una voce fuori dall'ordinario.
Vorrei tanto che non fosse solo un ritaglio di un giornale, ma facesse da apripista verso un'integrazione dell'ipnosi ai trattamenti ormai consolidati.
Come funziona il training per il parto in ipnosi?
Insegnando alla partoriente degli esercizi di autoipnosi da eseguire a casa propria, finalizzati a gestire le varie fasi del parto in autoipnosi. Ridurre il dolore è possibile, come dimostrato dall'articolo, ma anche accelerare la fase espulsiva e accorciare il travaglio.
I migliori candidati sono i buoni soggetti ipnotici, ma la cosa che conta è entrare nell'ottica di apprendere un nuovo modo per usare la mente per gestire il proprio corpo.
Detto ciò, vi prego, spargete la voce di questa notizia: l'ipnosi è un grande aiuto per gestire il dolore del parto, e oggi ne avete avuto una prova proprio qui in città.
Per un approfondimento sull'ipnosi nel parto leggete qui.
Nei vari ambulatori di terapia del dolore (tutti eccetto il policlinico) mi sono specializzato in ipnosi nel dolore, in tutte le sue forme, partendo dal dolore benigno (cefalea, emicrania, fibromialgia, lombosciatalgie, colon irritabile etc) passando per la dimensione del dolore oncologico e il dolore da parto. Stando dove la gente sta male sul serio, lontano dai riflettori.
Lo scrivo e lo sottoscrivo: in qualsiasi momento sono pronto ad aiutarvi.
Ringrazio l'equipe di Ostetricia della clinica universitaria per l'ottimo lavoro.
Dott. Delogu
la notizia è di oggi, martedì 21 ottobre: a Cagliari una donna di 39 anni partorisce quasi senza alcun dolore attraverso una tecnica di anestesia ipnotica, quindi utilizzando l'ipnosi come tecnica analgesica, senza uso dell'epidurale.
Se non l'avete vista su Videolina, trovate la notizia qui
In realtà il parto in ipnosi è una tecnica nota e diffusa già da molto tempo in ambito medico. Il primo parto in ipnosi in Italia venne effettuato nel 1957 dal ginecologo e ipnotista Giampiero Mosconi, uno dei nomi più illustri nel panorama italiano dell'ipnosi, purtroppo recentemente scomparso. Scrisse numerosi libri, tra cui uno riguardante il training ipnotico per il parto.
Non è una prassi comune in tutte le cliniche e reparti di ostetricia e ginecologia, principalmente per motivi logistici (nessun ospedale ha un ipnotista strutturato tra il personale, quindi deve essere un esterno che agisce privatamente, col consenso del primario -cosa non proprio automatica) e più sommariamente di ignoranza e scetticismo sull'argomento.
Senza andare molto lontano c'è un'ampia letteratura sull'uso dell'ipnosi nel dolore, e importanti riconoscimenti scientifici sull'efficacia. Nonostante ciò, NESSUNA STRUTTURA DI TERAPIA ANTALGICA di Cagliari ha nel suo organico uno psicoterapeuta esperto di ipnosi nel dolore. Con buona pace della definizione di dolore globale dell'organizzazione mondiale della sanità, nella quale rientrano gli aspetti psicologici, costituenti l'esperienza soggettiva del dolore.
No: per gli amministratori il dolore va trattato per via chirurgica o farmacologica, STOP. Non c'è spazio per l'ipnosi e gli aspetti psicologici, anche se questa unione di forze dovesse significare una remissione della sintomatologia (leggi, paziente dimesso).
Lascio a voi lettori le dovute conclusioni.
Discorso purtroppo non molto diverso nel parto. Per questa ragione l'annuncio pubblico di un parto in analgesia ipnotica fa scalpore, perché è una voce fuori dall'ordinario.
Vorrei tanto che non fosse solo un ritaglio di un giornale, ma facesse da apripista verso un'integrazione dell'ipnosi ai trattamenti ormai consolidati.
Come funziona il training per il parto in ipnosi?
Insegnando alla partoriente degli esercizi di autoipnosi da eseguire a casa propria, finalizzati a gestire le varie fasi del parto in autoipnosi. Ridurre il dolore è possibile, come dimostrato dall'articolo, ma anche accelerare la fase espulsiva e accorciare il travaglio.
I migliori candidati sono i buoni soggetti ipnotici, ma la cosa che conta è entrare nell'ottica di apprendere un nuovo modo per usare la mente per gestire il proprio corpo.
Detto ciò, vi prego, spargete la voce di questa notizia: l'ipnosi è un grande aiuto per gestire il dolore del parto, e oggi ne avete avuto una prova proprio qui in città.
Per un approfondimento sull'ipnosi nel parto leggete qui.
Nei vari ambulatori di terapia del dolore (tutti eccetto il policlinico) mi sono specializzato in ipnosi nel dolore, in tutte le sue forme, partendo dal dolore benigno (cefalea, emicrania, fibromialgia, lombosciatalgie, colon irritabile etc) passando per la dimensione del dolore oncologico e il dolore da parto. Stando dove la gente sta male sul serio, lontano dai riflettori.
Lo scrivo e lo sottoscrivo: in qualsiasi momento sono pronto ad aiutarvi.
Ringrazio l'equipe di Ostetricia della clinica universitaria per l'ottimo lavoro.
Dott. Delogu
Orientamento sessuale: questo mistero.
Cari lettori,
E’ recente la polemica della trascrizione sul registro di matrimoni gay da parte dell’On.Ignazio Marino, con grande clamore e contestazioni. La questione spacca le opinioni tra favorevoli, meno favorevoli e contrari. E in Italia in molti posti si grida allo scandalo. La sessualità risente fortemente della cultura di appartenenza, e il concetto stesso di famiglia si trasforma a seconda della cultura che la circonda e la descrive. La sessualità è quindi un aspetto dinamico, plastico e non statico. Questo significa in poche parole che certe esperienze ambigue in ambito sessuale ci confondono, disorientano la nostra identità, mettendo in dubbio la nostra eterosessualità, che si basa, nella nostra cultura, su una dicotomia assoluta: o sei eterosessuale, o sei omosessuale. Ma questa categorizzazione netta va bene nei manuali, ma poco si adatta alla realtà, dove esistono persone che hanno delle relazioni affettive stabili con un partner eterosessuale, ma sono talvolta attratte da esperienze con persone dello stesso sesso, senza alcun coinvolgimento affettivo. Queste persone in quale categoria rientrerebbero? 70% eterosessuale, 30% omosessuale? Sono "veri omosessuali" che ancora non si riconoscono tali, come qualcuno pensa? Io non ne sarei così certo.
C’è chi trova eccitante l’idea di un rapporto orale con un altro uomo, ma trova impensabile l’idea di starci insieme e farci una famiglia. C’è chi è attratto da un rapporto passivo da parte di un travestito, ma non per questo se lo sposerebbe. C'è chi sta bene con un partner dello stesso sesso, così come uno di sesso diverso.
C’è soprattutto chi accetta queste cose, e accetta questa parte di sé, in qualunque percentuale si presenti, e chi invece se ne fa una croce, sentendosi sbagliato e marchiato di una vergogna che non si cancella. Qui entra in gioco lo psicologo, che ha il compito di fare chiarezza dentro la persona, partendo da un punto fondamentale: l’accettazione. Richiede tempo, richiede una persona -nella fattispecie il terapeuta- che non sia giudicante, che accetti l’altro così com’è, e che conosca tecniche e modalità specifiche di agire. Nella mia esperienza posso dire che esiste la possibilità di stare meglio, la possibilità di avere una strada davanti laddove si pensava di essere in mare aperto, senza meta. Per coloro che si sono sentiti toccati da queste mie parole, la porta è sempre aperta.
C’è chi trova eccitante l’idea di un rapporto orale con un altro uomo, ma trova impensabile l’idea di starci insieme e farci una famiglia. C’è chi è attratto da un rapporto passivo da parte di un travestito, ma non per questo se lo sposerebbe. C'è chi
Per completamento, ho trovato un ottimo decalogo di una collega pubblicato su Repubblica, che incollo:
1. L’orientamento sessuale è il risultato dell'interazione di fattori biologici, genetici, ambientali e culturali. Non è biologicamente preordinato in modo rigido verso un dato sesso, ma solo indirizzato con una preferenza, in modo più o meno rilevante, nella maggioranza dei casi, in senso eterosessuale. Rimane un certo grado di fluidità potenziale, che permette lo svilupparsi delle differenze, in base a processi di apprendimento ed eventi di vita.
2. Non siamo sessualmente orientati in modo stabile e unico ma possono determinarsi dei cambiamenti. Ci sono persone che vivono anni da eterosessuali e poi sperimentano, in alcuni periodi, cambiamenti nell’attrazione sessuale, nelle fantasie e nel desiderio. Questa instabilità riguarda gli eterosessuali così come gli omosessuali.
3. Ci sono motivi per pensare che in assenza di pressioni sociali, condizionamenti culturali ed educativi di una società che sostiene e favorisce la direzione etero, probabilmente una proporzione di popolazione molto più vasta esprimerebbe un orientamento sessuale diverso. È un dato appurato inoltre che le persone che hanno rapporti di natura sessuale, in modo occasionale o continuativo, con una persona dello stesso sesso, sono molte di più delle persone che si definiscono omosessuali;
4. Omosessuali ed etero non sono categorie distinte, nemmeno dal punto di vista genetico. Nonostante l’accanimento di qualche "ricercatore", nessun gene dell'omosessualità è stato fino a oggi isolato. Inoltre le etichette etero, omo e bisessuale sono ormai considerate inadeguate per esprimere l’ampia gamma di possibilità degli orientamenti sessuali. Non tutti siamo esclusivamente attratti da un genere o in misura uguale da entrambi. Sono solo schemi grossolani che inquadrano e riducono una realtà ben più complessa.
5. Le donne mostrano una maggiore flessibilità nel proprio orientamento. Diversi studi evidenziano una maggiore probabilità che le donne siano bisessuali piuttosto che esclusivamente omosessuali, mentre negli uomini si verifica il contrario. Le donne non eterosessuali tendono di più a considerare il proprio orientamento sessuale come flessibile, in alcuni casi “scelto”, mentre gli uomini più spesso lo vivono come innato e immutabile.
6. Alternative di orientamento sessuale riguardano statisticamente più i maschi per poi rimanere abbastanza stabili nel tempo, rispetto a quello che avviene nelle femmine. Percorsi geneticamente innati sembrano esserne le cause, insieme ad elementi legati alla più elevata rigidità dei ruoli di genere culturalmente imposti agli uomini nella nostra cultura.
7. L’ipotesi – smentita dagli studi - che l’orientamento sessuale sia immutabile e che si nasca orientati verso un dato sesso, sembra rendere più facile l’accettazione sociale dell’omosessualità in una società, come la nostra, ancora omofobica.
8. Non esistono evidenze scientifiche che l’orientamento sessuale possa essere modificato volontariamente. L’American Psychological Association ha escluso che sia possibile modificarlo utilizzando forme di terapia psicologiche o religiose. Non a caso, le cosiddette terapie riparative orientate agli omosessuali falliscono clamorosamente.
9. Non c’è alcuna prova scientifica legittima che dimostri che vivere una sessualità diversamente orientata rispetto alla maggioranza, significhi aver subito traumi infantili, deficit educativi, rapporti difficili con i genitori o con l’altro sesso. Così come non è stata trovata nessuna correlazione tra orientamento sessuale e psicopatologia. Fino agli anni 70 del secolo scorso l’omosessualità era contemplata come deviazione sessuale nel DSM, il manuale diagnostico statistico di riferimento della psichiatria. Oggi questa voce resiste solo nel pregiudizio.
10. L’orientamento sessuale è una caratteristica radicata che ha un significato profondo per gli individui: è espressione di sé. La sua limitazione psicologica, culturale o giuridica infligge gravi danni psicologici.
(fonte http://d.repubblica.it/amore-sesso/2014/05/19/news/etero_omosessuale_bisessuali_di_che_sesso_sei-2145166/ )
Dott. Delogu
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Dott. Giovanni Delogu
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giovedì 2 ottobre 2014
L'ipnosi regressiva per risolvere i problemi del presente?
Carissimi lettori,
ogni tanto si presenta qualcuno da me chiedendo di essere guarito in tempi rapidissimi da problemi abbastanza gravi del presente, attraverso la tecnica dell'ipnosi regressiva, "quella di Brian Weiss". Stiamo parlando di ipnosi regressiva alle vite precedenti, per intenderci.
Qui rimango abbastanza spiazzato, perché mi trovo di fronte persone che hanno un concetto di ipnosi profondamente diverso dal mio: che fare?
Intanto facciamo chiarezza.
Come ho già scritto in passato, il termine "ipnosi regressiva" è un termine "spot" che non esiste ufficialmente nei manuali seri di ipnosi. Il fenomeno ipnotico si chiama regressione temporale (age regression nei manuali), ed è un fenomeno ipnotico tipico della trance profonda.
Quindi affinché il soggetto raggiunga il livello di esperienza descritto nei libri di Brian Weiss, deve essere
a) un ottimo soggetto ipnotico
b) sviluppare i fenomeni ipnotici della regressione temporale e della rivivificazione, nella fattispecie non solo tornare indietro nel tempo, ma rivivere l'esperienza a livello multisensoriale.
Le probabilità di trovare un ottimo soggetto ipnotico sono relativamente scarse, ma non è il problema tecnico che mi preoccupa, ma l'aspetto clinico di cui vi parlerò ora.
Quando nel presente esistono motivi reali che peggiorano la qualità di vita (malattia di un genitore anziano che non ci lascia vivere, relazioni super conflittuali con partner problematici, disturbi dell'umore evidenti, problemi di instabilità economica e affettiva) leggere le storie di Brian Weiss apre uno spiraglio di speranza in chi speranza non ne ha più. Secondo l'autore non solo è possibile scoprire chi eravamo nella vita precedente, ma, risolvendo i pasticci precedenti, magicamente cambia il nostro modo di vedere, sentire, pensare nel presente.
Vorrei tanto dirvi che in questa favola a lieto fine ci credo, ma purtroppo non è così.
Nella mia esperienza quando ci sono problemi chiari ed evidenti nella vita attuale, questi vanno affrontati con un lavoro impegnativo che si chiama psicoterapia.
Cercare un facile viatico nell'ipnosi regressiva bypassando i problemi del presente, è una pia illusione che funziona bene nei libri, in tv, su youtube, ma non nella vita reale. Anche per difficoltà tecniche nell'eseguire il tutto: cosa succede se impostate una terapia sulla vita precedente, e la persona semplicemente non riesce a visualizzare? Cosa succede se la persona rievoca una monotona vita da contadina nella russia del 1700 fatta di raccolti, semina, figli da tirare su, e una vita passata interamente sui campi? Se non ci sono nodi da sciogliere, che fate? Tornate indietro ulteriormente fino alla 60° vita?
Se la persona regredisce a un animale o un insetto, che fate?
I bei romanzi con le trame scritte bene piacciono molto anche a me, ed è vero che esistono persone in grado di sviluppare fenomeni di questo genere, ma sono la minor parte.
Quindi se avete un problema reale nel qui e ora, il mio consiglio è di puntare su questo e di lasciare l'ipnosi regressiva alla vita precedente come curiosità intellettuale, non come strumento terapeutico.
Riguardo le tempistiche, vi dico questo: per quanto piaccia molto anche a me fare terapie brevi ed efficaci, ogni lavoro richiede tempo, soprattutto in relazione alla velocità della persona di affrontare e superare certe situazioni.
Sapete cosa succede se si fa l'errore di forzare la mano a qualcuno che vuole risolvere in fretta un trauma perché non ha la pazienza di aspettare? Ebbene, questo qualcuno comincerà a star male tutto il giorno e non dormire la notte. La nostra mente ridiede tempo per certi lavori, e bisogna sempre ascoltarsi e non imporsi ritmi eccessivi per non stare peggio dopo.
Quindi prima di cercare soluzioni ultra rapide, chiedetevi sempre quali sono gli effetti collaterali, e valutate sempre che ultra rapido non corrisponda a ultra temporaneo.
Dott. Delogu
martedì 23 settembre 2014
Smettere di fumare con l'ipnosi: approfondimento
Chi si approccia all'ipnosi per smettere di fumare, non sempre ha le idee chiare su cosa andrà a fare, e spesso è vittima di pregiudizi basati su film e narrativa, che non fanno altro che creare aspettative elevatissime, nel nostro caso dannose.
Vi spiego perché.
Nell'ipnosi da palcoscenico, in inglese stage hypnosis le aspettative di un potere sovrannaturale creano di fatto quel fortissimo potere suggestivo di gruppo che fa sì che i migliori soggetti ipnotici aderiscano alla suggestione del comedian hypnotist, influenzando gli altri.
Se cliccate nel link di sopra potrete vedere numerosi video di ipnotisti da palco americani. Ricordo che in America e in Inghilterra, la professione di ipnoterapista è aperta a chiunque e non riservata a medici e psicologi, infatti gli ipnoterapisti esteri non possono fare psicoterapia.
Nell'ipnosi clinica le cose stanno in modo molto diverso: non esiste la coercizione mentale, l'obbligare qualcuno a fare qualcosa contro la propria volontà, ma esiste la cooperazione.
Qualcuno che vuole smettere di fumare ancora si aspetta una magia che cambi all'istante il nostro modo di vedere, pensare, percepire la realtà. Signori, svegliatevi: è solo fantasia. E chi propone l'ipnosi in questo modo, mente sapendo di mentire.
Ma cos'è allora l'ipnosi e come funziona per smettere di fumare?
I fumatori, per quanto siano dipendenti tutti dalla stessa sostanza, non sono tutti uguali. Questo spiega il perché non esiste un sistema universale che funzioni su tutti.
Il motivo risiede in realtà in un'altra domanda: perchè molti ex eroinomani smettono di usare l'eroina, la coca, il crack, l'mdma (cosiddette "droghe pesanti") ma non riescono a smettere di fumare?
Perché ci sono persone che smettono letteralmente da un giorno all'altro, e altri che provano e riprovano senza mai riuscire?
Carattere debole? Scarsa forza di volontà?
Un manager di alto livello direste che è senza forza di volontà?
Forse non lo vuole veramente?
Questa è una parte della verità: il fumatore è sempre scisso, da una lato desidera fortemente smettere, dall'altro resiste a qualunque tentativo esterno di farlo smettere.
Il fatto che sia una dipendenza socialmente accettata e condivisa la rende molto difficile da scalfire, ma più di tutto ciascuno di noi riversa sulla sigaretta cose diverse. C'è chi la usa come scarico di tensioni altrimenti difficili da gestire, chi fuma per passare il tempo ma senza convogliare nella sigaretta fattori emotivi. I primi dovranno trovare un sostituto per scaricare le tensioni, prima di smettere; i secondi, forse, smetteranno quando decideranno che è giunto il momento, e troveranno qualcosa di impegnativo da fare. Altri ancora smetteranno ma rimpiangendo il piacere che dava la sigaretta. Allen Carr li chiama "i martiri".
Quando in letteratura di parla di dipendenze, si sente parlare anche di comorbilità, che significa patologie concomitanti la dipendenza dalle sigarette. Certi fumatori hanno altri problemi psicopatologici che vanno ben oltre il fumo, e questo non è mai da sottovalutare.
Un disturbo psichiatrico si fonde alla dipendenza dalle sigarette, rendendo la cosa un'unica entità. Pensiamo al disturbo ossessivo-compulsivo, alla depressione etc.
Per alcune persone se non si tratta il problema psichiatrico alla base, il sintomo fumo non cesserà mai. Per altre, se non si risolvono dinamiche familiari che innescano il circolo del fumo (fumo per farmi male, fumo per punirmi, fumo per prendermi un momento per me etc).
L'ipnosi è una forma di terapia che può disinnescare l'istinto di fumare con tecniche specifiche. Diverse persone durante e dopo la terapia perdono interesse verso il fumo, altre sviluppano un senso profondo di disgusto e smettono di fumare.
Avete capito: smettono di fumare.
Con altre invece l'effetto dell'ipnosi viene annullato dai vantaggi emotivi del fumare.
In queste persone si verifica un conflitto interno tra l'impulso potenziato da cause psichiche a fumare, e la suggestione ipnotica. Se a casa è un litigio continuo, fumo come un turco e so che mi fa male, pensate che l'ipnosi possa fare in modo che tornando in quel clima familiare la persona non fumi mai più? Non funziona così, e in una situazione del genere qualunque tentativo è destinato a fallire se non si cambia prima l'ambiente e le dinamiche interne.
Il discorso come avrete capito è complesso, ma meglio saperle prima queste cose.
Gli studi scientifici hanno dimostrato che l'efficacia maggiore la si ottiene con 5 sedute di ipnosi, non di meno e non di più.
Mi stupisco molto quando ci sono persone che fanno 1 seduta del pacchetto di 5 sedute per smettere di fumare e poi mollano perché non vedono risultati (che potrebbero giungere anche alla 4° o 5° seduta). Riflettiamo: se queste persone avessero un tumore, farebbero 1 seduta di chemio/radio e mollerebbero?
O forse andrebbero avanti nonostante terribili effetti collaterali quali nausea, vomito, perdita dei capelli, stanchezza infinita e nessun risultato tangibile nel breve termine?
Sono certo che se anche scegliessero di non fare la chemio, qualcosa comunque farebbero, non si lascerebbero morire. Il fumatore che fa 1 seduta del pacchetto e molla, continua a fumare senza reagire.
Voi sapete il legame che c'è tra tumore e fumo, e bisogna riflettere sul perché ci siano comportamenti così contraddittori.
Dott. Delogu
Vi spiego perché.
Nell'ipnosi da palcoscenico, in inglese stage hypnosis le aspettative di un potere sovrannaturale creano di fatto quel fortissimo potere suggestivo di gruppo che fa sì che i migliori soggetti ipnotici aderiscano alla suggestione del comedian hypnotist, influenzando gli altri.
Se cliccate nel link di sopra potrete vedere numerosi video di ipnotisti da palco americani. Ricordo che in America e in Inghilterra, la professione di ipnoterapista è aperta a chiunque e non riservata a medici e psicologi, infatti gli ipnoterapisti esteri non possono fare psicoterapia.
Nell'ipnosi clinica le cose stanno in modo molto diverso: non esiste la coercizione mentale, l'obbligare qualcuno a fare qualcosa contro la propria volontà, ma esiste la cooperazione.
Qualcuno che vuole smettere di fumare ancora si aspetta una magia che cambi all'istante il nostro modo di vedere, pensare, percepire la realtà. Signori, svegliatevi: è solo fantasia. E chi propone l'ipnosi in questo modo, mente sapendo di mentire.
Ma cos'è allora l'ipnosi e come funziona per smettere di fumare?
I fumatori, per quanto siano dipendenti tutti dalla stessa sostanza, non sono tutti uguali. Questo spiega il perché non esiste un sistema universale che funzioni su tutti.
Il motivo risiede in realtà in un'altra domanda: perchè molti ex eroinomani smettono di usare l'eroina, la coca, il crack, l'mdma (cosiddette "droghe pesanti") ma non riescono a smettere di fumare?
Perché ci sono persone che smettono letteralmente da un giorno all'altro, e altri che provano e riprovano senza mai riuscire?
Carattere debole? Scarsa forza di volontà?
Un manager di alto livello direste che è senza forza di volontà?
Forse non lo vuole veramente?
Questa è una parte della verità: il fumatore è sempre scisso, da una lato desidera fortemente smettere, dall'altro resiste a qualunque tentativo esterno di farlo smettere.
Il fatto che sia una dipendenza socialmente accettata e condivisa la rende molto difficile da scalfire, ma più di tutto ciascuno di noi riversa sulla sigaretta cose diverse. C'è chi la usa come scarico di tensioni altrimenti difficili da gestire, chi fuma per passare il tempo ma senza convogliare nella sigaretta fattori emotivi. I primi dovranno trovare un sostituto per scaricare le tensioni, prima di smettere; i secondi, forse, smetteranno quando decideranno che è giunto il momento, e troveranno qualcosa di impegnativo da fare. Altri ancora smetteranno ma rimpiangendo il piacere che dava la sigaretta. Allen Carr li chiama "i martiri".
Quando in letteratura di parla di dipendenze, si sente parlare anche di comorbilità, che significa patologie concomitanti la dipendenza dalle sigarette. Certi fumatori hanno altri problemi psicopatologici che vanno ben oltre il fumo, e questo non è mai da sottovalutare.
Un disturbo psichiatrico si fonde alla dipendenza dalle sigarette, rendendo la cosa un'unica entità. Pensiamo al disturbo ossessivo-compulsivo, alla depressione etc.
Per alcune persone se non si tratta il problema psichiatrico alla base, il sintomo fumo non cesserà mai. Per altre, se non si risolvono dinamiche familiari che innescano il circolo del fumo (fumo per farmi male, fumo per punirmi, fumo per prendermi un momento per me etc).
L'ipnosi è una forma di terapia che può disinnescare l'istinto di fumare con tecniche specifiche. Diverse persone durante e dopo la terapia perdono interesse verso il fumo, altre sviluppano un senso profondo di disgusto e smettono di fumare.
Avete capito: smettono di fumare.
Con altre invece l'effetto dell'ipnosi viene annullato dai vantaggi emotivi del fumare.
In queste persone si verifica un conflitto interno tra l'impulso potenziato da cause psichiche a fumare, e la suggestione ipnotica. Se a casa è un litigio continuo, fumo come un turco e so che mi fa male, pensate che l'ipnosi possa fare in modo che tornando in quel clima familiare la persona non fumi mai più? Non funziona così, e in una situazione del genere qualunque tentativo è destinato a fallire se non si cambia prima l'ambiente e le dinamiche interne.
Il discorso come avrete capito è complesso, ma meglio saperle prima queste cose.
Gli studi scientifici hanno dimostrato che l'efficacia maggiore la si ottiene con 5 sedute di ipnosi, non di meno e non di più.
Mi stupisco molto quando ci sono persone che fanno 1 seduta del pacchetto di 5 sedute per smettere di fumare e poi mollano perché non vedono risultati (che potrebbero giungere anche alla 4° o 5° seduta). Riflettiamo: se queste persone avessero un tumore, farebbero 1 seduta di chemio/radio e mollerebbero?
O forse andrebbero avanti nonostante terribili effetti collaterali quali nausea, vomito, perdita dei capelli, stanchezza infinita e nessun risultato tangibile nel breve termine?
Sono certo che se anche scegliessero di non fare la chemio, qualcosa comunque farebbero, non si lascerebbero morire. Il fumatore che fa 1 seduta del pacchetto e molla, continua a fumare senza reagire.
Voi sapete il legame che c'è tra tumore e fumo, e bisogna riflettere sul perché ci siano comportamenti così contraddittori.
Dott. Delogu
martedì 2 settembre 2014
Verificare le credenziali per evitare fregature: istruzioni per l'uso.
Buonasera lettori,
un post diverso dal solito per aprirvi gli occhi su certe realtà a cui bisogna fare molta attenzione.
Prima di contattare un professionista psicologo è bene verificare che le competenze che egli dichiara siano veritiere.
Come fare?
Prendiamo il mio esempio, io sono uno psicologo psicoterapeuta specializzato in psicoterapia ipnotica ericksoniana e terapeuta EMDR 2° livello.
1) sul sito dell'ordine nazionale degli psicologi, esattamente Qui compilando il form e inserendo nome e cognome, troverete le informazioni ufficiali aggiornate. Questo è il risultato della ricerca inserendo il mio nome e cognome. Come vedete compare la dicitura "psicologo psicoterapeuta".
Fate questa ricerca per qualunque collega vogliate contattare. Se chi si dichiara "psicoterapeuta" ma da una ricerca sul sito succitato non compare, significa che non è specializzato, e la cosa è deontologicamente scorretta. Chiamate immediatamente l'ordine degli psicologi per capire se c'è un problema.
2) La specializzazione in psicoterapia è indispensabile per esercitare la professione di psicoterapeuta.
E' necessario però informarsi sul tipo di specializzazione. Io mi trovo qui (specializzazione in psicoterapia ipnotica) e qui. (specializzazione in EMDR). Qualcuno scrive apertamente in cosa è specializzato, altri no. E' bene informarsi prima sull'approccio per evitare di incappare in terapie decennali o approcci che per noi non vanno bene.
3) qualunque altro titolo va verificato accuratamente.
Esempio: il titolo di PROFESSORE ORDINARIO DI PSICOLOGIA CLINICA è un titolo universitario al quale si accede per concorso, dopo aver scalato la vetta partendo da ricercatore, professore a contratto e infine arrivare al vertice della carriera universitaria di docente ordinario. Non è roba da poco, per intenderci. Trovate tutto spiegato qui.
Come verificarlo? Molto semplice: i professori ordinari sono pochi, quindi è sufficiente digitare nome e cognome su google, e il primo indirizzo che compare sarà quello dell'università.
Esempio: se cerco Gabriele Finco su google, come primo risultato mi darà il sito dell'università di Cagliari che recita "docente di ruolo di 1 fascia".
Stesso discorso per chi si dichiara "ricercatore". Se cerchiamo il nome di Diego Lasio, il primo sito che fornirà google sarà dell'università di Cagliari, che riporterà la dicitura "ricercatore". Bisogna tenere conto però che chi sta facendo il dottorato di ricerca, non compare sul sito dell'università.
Il sito dell'università non mente.
Ma cosa succede se qualcuno si dichiara "professore ordinario di psicologia clinica e dello sviluppo" senza specificare l'università e in assenza di risconti esistenti su google?
Non vorrei mai che nessuno di voi diventasse un pinocchio tra le grinfie del gatto e della volpe.
Quindi occhi aperti, mi raccomando.
Dott. Delogu
venerdì 1 agosto 2014
EMDR: ne parla il corriere della sera
E' recentissimo l'articolo comparso sul sito del Corriere della Sera, nella sezione neuroscienze, che vi invito a cliccare. Uno studio svolto da ricercatori tedeschi dell'università di Colonia pubblicato sulla rivista scientifica Brain Behaviour, ha dimostrato con risultati statisticamente significativi (parliamo di evidenza scientifica, ergo non è effetto placebo) che:
"(con l'EMDR), rivivere le immagini di ricordi autobiografici negativi ne riduce l’intensità emotiva e la forza vivida, e il movimento degli occhi impedisce che a queste vengano associati pensieri intrusivi di future catastrofi tipiche del pensiero ansioso, ciò che nel linguaggio comune viene chiamato “pensiero da menagramo”. Quindi l’EDMR ridurrebbe sia l’ansia di stato che quella di tratto".
Nell'articolo di sopra viene spiegato che con l'EMDR si "forza" la mente a elaborare le informazioni traumatiche "congelate" attraverso la stimolazione bilaterale dei sue emisferi (seguire le dita o il tapping sulle mani). Il modello di riferimento di neuropsicologia cognitiva su cui poggia l'EMDR è quello dell'elaborazione centrale dell'informazione: per chi volesse approfondire cliccate qui.
Stiamo parlando, signori, di una forma di psicoterapia breve, validata scientificamente, specifica per i traumi e per i disturbi indotti da traumi (attacchi di panico, fobie, disturbi sessuali, etc).
Parafrasando le conclusioni dei ricercatori, elaborando i ricordi e immagini disturbanti del passato, presente e futuro, si fa in modo che al presentarsi di un evento esterno in precedenza ansiogeno, non si abbiano più (inteso come mai più) quei pensieri e quelle reazioni fisiologiche che costituivano il disturbo. In poche parole si risolve il problema.
In quanto tempo? Poco, potrebbero bastare anche 10 sedute.
La panacea per tutti i mali quindi?
No, nella mia esperienza personale di pratica clinica l'EMDR è uno strumento solido applicabile ad ampio raggio ma con le dovute distinzioni e accorgimenti. Questo per dire che non è il coltello da chef a fare un buon cuoco, ma certamente un coltello non affilato rende impossibile la preparazione di molti piatti. Oltre alla solidità del metodo, che è evidenziato dalle ricerche, variabili aspecifiche entrano in gioco nell'efficacia complessiva: la preparazione del terapeuta (quanti terapeuti EMDR hanno fatto solo il 1° livello di EMDR? E quanto il non aver frequentato il 2° livello ne limita l'efficacia? Parecchio, credetemi), la personalità, l'intuito clinico, l'Insight del terapeuta. Queste cose unite a uno strumento (a mio avviso straordinario) come l'EMDR, ne aumentano l'efficacia.
Una volta identificato il metodo, scegliete un terapeuta che vi trasmetta competenza e fiducia, è molto importante. Affidatevi poi a lui sulle scelte tecniche migliori per risolvere il vostro problema: ricordatevi che la psicoterapia la si fa in 2, e che in ogni situazione dovrete partecipare attivamente (Sì, anche con l'EMDR).
Sempre a vostra disposizione.
Dott. Delogu
"(con l'EMDR), rivivere le immagini di ricordi autobiografici negativi ne riduce l’intensità emotiva e la forza vivida, e il movimento degli occhi impedisce che a queste vengano associati pensieri intrusivi di future catastrofi tipiche del pensiero ansioso, ciò che nel linguaggio comune viene chiamato “pensiero da menagramo”. Quindi l’EDMR ridurrebbe sia l’ansia di stato che quella di tratto".
Nell'articolo di sopra viene spiegato che con l'EMDR si "forza" la mente a elaborare le informazioni traumatiche "congelate" attraverso la stimolazione bilaterale dei sue emisferi (seguire le dita o il tapping sulle mani). Il modello di riferimento di neuropsicologia cognitiva su cui poggia l'EMDR è quello dell'elaborazione centrale dell'informazione: per chi volesse approfondire cliccate qui.
Stiamo parlando, signori, di una forma di psicoterapia breve, validata scientificamente, specifica per i traumi e per i disturbi indotti da traumi (attacchi di panico, fobie, disturbi sessuali, etc).
Parafrasando le conclusioni dei ricercatori, elaborando i ricordi e immagini disturbanti del passato, presente e futuro, si fa in modo che al presentarsi di un evento esterno in precedenza ansiogeno, non si abbiano più (inteso come mai più) quei pensieri e quelle reazioni fisiologiche che costituivano il disturbo. In poche parole si risolve il problema.
In quanto tempo? Poco, potrebbero bastare anche 10 sedute.
La panacea per tutti i mali quindi?
No, nella mia esperienza personale di pratica clinica l'EMDR è uno strumento solido applicabile ad ampio raggio ma con le dovute distinzioni e accorgimenti. Questo per dire che non è il coltello da chef a fare un buon cuoco, ma certamente un coltello non affilato rende impossibile la preparazione di molti piatti. Oltre alla solidità del metodo, che è evidenziato dalle ricerche, variabili aspecifiche entrano in gioco nell'efficacia complessiva: la preparazione del terapeuta (quanti terapeuti EMDR hanno fatto solo il 1° livello di EMDR? E quanto il non aver frequentato il 2° livello ne limita l'efficacia? Parecchio, credetemi), la personalità, l'intuito clinico, l'Insight del terapeuta. Queste cose unite a uno strumento (a mio avviso straordinario) come l'EMDR, ne aumentano l'efficacia.
Una volta identificato il metodo, scegliete un terapeuta che vi trasmetta competenza e fiducia, è molto importante. Affidatevi poi a lui sulle scelte tecniche migliori per risolvere il vostro problema: ricordatevi che la psicoterapia la si fa in 2, e che in ogni situazione dovrete partecipare attivamente (Sì, anche con l'EMDR).
Sempre a vostra disposizione.
Dott. Delogu
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Dott. Giovanni Delogu
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domenica 13 luglio 2014
Ipnosi al posto dell'anestesia generale: questa volta è un defibrillatore automatico
E' di questi giorni una notizia che ha dell'incredibile: una donna a Oristano è stata sottoposta a un intervento per l'impianto di un defibrillatore, solo che al posto di fare l'anestesia generale si è ricorsi a una speciale forma di suggestione per non sentire il dolore: l'ipnosi.
Viene riportato nell'articolo: “Tutto si è svolto come di routine per ciò che riguarda l’intervento, la peculiarità ha riguardato la parte introduttiva quando gli ipnologi, parlando alla paziente attraverso delle cuffie auricolari (foto sulla sinistra, ndr), l’hanno fatta cadere in un stato di ipnosi profonda, un processo che ha richiesto circa venti minuti”, hanno raccontato i medici che hanno eseguito l’operazione. L’intervento è durato circa un’ora e al termine la paziente ha dichiarato di ricordare tutto, ma di non aver sofferto. - See more at: http://www.sardegna24news.it/2014/07/11/intervento-con-lipnosi-a-oristano-la-prima-sperimentazione-sarda-48006/#sthash.V4CQWPSx.dpuf
Realtà o fantasia?
Bene, signori, questa volta è la realtà, e sono i giornali locali che parlano al posto mio, ecco le prove:
Unione Sarda
Sardegna24 News
La Gazzetta.net
La nuova Sardegna
Si parla di "sperimentazione innovativa", e questo è certamente vero in Sardegna e per il tipo di intervento, ma non bisogna dimenticare che John Esdaile nel 1845 impiegò l'anestesia ipnotica in migliaia di interventi chirurgici, come già discusso qui.
L'ipnosi è una pratica sicura nelle mani di professionisti con titoli adeguati ed esperienza certificata, che sanno riconoscere e selezionare i candidati idonei a sperimentazioni del genere.
Perché va da sé che se l'anestesia ipnotica non viene utilizzata in prima linea come procedura standard di anestesia negli interventi chirurgici, un motivo c'è, e sinceramente i motivi sono più di uno.
a) Per sviluppare un'anestesia ipnotica bisogna essere dei buoni soggetti ipnotici. Non tutte le persone arrivano a sviluppare quel tipo di dissociazione, e l'unico modo per scoprirlo è provare con alcune sedute preliminari.
b) per alcuni tipi di intervento come i trapianti o l'appendicectomia, l'ipnosi non si può utilizzare per ragioni di carattere medico: la tipologia dell'intervento è incompatibile con uno stato di coscienza modificato.
c) esistono dei rischi oggettivi: l'andamento della trance ipnotica non è lineare, ma ha un andamento a yo-yo, con punte che sfiorano livelli profondi di ipnosi e altri livelli più superficiali. Il rischio, specie in interventi di lunga durata, è che la trance si alleggerisca e il soggetto di risvegli. E' un rischio calcolato che si può prevenire con un buon lavoro preparatorio di rapport tra ipnotista e soggetto ipnotizzato, e sapendo esattamente cosa si sta facendo e perché. Difatti le persone sottoposte all'anestesia ipnotica, di fatto non avevano scelta per problemi di allergia all'anestetico.
Questo per spiegare che non è un gioco, non è un trucco né una magia: è una pratica che richiede preparazione, grande competenza di ipnosi medica e un pizzico di fortuna per scongiurare complicazioni (pur sempre di intervento si tratta).
A questo punto ritengo meritino un approfondimento le parole riportate dalla paziente, cui seguirà una mia personale esegesi:
"“Mentre mi operavano la mia mente è andata in un luogo della mia prima infanzia, la roccia ‘Culunzu pertuntu’ di Ardauli: era un posto familiare, dove la mia mente ha scelto di rifugiarsi perché mi trasmetteva serenità. Allo stesso tempo – prosegue la Ibba nello straordinario racconto dell’operazione sotto ipnosi – sentivo i due medici che mi parlavano, sentivo le mani del chirurgo e la pressione sul mio torace, ho sentito anche quando mi hanno sistemato il pacemaker e messo i punti. Percepivo tutte queste sensazioni senza provare dolore e allo stesso tempo osservavo il mio corpo dall’alto e vedevo con precisione cosa accadeva in sala operatoria”.
Il posto familiare dove rifugiarsi è una nota tecnica chiamata safe place o secure place, in italiano posto sicuro, e serve esattamente a ciò che ha riferito la signora nelle righe sopra: a trasmettere sicurezza e serenità, quindi qualità affettive. Vedere il corpo dall'alto è un'esperienza comune in vari fenomeni mistici ed esoterci, come i viaggi astrali, viaggi fuori dal corpo, near death experience (NDE), replicabile in ipnosi nei buoni soggetti ipnotici, utilizzando un fenomeno ipnotico chiamato "dissociazione mente-corpo". In questo caso la suggestione data è di uscire dal proprio corpo e osservarsi dall'alto, congiuntamente a un'amnesia selettiva o parziale, per cui la persona avrebbe sentito tutte le sensazioni eccetto il dolore.
E' stato un pieno successo, quindi non resta che congratularsi con l'intera equipe che ha permesso una simile procedura pionieristica.
In 8 anni che collaboro con la terapia del dolore dell'ospedale Brotzu ho trattato centinaia di casi di cefalea, fibromialgia, sindrome del colon irritabile, e in generale altre patologie con dolore cronico, per cui conosco bene a livello internazionale le tecniche usate e i vari campi di applicazione.
Non può che farmi piacere la risonanza mediatica che sta avendo l'ipnosi medica in ambito chirurgico.
Spero che sia l'imput per ampliare il livello di informazione, e schiodare per una buona volta il concetto di ipnosi dalla figura del Giucas Casella nazionale.
Dott. Delogu
Viene riportato nell'articolo: “Tutto si è svolto come di routine per ciò che riguarda l’intervento, la peculiarità ha riguardato la parte introduttiva quando gli ipnologi, parlando alla paziente attraverso delle cuffie auricolari (foto sulla sinistra, ndr), l’hanno fatta cadere in un stato di ipnosi profonda, un processo che ha richiesto circa venti minuti”, hanno raccontato i medici che hanno eseguito l’operazione. L’intervento è durato circa un’ora e al termine la paziente ha dichiarato di ricordare tutto, ma di non aver sofferto. - See more at: http://www.sardegna24news.it/2014/07/11/intervento-con-lipnosi-a-oristano-la-prima-sperimentazione-sarda-48006/#sthash.V4CQWPSx.dpuf
Realtà o fantasia?
Bene, signori, questa volta è la realtà, e sono i giornali locali che parlano al posto mio, ecco le prove:
Unione Sarda
Sardegna24 News
La Gazzetta.net
La nuova Sardegna
Si parla di "sperimentazione innovativa", e questo è certamente vero in Sardegna e per il tipo di intervento, ma non bisogna dimenticare che John Esdaile nel 1845 impiegò l'anestesia ipnotica in migliaia di interventi chirurgici, come già discusso qui.
L'ipnosi è una pratica sicura nelle mani di professionisti con titoli adeguati ed esperienza certificata, che sanno riconoscere e selezionare i candidati idonei a sperimentazioni del genere.
Perché va da sé che se l'anestesia ipnotica non viene utilizzata in prima linea come procedura standard di anestesia negli interventi chirurgici, un motivo c'è, e sinceramente i motivi sono più di uno.
a) Per sviluppare un'anestesia ipnotica bisogna essere dei buoni soggetti ipnotici. Non tutte le persone arrivano a sviluppare quel tipo di dissociazione, e l'unico modo per scoprirlo è provare con alcune sedute preliminari.
b) per alcuni tipi di intervento come i trapianti o l'appendicectomia, l'ipnosi non si può utilizzare per ragioni di carattere medico: la tipologia dell'intervento è incompatibile con uno stato di coscienza modificato.
c) esistono dei rischi oggettivi: l'andamento della trance ipnotica non è lineare, ma ha un andamento a yo-yo, con punte che sfiorano livelli profondi di ipnosi e altri livelli più superficiali. Il rischio, specie in interventi di lunga durata, è che la trance si alleggerisca e il soggetto di risvegli. E' un rischio calcolato che si può prevenire con un buon lavoro preparatorio di rapport tra ipnotista e soggetto ipnotizzato, e sapendo esattamente cosa si sta facendo e perché. Difatti le persone sottoposte all'anestesia ipnotica, di fatto non avevano scelta per problemi di allergia all'anestetico.
Questo per spiegare che non è un gioco, non è un trucco né una magia: è una pratica che richiede preparazione, grande competenza di ipnosi medica e un pizzico di fortuna per scongiurare complicazioni (pur sempre di intervento si tratta).
A questo punto ritengo meritino un approfondimento le parole riportate dalla paziente, cui seguirà una mia personale esegesi:
"“Mentre mi operavano la mia mente è andata in un luogo della mia prima infanzia, la roccia ‘Culunzu pertuntu’ di Ardauli: era un posto familiare, dove la mia mente ha scelto di rifugiarsi perché mi trasmetteva serenità. Allo stesso tempo – prosegue la Ibba nello straordinario racconto dell’operazione sotto ipnosi – sentivo i due medici che mi parlavano, sentivo le mani del chirurgo e la pressione sul mio torace, ho sentito anche quando mi hanno sistemato il pacemaker e messo i punti. Percepivo tutte queste sensazioni senza provare dolore e allo stesso tempo osservavo il mio corpo dall’alto e vedevo con precisione cosa accadeva in sala operatoria”.
Il posto familiare dove rifugiarsi è una nota tecnica chiamata safe place o secure place, in italiano posto sicuro, e serve esattamente a ciò che ha riferito la signora nelle righe sopra: a trasmettere sicurezza e serenità, quindi qualità affettive. Vedere il corpo dall'alto è un'esperienza comune in vari fenomeni mistici ed esoterci, come i viaggi astrali, viaggi fuori dal corpo, near death experience (NDE), replicabile in ipnosi nei buoni soggetti ipnotici, utilizzando un fenomeno ipnotico chiamato "dissociazione mente-corpo". In questo caso la suggestione data è di uscire dal proprio corpo e osservarsi dall'alto, congiuntamente a un'amnesia selettiva o parziale, per cui la persona avrebbe sentito tutte le sensazioni eccetto il dolore.
E' stato un pieno successo, quindi non resta che congratularsi con l'intera equipe che ha permesso una simile procedura pionieristica.
In 8 anni che collaboro con la terapia del dolore dell'ospedale Brotzu ho trattato centinaia di casi di cefalea, fibromialgia, sindrome del colon irritabile, e in generale altre patologie con dolore cronico, per cui conosco bene a livello internazionale le tecniche usate e i vari campi di applicazione.
Non può che farmi piacere la risonanza mediatica che sta avendo l'ipnosi medica in ambito chirurgico.
Spero che sia l'imput per ampliare il livello di informazione, e schiodare per una buona volta il concetto di ipnosi dalla figura del Giucas Casella nazionale.
Dott. Delogu
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martedì 8 luglio 2014
Litigi in casa? Se non vi riguardano direttamente, prendete il largo.
I ricordi del passato si possono trasformare, modificare, cambiare, e così facendo si modifica la consapevolezza che abbiamo di un evento.
Ma cosa fare se in casa nostra c'è un clima di tensione legato a incomprensioni tra i componenti?
Se la cosa non ci riguarda direttamente, ma siamo persone permeabili alle tensioni in casa, il sistema migliore è quello di porre una distanza fisica tra noi e l'oggetto della tensione.
In questo caso il detto "lontano dagli occhi lontano dal cuore", "out of sight, out of mind", "occhio non vede, cuore non duole" si rivela particolarmente prezioso.
Ecco alcune semplici regole per riuscire a sopravvivere senza eccessivi danni personali in situazioni familiari complicate -ricordiamoci che in alcuni casi, l'obiettivo principale è smettere di peggiorare, prima di pensare di star bene:
1) regola dei 10 secondi: scoppia un litigio tra familiari che non ci riguarda? Entro 10 secondi dall'inizio dobbiamo essere lontani in un posto dal quale non possiamo sentire ciò che accade. Può significare uscire di casa, o chiudersi in stanza con gli auricolari per ascoltare musica
2) La mente è fatta per pensare. Se ci allontaniamo ma restiamo a rimuginare su ciò che abbiamo sentito qualche attimo prima, non ne usciremo mai e il pensiero ci tormenterà. Quindi trovare qualcosa da fare è fondamentale: chiamare qualcuno, ascoltare musica, guardarsi un video su youtube, guardare la tv, giocare con il gatto, qualsiasi cosa vi aiuti a impegnare la mente, anche l'autoipnosi se la sapete fare.
3) Se le cose si mettono male e si vive in casa coi genitori, , entrare nell'ottica che un cambio di domicilio è la pozione miracolosa per uscire da una situazione familiare complicata. Vivere da soli in un colpo solo butta già una convivenza spiacevole, discussioni per ogni 3X2... finalmente liberi. Il lavoro diventerà una priorità.
Tutto qui?
No, esistono delle tecniche, delle quali avremo modo di parlarne a breve.
Dott. Delogu
Ma cosa fare se in casa nostra c'è un clima di tensione legato a incomprensioni tra i componenti?
Se la cosa non ci riguarda direttamente, ma siamo persone permeabili alle tensioni in casa, il sistema migliore è quello di porre una distanza fisica tra noi e l'oggetto della tensione.
In questo caso il detto "lontano dagli occhi lontano dal cuore", "out of sight, out of mind", "occhio non vede, cuore non duole" si rivela particolarmente prezioso.
Ecco alcune semplici regole per riuscire a sopravvivere senza eccessivi danni personali in situazioni familiari complicate -ricordiamoci che in alcuni casi, l'obiettivo principale è smettere di peggiorare, prima di pensare di star bene:
1) regola dei 10 secondi: scoppia un litigio tra familiari che non ci riguarda? Entro 10 secondi dall'inizio dobbiamo essere lontani in un posto dal quale non possiamo sentire ciò che accade. Può significare uscire di casa, o chiudersi in stanza con gli auricolari per ascoltare musica
2) La mente è fatta per pensare. Se ci allontaniamo ma restiamo a rimuginare su ciò che abbiamo sentito qualche attimo prima, non ne usciremo mai e il pensiero ci tormenterà. Quindi trovare qualcosa da fare è fondamentale: chiamare qualcuno, ascoltare musica, guardarsi un video su youtube, guardare la tv, giocare con il gatto, qualsiasi cosa vi aiuti a impegnare la mente, anche l'autoipnosi se la sapete fare.
3) Se le cose si mettono male e si vive in casa coi genitori, , entrare nell'ottica che un cambio di domicilio è la pozione miracolosa per uscire da una situazione familiare complicata. Vivere da soli in un colpo solo butta già una convivenza spiacevole, discussioni per ogni 3X2... finalmente liberi. Il lavoro diventerà una priorità.
Tutto qui?
No, esistono delle tecniche, delle quali avremo modo di parlarne a breve.
Dott. Delogu
giovedì 19 giugno 2014
Si può cambiare il passato?
Cari lettori,
certi eventi segnano la nostra vita, alcuni in positivo, altri in negativo. Ma cosa fare quando capita qualcosa che fa cambiare rotta all'approccio che abbiamo al nostro vivere?
Aspettare funziona? Il tempo guarisce davvero ogni ferita?
Purtroppo no, ci sono traumi che rimangono inalterati nel tempo nonostante siano passati 1, 10 o 30 anni.
Ma c'è una soluzione a tutto questo: è possibile modificare un ricordo, modificare il nostro passato e cambiare il modo in cui ricordiamo e percepiamo un ricordo.
Partiamo da qui: esistono diversi tipi di traumi, quelli che hanno a che vedere con la morte (pensiamo a un incidente con un unico sopravvissuto), traumi non mortali (maltrattamenti, molestie, violenze sessuali), traumi legati alla perdita di qualcuno (lutto, separazione, quando veniamo lasciati), e infine ci sono i traumi da omissione, che si verifica quando una persona vive con genitori assenti che non lo premiano, non festeggiano con lui il compleanno, e il trauma non è qualcosa che si fa, ma sta proprio nel non fare, nel non ricevere.
Ciascuno di questi traumi è possibile elaborarlo con una forma di psicoterapia specifica per i traumi, che prende il nome di EMDR, acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Riprocessare e desensibilizzarsi dal ricordo attraverso i movimenti oculari.
E' un forma di terapia rapida, un singolo evento si può elaborare in 1-3 sedute, mentre ricordi più complessi costituiti da più eventi, in 5-10 sedute. Considerato che altre forme di psicoterapia impiegano anni per ottenere risultati, a parità di problema, capirete la potenza di questa forma molto recente di terapia.
Nella mia personale esperienza, non ci sono mai state ricadute o viraggi sintomatologici, si tratta quindi di un protocollo standardizzato rapidi, con un'alta evidenza scientifica.
Vi segnalo quindi il sito ufficiale dell'EMDR nel quale potrete trovare informazioni, ricerche, tecniche etc.
E vi segnalo anche questa discussione su forumsalute.it, specifica sull'EMDR nel quale vengono date risposte a domande sulla tecnica, e riportate anche delle testimonianze.
Sono 11 pagine di discussione, perciò non mi rimane che augurarvi buona lettura e ricordate...
il passato si può cambiare.
Dott. Delogu
certi eventi segnano la nostra vita, alcuni in positivo, altri in negativo. Ma cosa fare quando capita qualcosa che fa cambiare rotta all'approccio che abbiamo al nostro vivere?
Aspettare funziona? Il tempo guarisce davvero ogni ferita?
Purtroppo no, ci sono traumi che rimangono inalterati nel tempo nonostante siano passati 1, 10 o 30 anni.
Ma c'è una soluzione a tutto questo: è possibile modificare un ricordo, modificare il nostro passato e cambiare il modo in cui ricordiamo e percepiamo un ricordo.
Partiamo da qui: esistono diversi tipi di traumi, quelli che hanno a che vedere con la morte (pensiamo a un incidente con un unico sopravvissuto), traumi non mortali (maltrattamenti, molestie, violenze sessuali), traumi legati alla perdita di qualcuno (lutto, separazione, quando veniamo lasciati), e infine ci sono i traumi da omissione, che si verifica quando una persona vive con genitori assenti che non lo premiano, non festeggiano con lui il compleanno, e il trauma non è qualcosa che si fa, ma sta proprio nel non fare, nel non ricevere.
Ciascuno di questi traumi è possibile elaborarlo con una forma di psicoterapia specifica per i traumi, che prende il nome di EMDR, acronimo di Eye Movement Desensitization and Reprocessing, Riprocessare e desensibilizzarsi dal ricordo attraverso i movimenti oculari.
E' un forma di terapia rapida, un singolo evento si può elaborare in 1-3 sedute, mentre ricordi più complessi costituiti da più eventi, in 5-10 sedute. Considerato che altre forme di psicoterapia impiegano anni per ottenere risultati, a parità di problema, capirete la potenza di questa forma molto recente di terapia.
Nella mia personale esperienza, non ci sono mai state ricadute o viraggi sintomatologici, si tratta quindi di un protocollo standardizzato rapidi, con un'alta evidenza scientifica.
Vi segnalo quindi il sito ufficiale dell'EMDR nel quale potrete trovare informazioni, ricerche, tecniche etc.
E vi segnalo anche questa discussione su forumsalute.it, specifica sull'EMDR nel quale vengono date risposte a domande sulla tecnica, e riportate anche delle testimonianze.
Sono 11 pagine di discussione, perciò non mi rimane che augurarvi buona lettura e ricordate...
il passato si può cambiare.
Dott. Delogu
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Dott. Giovanni Delogu
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giovedì 12 giugno 2014
Ipnosi regressiva: ciò che Brian Weiss e gli altri non dicono.
Buongiorno cari lettori,
i libri divulgativi sull'ipnosi regressiva sono certamente affascinanti, coinvolgenti e ben scritti, opere letterarie che danno speranza creando connessioni con un passato misterioso a cui ci sentiamo intimamente legati.
Ma ci sono delle realtà scomode di cui questi libri non parlano.
Nella realtà clinica non tutti i soggetti riescono a sviluppare la stessa profondità di trance ipnotica, e a dirla tutta solo pochissimi raggiungono un livello di trance profonda tale da far rivivere alla persona quegli episodi incredibili e fantastici, tali e quali la realtà, che vengono descritti nei vari libri sull'ipnosi regressiva. Le ricerche scientifiche parlano di un 15% della popolazione.
Il livello di trance dipende fortemente da due sole variabili: la capacità immaginativa (imagery involvement), cioè la capacità di immaginare e di immergersi totalmente nella propria immagine mentale, e il rapporto tra ipnotista e soggetto ipnotizzato.
Diamo per un attimo scontato quest'ultimo, e pensiamo a quante persone sono maniache del controllo, quante hanno estrema difficoltà a immaginare e a lasciarsi andare. Queste persone, in linea di massima potrebbero non essere dei buoni candidati per l'ipnosi regressiva.
Qui apro una parentesi importante: il termine "ipnosi regressiva" è tecnicamente scorretto, perché di fatto esiste l'ipnosi, e uno dei tanti modi di usare la psicoterapia ipnotica è di utilizzare il fenomeno ipnotico della regressione d'età. Quindi la la regressione temporale (passato) , o proiezione temporale (futuro) altro non sono che dei fenomeni ipnotici al pari della catalessia, scrittura automatica, amnesia, comando post ipnotico, allucinazioni visive etc. Risorse queste tipiche di vari livelli di trance ipnotica, che l'ipnotista sa utilizzare ai fini terapeutici.
A rigor di logica, se esistesse un'ipnosi regressiva (ipnosi che utilizza unicamente il fenomeno ipnotico delle regressione temporale), dovrebbe esistere anche un'ipnosi catalettica, un'ipnosi allucinatoria etc. ma così non è, pertanto il termine non è altro che un'escamotage letterario, uno slogan per identificare un fenomeno ipnotico, attribuendolo erroneamente a una forma terapeutica, come se fosse qualcosa di speciale, e che di fatto sconfina nel misticismo (come all'epoca di Mesmer nel 1800). Ipnosi regressiva o ipnosi regredita?
Dal mio personale punto di vista usare l'ipnosi solo nella forma regressiva è una forte limitazione, per ragioni tecniche e deontologiche.
La ragione tecnica riguarda l'esigua percentuale di persone in grado di sviluppare una regressione d'età con rivivificazione, ossia il rivivere il passato con allucinazione visive, uditive, cinestesiche, al punto che quella per noi è la realtà, dalla quale non ci si può risvegliare. Più o meno 8-9 persone su 10 non riescono a raggiungere quel livello di trance ipnotica.
La ragione deontologica riguarda il messaggio che si vuole far passare, di tipo spirituale -che mal si concilia con chi ha un credo diverso- e il fatto che vien da pensare che se non si ha un talento ipnotico straordinario, allora l'ipnosi non funziona.
Questo è un errore concettuale enorme, che purtroppo passa nei libri sull'ipnosi regressiva: se non rivivi sei fuori, ti tieni il problema.
Nella realtà clinica, un alto livello di ipotizzabilità non si correla in alcun modo con una maggiore percentuale di successo terapeutico.
Avete capito bene: non è che se una persona ha un impatto più profondo con le suggestioni ipnotiche, allora risolverà il problema meglio e più in fredda rispetto a un soggetto ipnotico medio. Ciò che realmente fa la differenza è il lavoro terapeutico, le scelte tecniche che si fanno durante la trance, la capacità di adattare il lavoro alla persona che abbiamo davanti.
Capita spesso inoltre che soggetti altamente ipnotizzabili, riescano a entrare molto bene nei primi ricordi dell'infanzia, ma tornando ancora indietro non rievochino alcuna immagine o ricordo. Semplicemente il nulla. E ciò capita più frequentemente di quanto possiate immaginare.
Questo per dire che il fenomeno della regressione d'età ha dei limiti sostanziali, per non parlare dell'attendibilità degli eventuali ricordi emersi.
Questa breve disamina per dirvi quindi alcune cose:
1) nei filmati su internet vengono mostrati solo i successi terapeutici, non gli insuccessi. Attenzione.
2) siamo tutti diversi, non bisogna credere a tutto ciò che si vede o si legge in materia.
3) la psicoterapia ipnotica è una forma di psicoterapia ad ampio raggio che aiuta le persone a superare difficoltà di vario genere utilizzando protocolli, metodi, stili e dinamiche profondamente diverse a seconda della persona.
4) applicare la stessa tecnica ipnotica su tutti si è rivelata statisticamente un fallimento dal punto di vista dell'efficacia terapeutica.
Consiglio personale, se volete risolvere un problema, valutate assieme allo psicoterapeuta quali sono le strade percorribili: più chance, più possibilità di risolvere il problema.
Come sempre, se siete di Cagliari, della Sardegna, o ovunque voi siate, sono a vostra disposizione.
Dott. Delogu
i libri divulgativi sull'ipnosi regressiva sono certamente affascinanti, coinvolgenti e ben scritti, opere letterarie che danno speranza creando connessioni con un passato misterioso a cui ci sentiamo intimamente legati.
Ma ci sono delle realtà scomode di cui questi libri non parlano.
Nella realtà clinica non tutti i soggetti riescono a sviluppare la stessa profondità di trance ipnotica, e a dirla tutta solo pochissimi raggiungono un livello di trance profonda tale da far rivivere alla persona quegli episodi incredibili e fantastici, tali e quali la realtà, che vengono descritti nei vari libri sull'ipnosi regressiva. Le ricerche scientifiche parlano di un 15% della popolazione.
Il livello di trance dipende fortemente da due sole variabili: la capacità immaginativa (imagery involvement), cioè la capacità di immaginare e di immergersi totalmente nella propria immagine mentale, e il rapporto tra ipnotista e soggetto ipnotizzato.
Diamo per un attimo scontato quest'ultimo, e pensiamo a quante persone sono maniache del controllo, quante hanno estrema difficoltà a immaginare e a lasciarsi andare. Queste persone, in linea di massima potrebbero non essere dei buoni candidati per l'ipnosi regressiva.
Qui apro una parentesi importante: il termine "ipnosi regressiva" è tecnicamente scorretto, perché di fatto esiste l'ipnosi, e uno dei tanti modi di usare la psicoterapia ipnotica è di utilizzare il fenomeno ipnotico della regressione d'età. Quindi la la regressione temporale (passato) , o proiezione temporale (futuro) altro non sono che dei fenomeni ipnotici al pari della catalessia, scrittura automatica, amnesia, comando post ipnotico, allucinazioni visive etc. Risorse queste tipiche di vari livelli di trance ipnotica, che l'ipnotista sa utilizzare ai fini terapeutici.
A rigor di logica, se esistesse un'ipnosi regressiva (ipnosi che utilizza unicamente il fenomeno ipnotico delle regressione temporale), dovrebbe esistere anche un'ipnosi catalettica, un'ipnosi allucinatoria etc. ma così non è, pertanto il termine non è altro che un'escamotage letterario, uno slogan per identificare un fenomeno ipnotico, attribuendolo erroneamente a una forma terapeutica, come se fosse qualcosa di speciale, e che di fatto sconfina nel misticismo (come all'epoca di Mesmer nel 1800). Ipnosi regressiva o ipnosi regredita?
Dal mio personale punto di vista usare l'ipnosi solo nella forma regressiva è una forte limitazione, per ragioni tecniche e deontologiche.
La ragione tecnica riguarda l'esigua percentuale di persone in grado di sviluppare una regressione d'età con rivivificazione, ossia il rivivere il passato con allucinazione visive, uditive, cinestesiche, al punto che quella per noi è la realtà, dalla quale non ci si può risvegliare. Più o meno 8-9 persone su 10 non riescono a raggiungere quel livello di trance ipnotica.
La ragione deontologica riguarda il messaggio che si vuole far passare, di tipo spirituale -che mal si concilia con chi ha un credo diverso- e il fatto che vien da pensare che se non si ha un talento ipnotico straordinario, allora l'ipnosi non funziona.
Questo è un errore concettuale enorme, che purtroppo passa nei libri sull'ipnosi regressiva: se non rivivi sei fuori, ti tieni il problema.
Nella realtà clinica, un alto livello di ipotizzabilità non si correla in alcun modo con una maggiore percentuale di successo terapeutico.
Avete capito bene: non è che se una persona ha un impatto più profondo con le suggestioni ipnotiche, allora risolverà il problema meglio e più in fredda rispetto a un soggetto ipnotico medio. Ciò che realmente fa la differenza è il lavoro terapeutico, le scelte tecniche che si fanno durante la trance, la capacità di adattare il lavoro alla persona che abbiamo davanti.
Capita spesso inoltre che soggetti altamente ipnotizzabili, riescano a entrare molto bene nei primi ricordi dell'infanzia, ma tornando ancora indietro non rievochino alcuna immagine o ricordo. Semplicemente il nulla. E ciò capita più frequentemente di quanto possiate immaginare.
Questo per dire che il fenomeno della regressione d'età ha dei limiti sostanziali, per non parlare dell'attendibilità degli eventuali ricordi emersi.
Questa breve disamina per dirvi quindi alcune cose:
1) nei filmati su internet vengono mostrati solo i successi terapeutici, non gli insuccessi. Attenzione.
2) siamo tutti diversi, non bisogna credere a tutto ciò che si vede o si legge in materia.
3) la psicoterapia ipnotica è una forma di psicoterapia ad ampio raggio che aiuta le persone a superare difficoltà di vario genere utilizzando protocolli, metodi, stili e dinamiche profondamente diverse a seconda della persona.
4) applicare la stessa tecnica ipnotica su tutti si è rivelata statisticamente un fallimento dal punto di vista dell'efficacia terapeutica.
Consiglio personale, se volete risolvere un problema, valutate assieme allo psicoterapeuta quali sono le strade percorribili: più chance, più possibilità di risolvere il problema.
Come sempre, se siete di Cagliari, della Sardegna, o ovunque voi siate, sono a vostra disposizione.
Dott. Delogu
lunedì 12 maggio 2014
Ipnosi, yoga e psiconcologia.
Buonasera cari lettori,
volevo ricordarvi che il giorno mercoledì 14 maggio dalle ore 18 alle ore 19,30 presso la sala Thun dell'ospedale Microcitemico di Cagliari si terrà il seminario dal titolo: YOGA, IPNOSI, PSICONCOLOGIA SI INCONTRANO PER UN APPROCCIO INTEGRATO ALLA PERSONA.
L'occasione è più unica che rara: è davvero difficile trovare in un unico seminario 3 professionisti che usano metodiche diverse, che armonizzano il loro intervento al fine di trovare un punto di incontro, un'unica voce, considerando le differenze tecniche e culturali, i punti di forza e di debolezza di ciascuno.
La sala dispone di 100 posti, perciò accorrete numerosi e non ve ne pentirete.
Dott. Delogu
volevo ricordarvi che il giorno mercoledì 14 maggio dalle ore 18 alle ore 19,30 presso la sala Thun dell'ospedale Microcitemico di Cagliari si terrà il seminario dal titolo: YOGA, IPNOSI, PSICONCOLOGIA SI INCONTRANO PER UN APPROCCIO INTEGRATO ALLA PERSONA.
L'occasione è più unica che rara: è davvero difficile trovare in un unico seminario 3 professionisti che usano metodiche diverse, che armonizzano il loro intervento al fine di trovare un punto di incontro, un'unica voce, considerando le differenze tecniche e culturali, i punti di forza e di debolezza di ciascuno.
La sala dispone di 100 posti, perciò accorrete numerosi e non ve ne pentirete.
Dott. Delogu
giovedì 24 aprile 2014
Prima seduta con un ipnotista: cosa si fa esattamente. Alcune importanti precisazioni.
sapete che fare una prima seduta con uno psicologo non è come fare una chiacchierata con un amico, ne ho parlato già qui nella parte 1 e nella parte 2
Chiamiamo le cose col loro nome: colloquio clinico.
Il colloquio clinico è uno dei modelli di colloquio in psicologia clinica, razionalizzata dal nomenclatore e tariffario dell'Ordine Nazionale degli Psicologi che trovate qui.
Per praticità il primo colloquio psicologico viene diviso in fasi:
1) Raccolta dei dati anamnestici
2) analisi della domanda,
3) ricostruire i processi che sottendono il problema riportato,
4) individuare gli obiettivi della terapia immediati e a lungo termine dell'eventuale trattamento,
5) identificare le modalità di trattamento appropriate
6)decidere circa la possibilità della presa in carico.
Sembra tutto facile? Vi assicuro che quando si presenta una persona che di fronte alla domanda "qual'è l'obiettivo della terapia?", risponde "non lo so", è necessario indirizzare strategicamente il colloquio con tecniche evolute proprie della cassetta degli attrezzi dello psicologo o dello psichiatra.
Queste sono le grandi differenze tra una chiacchierata con un amico e un primo colloquio clinico con uno psicoterapeuta.
Il primo colloquio è un momento molto impegnativo, a volte più della 5° o 7° seduta, e per tutte queste ragioni è a pagamento.
Entrando nel mio lavoro specifico di psicoterapeuta che usa (anche e non solo) l'ipnosi ericksoniana, può capitare che durante 1° colloquio (o prima seduta), a seconda dei contenuti emersi non ci sia il tempo di fare usare l'ipnosi, e vorrei fosse chiaro che questo non dipende dalla mia volontà ma dal fatto che talvolta la sola analisi della domanda e spiegazione dell'approccio possono richiedere un'ora intera. Ciò non toglie che abbia fatto e farò sempre il possibile (e l'impossibile) per includere nel primo colloquio un approccio pratico preliminare di ipnosi, talvolta sforando oltre l'orario della seduta, ma questo a volte non è possibile.
Per i pochi che l'hanno pensato, tengo a precisare che questo mio comportamento è una mia libera scelta, ma non è dovuto. Ciò implica che non sono tenuto a fare ipnosi "alla cieca", se non ho un quadro preciso della persona, o se ho i minuti contati.
Sono uno psicoterapeuta specializzato in psicoterapia ipnotica e iscritto a un ordine professionale degli psicologi, non un "ipnotista"che ha fatto un corso di 3 giorni, pertanto ho dei doveri di tutela verso la persona che si rivolge a me, sia nel valutare lo strumento più adatto alla persona che ho di fronte, sia nel decidere se prenderla in carico o no.
Grazie.
Dott. Delogu
mercoledì 16 aprile 2014
Ipnosi istantanea: la mia esperienza.
Per diverso tempo mi sono occupato del fenomeno dell'ipnosi istantanea o ipnosi rapida, in inglese "istant induction", "speed hypnosis", "speed trance", e divenne per me un tormentone, quasi un'ossessione. Ma andiamo con ordine.
Ero già al 3° anno della scuola di psicoterapia ipnotica, avevo già visto molti video su youtube che mi lasciavano incredulo, a tratti scettico. Video come questo sotto.
Mi chiedevo: se questo tipo di ipnosi è reale, perché non la usano tutti? Se è possibile mandare in trance una persona in 2 secondi, perché non farlo sempre?
Mi chiedevo: se questo tipo di ipnosi è reale, perché non la usano tutti? Se è possibile mandare in trance una persona in 2 secondi, perché non farlo sempre?
La mia visione dell'ipnosi all'epoca era fortemente incentrata sulla tecnica, sull'eseguire i protocolli, e non sulla relazione e sul processo terapeutico. Avevo ancora bisogno di "imparare l'arte", prima di metterla da parte.
Nella scuola di specializzazione in psicoterapia ipnotica nessuno sapeva usare quelle tecniche, né sapevano spiegare le dinamiche, e io ne ero quanto mai incuriosito.
La svolta avvenne nel congresso internazionale di ipnosi tenutosi a Roma diversi anni fa, quando un medico tenne una interessantissima relazione su questo tipo di induzione, con dimostrazioni finali.
La sala era strapiena, a differenza di altre sale con relazioni più "impegnate" e questo mi fece pensare come gli aspetti spettacolari dell'ipnosi (e non solo) forniscano sempre un richiamo eccezionale anche per chi è già esperto del settore.
Queste tecniche funzionano? Rispondere con un sì o con un no sarebbe troppo riduttivo. La risposta corretta è: dipende dal contesto, dal rapport, dal livello di ipotizzabilità del soggetto e da ciò che in inglese prende il nome di "confidence", cioè la ferma convinzione dell'ipnotista che il soggetto andrà in trance al 100%. La tecnica in sé è un rituale "magico" che dà sicurezza all'ipnotista, e per il soggetto ipnotizzato è come il rito dello sciamano che lo trasformerà. C'è dell'atavico, dell'ancestrale in questa forma di comunicazione.
Ma la tecnica è solo un mezzo per dare il permesso al soggetto di entrare in trance, non è un interruttore on-off. Esistono infatti tecniche di ipnosi senza contatto corporeo, senza shock, senza l'uso della parola, che in inglese prende il nome di fascination, in italiano "fascinazione", cioè mandare in trance una persona attraverso la fissazione dello sguardo (sì, come Mandrake). Guardate qui
Ma la tecnica è solo un mezzo per dare il permesso al soggetto di entrare in trance, non è un interruttore on-off. Esistono infatti tecniche di ipnosi senza contatto corporeo, senza shock, senza l'uso della parola, che in inglese prende il nome di fascination, in italiano "fascinazione", cioè mandare in trance una persona attraverso la fissazione dello sguardo (sì, come Mandrake). Guardate qui
Tecniche da strada, da palco, ne esistono a decine se non a centinaia -e su youtube ciascuno mostra la propria personalizzata- , ma non bisogna cadere nell'errore di pensare "se muovo le mani in quel modo, lo fisso, allora va in trance", perché non è la tecnica che funziona, qualunque tecnica sia, anche la più complessa, ma il contesto di ipnosi, la sicurezza assoluta dell'ipnotista, una forte alleanza col soggetto che fanno funzionare la tecnica.
L'ipnosi funziona anche senza usare le 8-words, o arm-pull, hand shake, e questo deve far pensare che la magia non sta nella tecnica più o meno eclatante, ma in ciò che trasmette una persona a un'altra.
E' per me obbligatorio a questo punto, dopo aver praticato moltissime induzioni con le tecniche di ipnosi istantanea, spiegare perché non le applico più, salvo, su richiesta in eventi di formazione.
La ragione principale è che questo modo di fare ipnosi mette in risalto il mito del potere dell'ipnotista che è in grado di far perdere il controllo a una persona con una misteriosa tecnica, o attraverso misteriosi poteri personali. Questo è totalmente FALSO, e alimenta quelle paure popolari dell'ipnosi che con grandi sforzi cerco di contrastare col mio lavoro. Se ci fosse una persona che non crede "a quelle cose" al posto del soggetto del video sopra, vi assicuro che come il tipo sventola la mano davanti alla sua faccia, quello non aspetterebbe un solo attimo per andarsene, o per ridergli in faccia. Se un soggetto oppone resistenza, l'ipnosi non funziona.
Il secondo motivo è che per praticare queste tecniche bisogna invadere lo spazio personale dell'individuo ed esercitare un alto grado di dominio sull'altro, e per motivi deontologici trovo questo profondamente scorretto in un contesto di psicoterapia.
Il terzo motivo è il concetto di pericolosità dell'ipnosi: chi assiste a queste scene e vede una persona a cui vuole bene crollare in avanti come l'ipnotista fa un gesto, come minimo si preoccupa, e non si sottoporrà mai a una psicoterapia che usa l'ipnosi come tecnica. Perché alle persone non piace l'idea di perdere il controllo, e a essere sincero nemmeno a me.
In conclusione, queste tecniche vanno bene solo in ambienti di spettacolo, per stupire un pubblico, e far aleggiare nell'aria il concetto di potere misterioso dell'ipnotista che ha fatto sognare scrittori e registi.
In un contesto di psicoterapia queste tecniche sono del tutto inadatte, per ragioni psicodinamiche di dipendenza dal terapeuta, per equilibri disfunzionali terapeuta troppo potente-soggetto troppo passivo, e per i limiti di queste tecniche che non funzionano coi soggetti scarsamente ipnotizzabili.
Rimane comunque un argomento estremamente affascinante, e vale la pena fermarsi a riflettere sulle possibilità della mente umana.
Dott. Delogu
L'ipnosi funziona anche senza usare le 8-words, o arm-pull, hand shake, e questo deve far pensare che la magia non sta nella tecnica più o meno eclatante, ma in ciò che trasmette una persona a un'altra.
E' per me obbligatorio a questo punto, dopo aver praticato moltissime induzioni con le tecniche di ipnosi istantanea, spiegare perché non le applico più, salvo, su richiesta in eventi di formazione.
La ragione principale è che questo modo di fare ipnosi mette in risalto il mito del potere dell'ipnotista che è in grado di far perdere il controllo a una persona con una misteriosa tecnica, o attraverso misteriosi poteri personali. Questo è totalmente FALSO, e alimenta quelle paure popolari dell'ipnosi che con grandi sforzi cerco di contrastare col mio lavoro. Se ci fosse una persona che non crede "a quelle cose" al posto del soggetto del video sopra, vi assicuro che come il tipo sventola la mano davanti alla sua faccia, quello non aspetterebbe un solo attimo per andarsene, o per ridergli in faccia. Se un soggetto oppone resistenza, l'ipnosi non funziona.
Il secondo motivo è che per praticare queste tecniche bisogna invadere lo spazio personale dell'individuo ed esercitare un alto grado di dominio sull'altro, e per motivi deontologici trovo questo profondamente scorretto in un contesto di psicoterapia.
Il terzo motivo è il concetto di pericolosità dell'ipnosi: chi assiste a queste scene e vede una persona a cui vuole bene crollare in avanti come l'ipnotista fa un gesto, come minimo si preoccupa, e non si sottoporrà mai a una psicoterapia che usa l'ipnosi come tecnica. Perché alle persone non piace l'idea di perdere il controllo, e a essere sincero nemmeno a me.
In conclusione, queste tecniche vanno bene solo in ambienti di spettacolo, per stupire un pubblico, e far aleggiare nell'aria il concetto di potere misterioso dell'ipnotista che ha fatto sognare scrittori e registi.
In un contesto di psicoterapia queste tecniche sono del tutto inadatte, per ragioni psicodinamiche di dipendenza dal terapeuta, per equilibri disfunzionali terapeuta troppo potente-soggetto troppo passivo, e per i limiti di queste tecniche che non funzionano coi soggetti scarsamente ipnotizzabili.
Rimane comunque un argomento estremamente affascinante, e vale la pena fermarsi a riflettere sulle possibilità della mente umana.
Dott. Delogu
mercoledì 9 aprile 2014
Fibromialgia: una testimonianza di coraggio.
Finalmente è arrivata la notizia che aspettavo! Il 26 marzo 2014 l'ANSA ha pubblicato la seguente notizia, presa dal Washington Post: Malata di Fibromialgia si allena a traversare a nuoto il canale inglese - nuota "contro il dolore".
Retroscena: partecipavo in qualità di relatore al convegno sulla fibromialgia a Cagliari del 2013, con un intervento sugli aspetti psicologici e sulle tecniche di gestione dell'ansia e del dolore. Di fronte a me un pubblico composto da persone con la fibromialgia. Sul palco col microfono comincio a parlare dell'impatto della malattia, e passando ai trattamenti e la loro efficacia, spiego che l'approccio multidisciplinare è quello d'elezione. Rifletto sul fatto che, malgrado ciò, la maggior parte delle fibromialgiche optano per una mono-terapia: quella farmacologica. Pur sapendo che l'immobilità peggiori la situazione, queste persone si rifiutano di fare qualunque attività fisica, a parole sono molto collaborative ma nei fatti vogliono prendere solo i farmaci aspettando che sia il farmaco a guarirle, quindi qualcosa di esterno, non di interno.
Sì, lo ammetto, mentre spiegavo queste cose provavo rabbia, perché nessuno si rifiuta di fare fisioterapia in seguito a una frattura solo perché prova dolore. E sappiamo che la riabilitazione dopo un ingessamento è molto molto dolorosa, ma nessuno -malgrado il dolore- dice "mi fa male, non lo faccio", perché sanno che se stanno fermi non guariranno mai, e se sudano per mesi con la riabilitazione, poi miglioreranno. Con la fibromialgia il discorso è identico, solo che queste persone, sbagliando e sapendo di sbagliare, dicono "sto male, sto ferma altrimenti peggioro". In entrambi i casi, della frattura e della fibromialgia, il dolore non è un campanello d'allarme, ma è un dolore che va ignorato, sopportato e superato. So che nel breve termine i dolori della fibromialgia aumentano, così come aumentava il dolore a un dito della mano quando mi presi una distorsione. Ma in quel caso l'ortopedico fu chiaro: "inizialmente il dolore sarà un segnale di pericolo, per cui dovrai tenere fermo il dito; ma poi il dolore smetterà di avere quel significato, e dovrai combatterlo". E così feci, con esercizi duri sulla chitarra classica, ogni giorno più volte al giorno, e ottenni dei miglioranti notevoli.
A un certo punto chiesi alla platea: "alzi la mano chi assume una terapia farmacologica". E tutte le mani si alzarono.
"Bene, ora alzi la mani chi, oltre alla terapia farmacologica, fa anche una psicoterapia". Meno della metà delle mani di prima si alzarono.
"Ora chi fa psicoterapia, terapia farmacologica e yoga". Pochissime mani alzate.
"Chi fa terapia farmacologica, psicoterapia, yoga e nuoto". 2 mani alzate.
Ho sentito molto spesso persone che dicevano "ieri sono stata un po' meglio e ho pulito tutta la casa, poi mi sono fermata per i dolori", forse pensando che pulire la casa abbia lo stesso effetto aerobico del nuoto, o forse perché pulire la casa ha una valenza psicologica più significativa del nuoto, o forse perché sono chiamate a compiere un dovere, partendo dal presupposto che la cura della propria persona occupa sempre l'ultimo posto.
Signore e signori fibromialgiche, al di là di tutte le giustificazioni o spiegazioni che possiamo darci, nell'articolo sopra c'è la dimostrazione che allenandosi col nuoto con esercizi ad alta intensità, mettendoci impegno, costanza e determinazione, si ha un miglioramento significativo dei sintomi della fibromialgia. Se volete un'altra prova, nel sito americano sulla fibromialgia viene spiegato ulteriormente il beneficio oggettivo dell'attività aerobica, come il nuoto.
In inglese si dice "no pain, no gain": nessun dolore, nessun miglioramento. Ora sta a voi scegliere se restare bloccate in casa ad assumere costosi quanto inutili integratori, o uscire di casa e decidere di cambiare la vostra vita.
Scrive la nuotatrice fibromialgica Katie Pumphrey: "non è importante focalizzarsi sul perché, è importante focalizzarsi su come gestirlo".
Ciascuno di noi è libero di continuare a lamentarsi senza fare niente di attivo, o di prendere in mano la propria vita e scalare la montagna.
Raccontò una volta Milton Erickson, grande psichiatra padre dell'ipnosi moderna, che una sera andò da lui una signora raccontandogli che aveva provati in tutti i modi di dimagrire senza esserci riuscita, e chiedendogli di utilizzare con lei l'ipnosi per farle raggiungere il suo scopo.
Egli le rispose che se voleva fare ipnosi con lui doveva prima scalare il monte Squaw Peak alle sue spalle. (immagine a sinistra)
La bellezza del viaggio sta nella meta che si deve raggiungere, ma da un altro punto di vista nella bellezza del viaggio stesso. Se fosse riuscita a scalare lo Squaw Peak, nella mente di quella persona sarebbe apparsa una porta con su scritto "possibilità": se sono in grado di scalare una montagna, sarò anche in grado di perdere peso. Non è un intervento magico esterno che ci cambia, ma è un cambiamento interno che avvia una serie di trasformazioni esterne.
Molto bello il reportage di uno psicologo psicoterapeuta americano che ha scalato lo Squaw Peack e ne ha scritto le impressioni http://www.charliefantechi.com/eng/the-earth-is-flat/
Allenate la vostra mente e il vostro corpo a fare 3000 metri in acqua, poi riparleremo di fibromialgia e ipnosi.
Promesso.
Dott. Delogu
Retroscena: partecipavo in qualità di relatore al convegno sulla fibromialgia a Cagliari del 2013, con un intervento sugli aspetti psicologici e sulle tecniche di gestione dell'ansia e del dolore. Di fronte a me un pubblico composto da persone con la fibromialgia. Sul palco col microfono comincio a parlare dell'impatto della malattia, e passando ai trattamenti e la loro efficacia, spiego che l'approccio multidisciplinare è quello d'elezione. Rifletto sul fatto che, malgrado ciò, la maggior parte delle fibromialgiche optano per una mono-terapia: quella farmacologica. Pur sapendo che l'immobilità peggiori la situazione, queste persone si rifiutano di fare qualunque attività fisica, a parole sono molto collaborative ma nei fatti vogliono prendere solo i farmaci aspettando che sia il farmaco a guarirle, quindi qualcosa di esterno, non di interno.
Sì, lo ammetto, mentre spiegavo queste cose provavo rabbia, perché nessuno si rifiuta di fare fisioterapia in seguito a una frattura solo perché prova dolore. E sappiamo che la riabilitazione dopo un ingessamento è molto molto dolorosa, ma nessuno -malgrado il dolore- dice "mi fa male, non lo faccio", perché sanno che se stanno fermi non guariranno mai, e se sudano per mesi con la riabilitazione, poi miglioreranno. Con la fibromialgia il discorso è identico, solo che queste persone, sbagliando e sapendo di sbagliare, dicono "sto male, sto ferma altrimenti peggioro". In entrambi i casi, della frattura e della fibromialgia, il dolore non è un campanello d'allarme, ma è un dolore che va ignorato, sopportato e superato. So che nel breve termine i dolori della fibromialgia aumentano, così come aumentava il dolore a un dito della mano quando mi presi una distorsione. Ma in quel caso l'ortopedico fu chiaro: "inizialmente il dolore sarà un segnale di pericolo, per cui dovrai tenere fermo il dito; ma poi il dolore smetterà di avere quel significato, e dovrai combatterlo". E così feci, con esercizi duri sulla chitarra classica, ogni giorno più volte al giorno, e ottenni dei miglioranti notevoli.
A un certo punto chiesi alla platea: "alzi la mano chi assume una terapia farmacologica". E tutte le mani si alzarono.
"Bene, ora alzi la mani chi, oltre alla terapia farmacologica, fa anche una psicoterapia". Meno della metà delle mani di prima si alzarono.
"Ora chi fa psicoterapia, terapia farmacologica e yoga". Pochissime mani alzate.
"Chi fa terapia farmacologica, psicoterapia, yoga e nuoto". 2 mani alzate.
Ho sentito molto spesso persone che dicevano "ieri sono stata un po' meglio e ho pulito tutta la casa, poi mi sono fermata per i dolori", forse pensando che pulire la casa abbia lo stesso effetto aerobico del nuoto, o forse perché pulire la casa ha una valenza psicologica più significativa del nuoto, o forse perché sono chiamate a compiere un dovere, partendo dal presupposto che la cura della propria persona occupa sempre l'ultimo posto.
Signore e signori fibromialgiche, al di là di tutte le giustificazioni o spiegazioni che possiamo darci, nell'articolo sopra c'è la dimostrazione che allenandosi col nuoto con esercizi ad alta intensità, mettendoci impegno, costanza e determinazione, si ha un miglioramento significativo dei sintomi della fibromialgia. Se volete un'altra prova, nel sito americano sulla fibromialgia viene spiegato ulteriormente il beneficio oggettivo dell'attività aerobica, come il nuoto.
In inglese si dice "no pain, no gain": nessun dolore, nessun miglioramento. Ora sta a voi scegliere se restare bloccate in casa ad assumere costosi quanto inutili integratori, o uscire di casa e decidere di cambiare la vostra vita.
Scrive la nuotatrice fibromialgica Katie Pumphrey: "non è importante focalizzarsi sul perché, è importante focalizzarsi su come gestirlo".
Ciascuno di noi è libero di continuare a lamentarsi senza fare niente di attivo, o di prendere in mano la propria vita e scalare la montagna.
Raccontò una volta Milton Erickson, grande psichiatra padre dell'ipnosi moderna, che una sera andò da lui una signora raccontandogli che aveva provati in tutti i modi di dimagrire senza esserci riuscita, e chiedendogli di utilizzare con lei l'ipnosi per farle raggiungere il suo scopo.
Egli le rispose che se voleva fare ipnosi con lui doveva prima scalare il monte Squaw Peak alle sue spalle. (immagine a sinistra)
La bellezza del viaggio sta nella meta che si deve raggiungere, ma da un altro punto di vista nella bellezza del viaggio stesso. Se fosse riuscita a scalare lo Squaw Peak, nella mente di quella persona sarebbe apparsa una porta con su scritto "possibilità": se sono in grado di scalare una montagna, sarò anche in grado di perdere peso. Non è un intervento magico esterno che ci cambia, ma è un cambiamento interno che avvia una serie di trasformazioni esterne.
Molto bello il reportage di uno psicologo psicoterapeuta americano che ha scalato lo Squaw Peack e ne ha scritto le impressioni http://www.charliefantechi.com/eng/the-earth-is-flat/
Allenate la vostra mente e il vostro corpo a fare 3000 metri in acqua, poi riparleremo di fibromialgia e ipnosi.
Promesso.
Dott. Delogu
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