Questi genitori dovranno rispondere alla richiesta di aiuto del figlio in maniera efficace. E non parlo di chiuderlo in una campana di vetro facendogli cambiare scuola. Il loro figlio non possiede le risorse per gestire le aggressioni dei compagni, quindi ha usato l'evitamento come unica risorsa disponibile. Pensateci: avrebbe potuto rispondere a tono ai compagni, minacciare qualcuno se necessario, allertare i genitori, professori, amici, si sarebbe potuto iscrivere a boxe e stenderne qualcuno e la cosa sarebbe finita lì. Non ha fatto niente di tutto ciò, sarà salito su un pullman senza un posto dove andare, senza soldi, senza un programma. Io questo lo chiamo grido di aiuto.
I genitori dovranno insegnargli un alfabeto sociale (e forse impararlo a loro volta) per gestire ogni genere di comunicazione: passiva, aggressiva, assertiva e manipolatoria.
Però viene da chiedersi: come mai a 13 anni tutti hanno imparato come gestirsi coi compagni, e lui no?
Posso formulare diverse ipotesi: genitori aggressivi possono strutturare un figlio passivo e succube; genitori passivi possono strutturare un figlio passivo per apprendimento per imitazione; genitori manipolatori possono manipolare il figlio e privarlo di ogni autonomia decisionale, facendo leva sui suoi sensi di colpa. Genitori passivo-aggressivi e anaffettivi possono portare un figlio a bloccare le emozioni, in primis la rabbia, se proibita dal contesto familiare. Ma cosa succede in un contesto extra-familiare dove valgono regole diverse se non opposte rispetto a quelle di casa? Dove ti mancano di rispetto quando a casa è obbligatorio rispettarsi? Dove i compagni ti prendono a calci e tu ha la rabbia bloccata perché nessuno ti ha mai insegnato/concesso di esprimerla?
Per questo motivo l'intera famiglia deve andare in terapia, perché se il figlio è scappato invece che chiedere aiuto ai genitori, significa che da quel versante c'è qualcosa che non funziona.
Poi, per carità, possiamo scagliare le lance contro i bulli privi di empatia, ma per come la vedo io la priorità è che quel ragazzino impari a stare in qualunque contesto sociale, invece che salire sul primo pullman e sparire nel nulla.
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