diverse persone sono venute da me in studio dicendo: "vorrei che lei con l'ipnosi mi facesse dimenticare un evento". In sostanza chiedevano che io, meccanico della mente, usassi le mie chiavi professionali per smontare il pezzo che mi indicano.
Questo fa la differenza tra un praticante di ipnosi e uno psicoterapeuta che utilizza l'ipnosi, differenza essenziale che vorrei spiegarvi, come sempre, col mio modo.
Il praticante di ipnosi usa l'ipnosi come tecnica per fare qualcosa al vostro servizio, per togliere l'ansia, per esempio, per far smettere di fumare, col risultato che la persona può smettere come può capitare che debba ricorrere all'ipnotista se l'ansia dovesse tornare, o il motivo per il quale non riusciva a smettere di fumare dovesse tornare alla carica. Perché dovete sapere che i sintomi se ne infischiano delle tecniche, perché sono lì per uno scopo, mai per caso.
Il praticante di ipnosi sa indurre una trance con relativi fenomeni ipnotici, ma non possiede gli strumenti diagnostici e clinici per capire la psicodinamica del sintomo e per lavorare sulla relazione.
Ho iniziato la mia carriera pensando che queste ultime due cose (psicodinamica del sintomo e relazione) fossero, in parole povere, perdite di tempo e parole vuote. Cosa vuol dire "lavorare sulla relazione?", mi dicevo. Credevo al potere magico dell'ipnosi che poteva far sparire sintomi psicologici in tempo rapido e breve, senza pormi una serie di domande di cui un bravo terapeuta bravo è ben consapevole.
Ma mi resi presto conto che tanto rapidamente un sintomo poteva retrocedere, quanto spesso poteva non smuoversi di 1 mm o sbloccarsi inizialmente per poi andare in stallo, a discapito di tecniche e strategie. Che fare, dunque? Cambi tecnica, strategia, punti tutto sull'esecuzione perfetta sulla carta, per poi capire di aver sbagliato tutto perché niente funziona come dovrebbe.
Quando si parla di ipnosi si parla di tecnica, per esempio come indurre una trance, come fare l'ipnosi frazionata, la levitazione della mano, e tutto questo è sacrosanto, è l'abc dell'ipnotista. Ma fare psicoterapia non è applicare tecniche. E' il saper strutturare un intervento terapeutico in base alla persona che abbiamo davanti. Questo significa che se arrivasse un'altra persona con sintomi simili dobbiamo capire la sua storia di vita, capire perché quella persona ha quel sintomo, fare l'analisi della domanda, stabilire obiettivi e meta-obiettivi, e strutturare un nuovo intervento necessariamente diverso perché siamo tutti diversi.
Talvolta il primo intervento è quello di lavorare sulla relazione terapeutica, non sulla tecnica ipnotica. Significa sintonizzarsi sulla persona che si ha di fronte, che, per esempio, se il suo problema è relazionale, bisogna mettere in conto che metterà in atto le stesse dinamiche disfunzionali con voi nella relazione terapeutica. Tecnicamente prende il nome di "cicli interpersonali".
Se venisse da voi una ragazza che porta il problema di non riuscire a tenere in piedi le relazioni sentimentali per più di 2 settimane, dobbiamo aspettarci che, molto presto, metterà in atto quelle dinamiche inconsapevoli anche col terapeuta. Lo stesso vale per dinamiche di passività etc.
A questo punto il praticante di ipnosi se ne infischia della relazione, perché è troppo preso dalla tecnica perfetta. La applica ma non si ottengono i risultati sperati, perché magari la paziente sviluppa una resistenza perché non si è lavorato per far evolvere la relazione dentro la terapia. Ed ecco allora che il praticante di ipnosi usa la tecnica indiretta per aggirare la resistenza, in un vortice circolare dove la tecnica genera il problema risolvibile con un'altra tecnica che genera un altro problema.
Mentre chi usa l'ipnosi come psicoterapia, sa che, prima di affrontare qualunque discorso tecnico, in un caso simile è necessario creare una base di fiducia, che vada ben oltre il "io la pago, lei esegue la prestazione". Questa non è fiducia, ma un rapporto commerciale.
Le basi per una psicoterapia sono diverse, e uno psicoterapeuta lavora affinché si raggiunga una base comune di partenza, mettendo in evidenza le dinamiche disfunzionali che emergono, facendo riflettere la persona a livello razionale sul suo comportamento. Si lavora sulla relazione per aumentare la consapevolezza, in primo luogo. Ed è chiaro che dobbiamo essere noi per primi estremamente consapevoli dei nostri meccanismi mentali per poter lavorare sulla relazione. Poi, in un secondo momento, si strutturerà un intervento sul quale lavorare assieme alla persona.
Tradurre in parole certe situazioni, vissuti personali e molle che scattano durante la terapia non è facile. Molti anni fa non capivo cosa volesse dire "lavorare sulla relazione" perché non è facile da spiegare, e va vissuto direttamente per capirlo. Se volete un approfondimento sulla relazione terapeutica e i cicli interpersonali, un collega ha scritto un bellissimo articolo che potete leggete cliccando qui
Spero che per voi sia chiaro ora l'importanza di rivolgervi sempre a personale qualificato riscontrabile attraverso l'ordine nazionale degli psicologi o dei medici.
Dott. Delogu, iscrizione ordine della Sardegna n°1414
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