Buongiorno lettori,
anche quest'anno si terrà il MIP, maggio di informazione psicologica, che si traduce con 1° colloquio gratuito con i colleghi aderenti (io e altre 5), e seminari gratuiti a raffica.
Per aderire ai seminari cliccate qui e se avete piacere di visitarla, c'è anche la pagina facebook.
3 seminari mi riguarderanno personalmente:
- venerdì 3 maggio ore 16: ipnosi regressiva: seminario esperienziale;
- sabato 4 maggio ore 17: come parlare in pubblico;
- venerdì 17 maggio ore 17: smettere di fumare.
Per prenotarvi ai seminari cliccate.
Ma se volete saperne di più, se volete conoscere di persona me e le altre colleghe che propongono iniziative interessantissime (scrittura creativa, gestione dell'ansia, training autogeno, e un'altra dozzina di seminari) vi aspettiamo all'incontro di presentazione che si terrà presso la MEM, Mediateca del Comune di Cagliari di via Mameli 164, il giorno martedì 16 aprile alle ore 17,30.
E' un modo semplice e gratuito per incontrare gente nuova, avvicinarsi al mondo della psicologia (o nel mio caso dell'ipnosi, e non solo) e passare un'ora diversa.
Poi se vi va prenotate sul momento una seduta gratuita con chi volete voi.
See you soon.
Dott. Delogu
Ipnosi e psicoterapia a Cagliari
CONTATTI
Tel. 3473095315 Mail: g.delogu@me.com
Studio: via Tuveri, 72 Cagliari (CA)
Sito: www.giovannidelogu.it
Instagram https://www.instagram.com/g.delogu/
giovedì 11 aprile 2013
Rapine sotto ipnosi: la verità (parte 1)
Buongiorno lettori. E' da un po' di tempo che non scrivo, ma vi dico subito che qualcosa bolle in pentola, e vi aggiornerò a tempo debito.
Molti anni fa restai folgorato da un articolo sul giornale di alcuni commercianti derubati sotto ipnosi. L'articolo letteralmente parlava di rapine sotto ipnosi.
La cosa aveva del misterioso, del trascendentale, così cominciai una ricerca, fatta di quelle poche, pochissime informazioni recuperabili sui libri o su una rete internet di quasi 20 anni fa.
Magia? Poteri paranormali? Ma soprattutto, come si fa a tutelarsi da situazioni del genere?
Oggi posso darvi una risposta, e se verrete al mio seminario gratuito sull'ipnosi regressiva per prenotarsi cliccate qui avremo modo di parlarne approfonditamente, e raccontarvi alcuni aneddoti interessanti.
Buona lettura.
Molti anni fa restai folgorato da un articolo sul giornale di alcuni commercianti derubati sotto ipnosi. L'articolo letteralmente parlava di rapine sotto ipnosi.
La cosa aveva del misterioso, del trascendentale, così cominciai una ricerca, fatta di quelle poche, pochissime informazioni recuperabili sui libri o su una rete internet di quasi 20 anni fa.
Magia? Poteri paranormali? Ma soprattutto, come si fa a tutelarsi da situazioni del genere?
Oggi posso darvi una risposta, e se verrete al mio seminario gratuito sull'ipnosi regressiva per prenotarsi cliccate qui avremo modo di parlarne approfonditamente, e raccontarvi alcuni aneddoti interessanti.
Buona lettura.
Mistero,
controllo dell’altro e un magico potere che fa svenire il soggetto ipnotizzato
facendogli fare ciò che si vuole, senza che egli possa opporre resistenza.
Questa ipnosi esiste, ma solo nei romanzi e nei fumetti. Mandrake, l’uomo del
mistero, personaggio fittizio protagonista di una nota serie di fumetti,
possedeva quel potere agognato da molti, ma di fatto inesistente.
Eppure il
codice penale contempla i reati commessi con l’uso dell’ipnosi, si sente
parlare di rapine sotto ipnosi, di plagio, di suggestione, e viene quindi da
domandarsi: quando finisce il mito e comincia la realtà?
Per scoprirlo
dobbiamo andare a vedere che cos’è l’ipnosi, e cosa accade durante una rapina
sotto ipnosi.
L’ipnosi è
uno stato modificato di coscienza, affine a quello del sonno, con una
prevalenza dell’emisfero destro su quello sinistro. In parole povere esiste una
trance ipnotica leggera, detta common everyday trance, o trance comune
quotidiana, che sperimentiamo quando un pensiero ci assorbe al punto da non
sentire chi ci sta parlando, o quando sogniamo a occhi aperti, o quando
leggendo un libro veniamo catturati da questo. Si tratta di fenomeni di trance
naturale, perché la trance è un normale processo fisiologico, non patologico,
che si verifica anche nel mondo animale, e in questo caso ha una funzione di
mimetismo per scoraggiare l’aggressore. Per esempio, una gallina va in trance
se si fa una riga sul pavimento, e si fa in modo che questa riga passi in mezzo
alle zampe della gallina, il suo punto più vulnerabile. Da quel momento la
gallina crolla per terra, come morta. Questo comportamento innato permette alla
gallina di salvarsi dai carnivori, i quali percependo la gallina come morta,
desistono dall’attaccarla. Questo meccanismo funziona come il salvavita del
contatore di casa: fa saltare il sistema, impedendoci di morire folgorati. Ma
mammiferi più evoluti di una gallina come una scimmia, un cane, o un topo, non
possiedono questo sistema automatico salvavita, e non esistono sistemi “da
schiocco di dita” per mandarli in trance. Nell’uomo accade la stessa cosa, e il
fatto di avere un sistema di elaborazione delle informazioni molto complesso fa
sì che la tecnica che va bene per la gallina, crei una reazione opposta su una
scimmia, o su un neonato.
Nell’essere
umano esistono diversi livelli di trance, un po’ come quando si fanno delle
immersioni subacquee e si decide a che profondità immergersi. Le ricerche
dicono che un 15% della popolazione è altamente ipnotizzabile, un altro 15%
sono soggetti non ipnotizzabili, e il restante 70% sono persone che oscillano
dai buoni ai mediocri soggetti ipnotici. Questo comporta che un buon soggetto
ipnotico sarà in grado di immaginare talmente bene un raggio di sole che lo
riscalda, da cominciare a sudare copiosamente. Per contro, uno scarso soggetto
ipnotico riuscirà, se va bene, a visualizzare il raggio di sole, senza mostrare
però alcuna modificazione fisiologica. E ci saranno certi fenomeni, come la
regressione d’età, l’analgesia ipnotica o l’amnesia, che saranno riservati solo
ai buoni soggetti, mentre gli altri, malgrado i tentativi, non otterranno il
risultato sperato.
Tirando le
somme, il livello di ipnotizzabilità varia da soggetto a soggetto, esistono
persone per niente ipnotizzabili (chi soffre di ritardo mentale, per esempio, o
persone con scarsa capacità di immaginazione), e pertanto non può esistere un
sistema universale per mandare istantaneamente in trance chiunque.
Qualsiasi
forma di ipnosi si usi, da quelle più teatrali da schiocco di dita come la
speed induction, alle induzioni fatte in uno studio di uno psicoterapeuta, la
cosa che non deve mai mancare è il cosiddetto rapport, cioè quell’intima intesa
che viene a crearsi tra ipnotista e soggetto ipnotizzato. Si tratta di un
legame di fiducia, nel quale ci si affida nelle mani di qualcuno, un po’ come
capita tra il paziente e il chirurgo. E
proprio per questo, tornando alle rapine sotto ipnosi, è facile capire che di
ipnosi, queste forme miste di confusione, distrazione, raggiro e abile
manipolazione dell’attenzione, ce n’è ben poca, e quello che rimane, attinge a
piene mani dal bagaglio tecnico di abili personaggi da strada che mettono in
atto truffe di vario genere senza l’uso di minacce o violenza.
Le tattiche
usate per distrarre un cassiere sono le stesse che avvengono nelle varie truffe
negli autogrill, quando le vittime, una volta tornate a casa, si accorgono di
aver comprato una scatola piena di mattoni invece del televisore all’ultimo
grido. Per mettere in atto queste truffe, gli addetti del mestiere distraggono
il soggetto, lo confondono con domande, gesti, o entrando fisicamente in
contatto con la persona. Tecnicamente si chiama “sovraccarico cognitivo”. Nel
momento in cui il soggetto entra in uno stato di confusione mentale, il
truffatore ne approfitta per farsi consegnare il portafoglio, o i soldi
dell’incasso (magari dicendogli che sono i suoi). Non c’è bisogno di dire che
chi svolge queste truffe sono persone estremamente abili nel truffare,
distrarre e ingannare.
Ma non
lasciatevi ingannare: queste persone sono anche degli abili osservatori, perciò
studiano prima il soggetto, tentano un primo approccio per vedere come
reagisce, per poi mettere in atto le strategie per farsi consegnare i soldi.
Ma come
bisogna fare per difendersi da questi attacchi psicologici, che di ipnosi hanno
ben poco?
La regola
principale è essere prevenuti. Sapere qual’è il rischio permette di
stare in guardia e sapere cosa aspettarsi. Quando ci rendiamo conto che
qualcuno che non conosciamo ci sta confondendo, interrompere la comunicazione e
allontanarsi immediatamente disarma qualsiasi intento malevolo. E se si è in un
negozio? Chiamate sempre in aiuto qualcuno, anche la polizia se necessario.
venerdì 15 febbraio 2013
Ipnosi? Perché? Le altre psicoterapie non sono sufficienti?
Ricordo che una sera un'infermiera di un centro di salute mentale (CSM) mi chiese: "perché l'ipnosi?", inteso come "che bisogno c'è?".
Il campo della psicoterapia è molto vario, presenta forme di psicoterapia multiformi e con caratteristiche opposte. Qui, per brevità, ne tratterò solo alcune. Pensiamo allo psicodramma - forma di psicoterapia nella quale il soggetto sceglie tra i partecipanti del gruppo chi interpreterà la vicenda familiare sulla quale si intende lavorare, sceglie quindi chi farà la madre, chi il padre, chi il fratello. Una volta stabiliti i ruoli, i partecipanti che fungono da attori rifaranno la scena oggetto della terapia, che il soggetto osserverà dall'esterno. Nell'osservare tutto questo in modo diretto e attivo, i partecipanti diranno poi quali sono state le loro emozioni, e tutto questo permette al soggetto di rivalutare un ricordo, ristrutturarlo secondo un'ottica diversa.
L'EMDR dal canto suo opera individualmente, e attraverso la stimolazione bilaterale dei sue emisferi (seguendo le dita o attraverso il tapping sul dorso delle mani) la persona ripensa all'evento traumatico, e in questo modo scolla l'evento dalla componente emotiva, trasformando l'evento in un qualcosa di neutrale, disturbante 0.
La terapia cognitivo-comportamentale si avvale di diverse tecniche e strumenti, uno dei quali è l'abc, che consiste nel compilare uno schema che costringe la persona a vedere le cose secondo un'ottica diversa.
Se siamo convinti che tutti ci sono ostili, e per questo restiamo rintanati in casa, con lo psicodramma verremo inseriti in un gruppo, nel quale dovremo parlare delle situazioni che ci hanno portato a questo pensiero, poi usare il gruppo per rappresentare la dinamica, quindi elaborarla.
Un terapeuta EMDR farà una mappa concettuale del sintomo, arrivando agli eventi target che hanno originato il problema. Il terapeuta che ha Training autogeno... insegnerà il training autogeno, poi andrà ad analizzare secondo un'ottica psicanalitica (a seconda dei casi) le immagini emerse durante l'esercizio.
E l'ipnosi che fa?
La psicoterapia ipnotica lavora attraverso uno stato modificato di coscienza, affine a quello del sonno, nel quale c'è una focalizzazione dell'attenzione dall'esterno verso l'interno. La cosa interessante sta in quello che si fa durante l'ipnosi. La scelta è limitata solo dalla fantasia e competenza tecnica della persona. Si può comunicare con la mente inconscia, si possono usare i fenomeni ipnotici per raggiungere nuove consapevolezze o nuovi obiettivi.
Quali sono i fenomeni ipnotici? Ecco un elenco:
Levitazione
Catalessia
Allucinazioni visive
Allucinazioni uditive
Allucinazioni negative
Scrittura automatica
Comandi post-ipnotici
Amnesia
Regressione d'età
Ipermnesia
Analgesia
Anestesia
Questi fenomeni costituiscono la cassetta degli attrezzi di un buon psicoterapeuta ipnotista. E' un linguaggio, quello dell'ipnosi, unico nel suo genere e nella sua longevità millenaria. In nessun'altra forma di psicoterapia si parla di catalessia o levitazione della mano. Con l'ipnosi è possibile fare in trance profonda quello che si fa con lo psicodramma, osservando la scena dall'esterno, ed entrando nel corpo dei vari protagonisti.
A questo punto dobbiamo rispondere ad una domanda ovvia: quale scegliere e perché?
Nella mia pratica clinica ho scoperto che non esiste una tecnica, o una psicoterapia che va bene in assoluto per tutti e per qualsiasi problema. Per quanto l'ipnosi possegga indubbiamente una variabilità enorme in termini di potenzialità e applicabilità, resta sempre il problema che ci sono persone con uno scarso talento ipnotico. Con l'EMDR ci sono persone che non riescono a elaborare (poche, per fortuna), e con la terapia cognitivo-comportamentale ci sono persone che non riescono a stare dentro un setting necessariamente rigido, fatto di esercizi, test, tecniche.
Così come ci sono persone che manifestano il bisogno di parlare, ce ne sono altre che manifestano il bisogno di una soluzione efficace per il loro problema. E' chiaro che non possiamo adottare lo stesso metodo, la stessa "tecnologia" per entrambi.
Per questa ragione ho scelto di specializzarmi in diversi ambiti, e di includere nel mio bagaglio vari strumenti, che mi consentissero di superare efficacemente i limiti di ciascuna terapia.
Per rispondere quindi alla domanda iniziale: "perchè l'ipnosi?", mi sento di rispondere oggi -razionalmente- che per alcune persone e alcuni problemi, certi risultati sono raggiungibili solo con l'ipnosi (penso una cefalea cronica quotidiana farmaco-resistente, per esempio), o con una tempistica di gran lunga inferiore ad altre forme di psicoterapia...
Ma al di là di tutto, ciò che mi ha spinto a specializzarmi in una scuola così particolare si può riassumere in una parola sola:
Magia.
Dott. Delogu
Pubblicato da
Dott. Giovanni Delogu
Etichette:
fenomeni ipnotici,
ipnosi,
psicodramma,
regressione ipnotica,
terapia cognitivo-comportamentale,
training autogeno

lunedì 11 febbraio 2013
Dicono che ho un problema, ma il problema ce l'hanno gli altri
Bentornati.
Avere in casa una persona con un problema di dipendenza (ma talvolta anche psichiatrico), significa compiere delle scelte. E' una costante che all'inizio di una dipendenza, chi ne è coinvolto non si rende conto di avere un problema.
Incollo una conversazione tratta da qui nella quale credo ci siano spunti per il pensiero interessanti.
Originariamente Inviato da giuni
Mettere in risalto il problema aiuta ma prevede un rischio: quello di "mettersi contro" il familiare che ha problemi con l'alcol. Lo dico per esperienza. Prima mio fratello faceva tutto "alla luce del sole", da quando si è sentito considerato un alcolizzato da noi (cosa che realmente era!), ha iniziato a vederci come "nemici" e a vivere l'alcolismo come un fatto solo suo, a nascondersi, mentire...certo, è stato messo di fronte alla realtà, ma forse non per tutti è la cosa giusta....devono vederla loro la realtà.
Risposta
All'università a lezione di psicologica delle tossicodipendenze, la docente disse che un figlio o una figlia eroinomane non vanno tenuti in casa, ma vanno messi alle strette: o vai in comunità o vai a vivere per la strada. Il principio era che la persona doveva capire che eroina significa perdere tutto, gli affetti, il lavoro, un letto sul quale dormire. Quando non ne potevano più, allora accettavano di andare in comunità.
Quando ero al Sert seppi di un genitore che passando in macchina vide la figlia battere sul marciapiede, e capì che mandarla via era stato un errore. Decise che il male minore era farla tornare nuovamente a casa, e guardarla "a vista".
Qual'è la cosa giusta da fare? Dire "è la sua vita, se vuole gettasi nel baratro nessuno glielo può impedire" -e quindi lasciarla andare, oppure fare il possibile e l'impossibile per frenare la sua caduta?
Questo per dire che non esiste una soluzione facile, giusta, nè una che funzioni per tutti. Ci sono persone che bevono fino a che non cede il fegato, come persone che continuano a fumare anche dopo che gli hanno asportato un polmone per un tumore.
Un disturbo "egosintonico" è una situazione che per gli altri è un problema, ma non per il soggetto che lo vive -per esempio la pedofilia. La persona che inizia a bere/fumare/drogarsi/giocare d'azzardo, inizialmente è una persona che sta bene ed è contenta di quello che fa, e non si rende conto -nè è interessato- alle eventuali conseguenze. Infatti tutti pensano "alcolizzati sono quegli altri, mica io", per cui si sente criticato, attaccato, non compreso da chi gli mostra un aspetto difforme dal suo sentire. Lo vive come un'esagerazione.
La persona sarà pronta a cercare aiuto e cambiare quando il disturbo diventerà "egodistonico", come la depressione, durante la quale la persona non sta bene e cerca di liberarsi del problema.
Nel caso dell'alcolista accadrà quando tornerà strisciando per la strada? O quando passerà guai con la polizia? Quando prenderà a pugni la persona che ama? Non lo so, ciascuno ha un suo limite personale che gli fa dire "questo è troppo per me, devo smettere". Cosa può fare la famiglia prima che l'alcolista tocchi il fondo e realizzi l'entità del suo problema?
Non tollerare il comportamento in nessun modo, oppure ignorarlo finchè possibile, finchè non metterà a repentaglio l'incolumità propria e degli altri, o non cominceranno a sparire "inspiegabilmente" dalla casa gioielli, mobili, tv, arredamento.
Il problema è reale, purtroppo non esistono soluzioni facili e universali. Esiste però un supporto della ASL (SerD), e Alcolisti Anonimi che definirei BASILARE. Quando le cose cominciano a mettersi male, affidarsi a persone che hanno già passato quel problema o hanno seguito 3000 casi simili fa veramente la differenza.
Dott. Delogu
Pubblicato da
Dott. Giovanni Delogu
Etichette:
alcol,
Alcolisti Anonimi.,
dipendenza,
famiglia,
SerD

mercoledì 6 febbraio 2013
Ciao Matteo
Matteo era un adolescente molto intelligente, molto maturo per avere 18 anni. Pieno di interessi e attento a tutto ciò che stava attorno a lui. L'avevo conosciuto in ospedale, dov'era ricoverato per via di complicazioni legate ad un tumore raro e bastardo, che si portava dentro da quand'era un bambino.
I ricordi sui quali abbiamo lavorato, la chemioterapia, i medici, ricordi di un'adolescenza passata in gran parte in mezzo a oncologi, sono diventati i miei ricordi. Sono vivi dentro di me i nostri discorsi.
E' questa una vita che a Matteo non ha dato scampo, che l'ha privato della spensieratezza e della normalità, ma non della voglia di vivere, di sperare, di provarci. Lui andava avanti tra mille difficoltà, a testa bassa, come un soldato al fronte.
So che l'immagine di sopra per lui avrebbe avuto un significato speciale.
Grazie Matteo, mi mancherai tanto.
Dott. Delogu
venerdì 5 ottobre 2012
Speciale: psicologia del fumatore (2) - Le trappole mentali
Il fumatore che ha appena smesso di fumare, inizierà ad avere pensieri strani: messa alle strette, la mente produrrà una serie di trappole mentali che hanno lo scopo di far tornare il fumatore ad assumere la sua sostanza. Comincerà a sentirsi debole, sfortunato, a vedere quelli che si accendono una sigaretta in tranquillità come dei privilegiati. Le realtà quindi si invertono: il fumatore che vuole liberarsi si sente schiavo, e vede i fumatori come liberi di fumare ogni volta che vogliono. Una libertà preziosissima, quella a cui l’ex fumatore ambisce: la libertà di fumare ogni volta che vuole. Quando però egli riprende a fumare spinto da queste trappole mentali, scopre in breve tempo che la libertà è pura illusione, il fumatore se non fuma per molto tempo è costretto a farlo per non sentire la scimmia. Egli quindi è in gabbia, non libero.
La “scimmia” in inglese prende il nome di craving, ossia un desiderio irrefrenabile verso quella sostanza.
Le uniche sigarette gustate pienamente, che danno un senso di pienezza e liberazione sono quelle fumate dietro la spinta del craving. Le altre sono sigarette di routine, per fare qualcosa con le mani o per riempire un vuoto.
Tutti i fumatori veri (inteso come cronici) conoscono la scimmia, e la temono. E’ quando non si fuma per molto tempo (per alcuni bastano alcune ore) e prevale un desiderio pazzesco di fumare che supera ogni cosa, e che impedisce di concentrarsi o di stare tranquilli. Se ci si tiene impegnati in altre attività il desiderio iniziale di fumare passa in secondo piano, ma basta vedere una persona che fuma per riaccendere quell’istinto, e la scimmia aggrappata sulla nostra schiena riprende a urlare perché ha fame e vuole cibo.
Brutta cosa la scimmia, credetemi.
Ricordo persone che compravano stecche di sigarette in previsione dello sciopero dei tabaccai: furono giorni terribili. Un non fumatore avrà pensato: non bastava fumare di meno e farsi bastare le sigarette? Razionalmente sì, ma un fumatore sa che non è così semplice. Sa di averne poche, che deve fumare meno, tiene d’occhio il pacchetto... le sta finendo, si innervosisce al pensiero che i tabacchini sono chiusi... e fuma di più.
Ecco perché tutti compravano le stecche.
Fumare è molto più che accendere un involucro di carta con fogli secche tritate, fumare cambia la psicologia della persona in modo non del tutto reversibile.
Anche chi smette non tornerà mai a essere come prima di fumare la prima sigaretta, ci si avvicinerà, ma dovrà stare ugualmente attento ai pericoli, a quelli che io chiamo i “riattivatori”. Si tratta di oggetti che accompagnano il rito del fumo, che assumono un significato speciale per la nostra mente. Succede quindi che chi ha smesso di fumare, e si tiene in tasca un vecchio accendino di quand’era fumatore, col tempo il significato contenuto in quell’oggetto si sprigionerà e comincerà a insinuarsi nella nostra mente il pensiero di usare quell’accendino per l’ultima volta.
“Tanto ho smesso”, penseremo. “Tanto solo una”, e così via.
Smettere di fumare significa dare un taglio col passato, gettare via oggetti, ricordi che in qualche modo possono influenzarci. Meglio riporre tutto in un cassetto che portare vecchi oggetti con sè.
Altra trappola della mente è quella di trovare interesse verso sostituti della sigaretta, come il sigaro o la pipa. La nostra mente ci suggerirà che “tanto è diverso, non si aspira”, e ne saremo talmente convinti che arriveremo a comprare sigari e pipa, con tutto ciò che ne consegue. Quello che non sappiamo è che fumare qualcosa, comprese le sigarette indiane, apre uno breccia nella nostra decisione di non fumare. Fumiamo la pipa, quindi tanto vale “togliersi il gusto” di fumare una sigaretta “ogni tanto”.
Ed è solo l’inizio.
Il primo passo per smettere di fumare è la preparazione. Non si sale su un ring senza sapere esattamente come reagire di fronte a un gancio dell’avversario. Un buon pugile saprà come deviare, schivare o anticipare, e saprà riconoscere la minaccia prima che si manifesti interamente. Così come la mente del pugile è attenta agli stimoli dell’avversario, così il fumatore deve conoscere perfettamente le trappole mentali legate al fumo, e sapere che prestissimo queste si presenteranno. Se il fumatore si farà cogliere alla sprovvista, finirà al tappeto come un pugile che si lascia ingannare da una finta dell’avversario.
Dott. Delogu
venerdì 28 settembre 2012
Speciale: psicologia del fumatore (1)
Ormai sapete molto sull’ipnosi, sapete che un fumatore accanito non smetterà mai se non è convinto al 100%. Sapete che l’ipnosi non può nulla contro la volontà del soggetto, e che purtroppo l’ipnosi non è un lavaggio del cervello, né un intervento di neurochirurgia in anestesia totale. In ipnosi se una persona vuole può rilassarsi anche molto profondamente; dietro la guida del terapeuta può rievocare situazioni del passato come se fosse un sogno, può arrivare a provare delle sensazioni corporee come se fossero reali, ma se vuole continuare a fumare lo farà, con o senza ipnosi. Se uscito dallo studio non accetterà il fatto che da quel momento ci saranno dei cambiamenti nella sua vita, se si aspetta che tutto sarà come prima, allora riaccenderà quella sigaretta.
Perché smettere di fumare è molto più che non comprare più sigarette e accendino, e ha molto a che fare con la gestione del tempo. Fumare riempie il tempo, riempie lo spazio, è qualcosa che facciamo che ci tiene impegnati mentre non facciamo nulla o mentre siamo impegnati in un’attività. A molti tiene compagnia mentre stanno al computer, la sigaretta diventa una compagna di viaggio consolidata nel tempo, un’attività che ci accompagna sempre.
Quando una persona prova a smettere di fumare, di colpo sente un vuoto. Gli manca qualcosa mentre guida, mentre guarda la tv, un senso di vuoto che cresce quando qualcuno chiede: “posso offrirti una sigaretta?”; e lui sa benissimo che deve dire di no perchè “ha smesso”. Quindi guarda il pacchetto, e in quel momento si sente un martire, sacrificato per una causa superiore... e si sente vuoto, triste, punito.
La sua mente da fumatore allora corre in suo soccorso, offrendogli un pensiero allettante, una scorciatoia lastricata d’oro. Che in realtà, vedremo poi, è una trappola mentale:
“Ma chi me lo fa fare?”
poi
“solo per oggi”.
“domani: prometto che smetto domani, ma ora questa me la fumo”.
“questa me la gusto, è diverso”.
“smetto domani, quindi stasera fumo quanto voglio per l’ultima volta”.
Tutto questo in un ciclo che si ripete, finché la persona non arriva a dirsi che ha tutto il tempo che vuole per smettere, e che ora non è il momento giusto.
E si riprende a fumare a pieno ritmo, trascorre la sua vita in compagnia delle sigarette senza più sentire il vuoto, o sentirsi una vittima sacrificale. E da quel momento le sigarette offerte non sono più gustate o speciali, ma diventano -come le definisce bene Allen Carr, “sigarette automatiche”, cioè le fumiamo senza farci caso. La mente mette in atto un totale automatismo, un pilota automatico che si interrompe nel momento in cui apriamo il pacchetto e ci rendiamo conto che l’abbiamo quasi finito. “Di già?”
Fumando, insegniamo al nostro cervello che la sigaretta non è un male, creando una dipendenza psicologica ma anche fisica. Così la nostra mente nei momenti di calo di nicotina o di stress, elabora idee e razionalizzazioni automatiche per continuare a fare quello che le abbiamo insegnato: tenere alti i livelli di nicotina. Se volete smettere, dovete mettere in conto che nella prima settimana il vostro cervello sfornerà pensieri che giustificheranno il riaccendere una sigaretta. Saranno pensieri involontari che arrivano da soli, che vi assaliranno di sorpresa in qualunque momento, trovando ragioni abbastanza convincenti per farvi fumare di nuovo se non siete sufficientemente motivati per smettere. Questo è il motivo numero 1 per cui certi fumatori abbandonano la terapia prima delle 5 sedute: perché i richiami della loro mente sono più forti del loro desiderio di smettere.
Alcuni esempi? “Solo per questa volta - se ne fumi una non ti succede nulla - una sigaretta sola non ha mai ucciso nessuno - se non fumo resterò depresso e non mi godrò la serata - smetto domani, lo prometto - farei un torto al mio amico se rifiutassi la sigaretta che mi sta offrendo - oggi sono giù, fumo questa per tirarmi su di morale e poi basta - oggi sono felice, è andato tutto benissimo, mi premio accendendo una sigaretta - fumo solo questa per rilassarmi un attimo - fumo questa perché è di una marca che non conosco - fumo per dimenticare - mi sto annoiando troppo: devo fumare! - sto troppo male, sono stufo, adesso fumo questa sigaretta- etc. etc.
Potrei continuare, ma il campionario di giustificazioni mentali per continuare a fumare è davvero vasto, e la prima cosa da sapere quando si entra nell’ottica di smettere è che la sensazione di vuoto ci sarà, ma passerà da sola perchè il cervello, se gli diamo tempo, si riabitua da solo; la seconda cosa da sapere è che tutti i pensieri automatici involontari sono pensieri-fake, pensieri ingannevoli stimolati unicamente alla crisi di astinenza. Dobbiamo imparare a riconoscere questi pensieri e disattivarli. E così come Ulisse si fece legare all’albero della nave perchè volle sentire il canto delle sirene senza tuffarsi in mare (e morire), allo stesso modo dovrete procurarvi una bella corda robusta e legarvi. La corda si chiama “motivazione”. Per chi non riesce a legarsi da solo, il terapeuta sa fare un nodo che si chiama “ipnosi”.
Tenete sott’occhio il blog perchè nei prossimi giorni pubblicherò le altre parti dello speciale “La psicologia del fumatore”.
Dott. Delogu
Iscriviti a:
Post (Atom)