C'è una cosa che devo dirvi, ed è una dura realtà che va accettata: per quanto vi sforziate, per tutta la buona volontà che ci potete mettere, chi fuma è socialmente molesto e inopportuno, sempre! Di solito il fumatore "standard" lo sa e se ne frega, mentre - guardate questo strano fenomeno sociale - chi non fuma ha ben tre possibilità:
1) comincia a fumare anche lui, così la smette di scocciare;
2) subisce il fumo passivo, possibilmente senza lamentarsi;
3) se non vuole sentire puzza di fumo, se ne va altrove.
Qui sta la grande scissione tra fumatori e non fumatori: chi fuma sviluppa una intolleranza verso i salutisti-perbenisti, quelli che "rompono" dicendo "ma quando smetti?" (seccatura immane, lo so); mentre chi non fuma sviluppa una intolleranza psicofisica verso la puzza di sigaretta, ritenendo una seccatura immane "quello là" che deve accendersene "un'altra" (...dite che hanno torto?). I primi manifestano la loro libertà di espressione, gli altri manifestano il loro diritto a non subire il veleno altrui. Perciò ecco a voi, signore e signori le giornate anti-fumo, ecco a voi le sale comfort della meridiana per i signori viaggiatori che vogliono godersi il piacere di una sigaretta, ecco il divieto degli sponsor delle marche di sigarette nello sport, ma fioriscono i negozi Marlboro classic. E lo Stato che fa? Lo Stato intasca i soldi del Monopolio di Stato, e poi reinveste in campagne antifumo e pubblicità progresso. Da un lato spaccia, dall'altro fa prevenzione. Un po' come una madre, o una moglie, che "rompe" perchè il familiare spende troppi soldi in sigarette, e perchè è preoccupata per la sua salute (e a volte c'è sul serio da preoccuparsi), poi quando il familiare non c'è, esce in balcone a fumare.
Il fumo vi cambia, vi fa schierare anche se non lo volete, vi fa detestare certe persone, e allo stesso tempo verrete detestati da altri, ma non per aspetti del vostro carattere, o per la vostra ideologia... ma solo per uno stupido pezzo di carta con dentro foglie secche, che è velenoso e dà dipendenza. E' un giusto prezzo da pagare, secondo voi? Non è giunto il momento di spezzare le proprie catene e liberarsi per sempre da questa dipendenza? Di venire apprezzati per quello che siete, senza che quella sostanza velenosa e puzzolente rovini la vostra vita?
Avete l'occasione di essere liberi e felici. E l'ipnosi vi aiuterà.
Dr. Delogu
Ipnosi e psicoterapia a Cagliari
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Tel. 3473095315 Mail: g.delogu@me.com
Studio: via Tuveri, 72 Cagliari (CA)
Sito: www.giovannidelogu.it
Instagram https://www.instagram.com/g.delogu/
martedì 27 luglio 2010
sabato 26 giugno 2010
Gioco d'azzardo e dipendenza da facebook... e dipendenze in generale.
Ve lo dico subito: avere una dipendenza è una brutta cosa, una di quelle cose che vi trascinano a fondo. Nel DSM IV, il manuale diagnostico statistico, è classificato il disturbo del controllo degli impulsi, nel quale rientra l'ormai tristemente famoso gioco d'azzardo patologico, e presto entrerà ufficialmente la dipendenza da internet. Stiamo parlando di persone normali, con un partner, degli amici, persone intelligenti con un lavoro e una casa, che scoprono di non riuscire a fare a meno di fare una cosa, come giocare alle macchinette o stare in rete a fare qualcosa, che può andare dai social network come facebook, twitter etc., ai giochi on line come ultima o world of worldcraft, alla pornografia. In realtà la cosa va più in là di così, non solo non si riesce a farne a meno, semplicemente quel genere di attività prevale su tutte le altre, al punto che, chi ha davvero il problema della dipendenza, trascura qualunque altra cosa per portare avanti la sua attività per ore ed ore. Il tempo non conta, basta starci finchè non si è costretti a smettere, vuoi per motivi fisiologici (sonno), o pratici (son finiti i soldi). Perciò queste persone sono capaci di stare davanti alle macchinette per 12 ore, o in rete dal pomeriggio alle prime luci del mattino, trascurando il sonno e l'igiene personale. Se prima avevano interessi e amici, ora hanno mollato tutto perchè quello che fanno per 12 ore "viene prima". E' indispensabile capire che questa è la vera dipendenza, non chi passa 2 ore in più su facebook, e la sua vita continua esattamente come prima.
Brutto casino, che ne dite?
Vorrei spiegarvi che non è qualcosa di razionale, qualcosa che si può dire "basta, ora mi fermo, spengo il pc e mi metto a fare altro", è invece un impulso quasi irresistibile a fare quell'azione quando la si ha a portata di mano. Avete il pc acceso, che fate, non controllate facebook? E se lo controllate 50 volte al giorno trascurando il resto? Credetemi, c'è chi fa questo e anche molto peggio.
Nel lavoro che faccio ho avuto a che fare con persone con dipendenze strane, che andavano dalla sfera sessuale al cibo, a cose più classiche come il fumo o l'alcool.
La dipendenza da internet, mi spiace dirlo, ma da certi colleghi viene sottovalutata oppure catalogata entro certi parametri che invece di risolvere il problema, lo incasinano di più. Questo per due ragioni: la prima è un motivo "politico" di orientamento di psicoterapia. Esistono decine di orientamenti di psicoterapia, un po' come le marche delle auto, e se dovete andare prevalentemente su strade sterrate, allora sceglierete un 4X4, ma la differenza è che gli psicoterapeuti DICONO di occuparsi tutti delle stesse cose, dal terapeuta familiare, al terapeuta della gestalt, all'analisi transazionale, cognitivo-comportamentale, breve strategico, psicoterapia ipnotica etc., ma un conto è occuparsi, altro paio di maniche è riuscire a ottenere dei risultati concreti. Ciò significa che ufficialmente è come se tutte le case produttrici dicessero di produrre una macchina che va bene su qualunque tipo di strada, però poi solo una volta che comprate il prodotto, vi rendete conto che non è proprio così, e che sullo sterrato la vostra auto nuova si impantana quando piove.
In soldoni, ci sono degli approcci giusti per le dipendenze, altri dai quali, stando alle ricerche, difficilmente ne caverete piede. Quale giusto o sbagliato non lo dico io, ma le ricerche scientifiche con campioni di centinaia di persone trattate, pubblicate su riviste autorevoli (ergo non su un blog, per intenderci).
Per complicare le cose, può capitare di avere l'approccio giusto, ma il terapeuta sbagliato, cioè uno che a pelle semplicemente non piace, non ci convince, non viene voglia di fidarsi e affidarsi perchè troppo distaccato o "superiore". Cosa fare quindi? Cambiare terapeuta, e trovare una persona con cui è possibile instaurare un rapporto di fiducia, e che abbia esperienza nelle dipendenze. Di solito è la cosa migliore.
La seconda ragione dell'incasinamento con la dipendenza da internet è un gap generazionale, che crea un ostacolo comunicativo e "concettuale" tra utente dipendente, espertissimo della sua dipendenza tecnologica, e dall'altra uno psicoterapeuta ultra 50enne, che non sa neppure usare bene la posta elettronica.
L'ideale, ve lo dico subito, in ordine di importanza è:
1) terapeuta con il quale ci si senta in piena sintonia
2) esperienza del terapeuta nel settore delle dipendenze
3) approccio cognitivo-comportamentale, o breve-strategico, o ipnotico (cioè il mio).
Le dipendenze, che siano da gioco compulsivo, o da internet & facebook, hanno il potere micidiale di distruggere famiglie e rapporti sentimentali. Cosa fare se conoscete qualcuno che si massacra in rete 14 ore al giorno e non studia più, non dorme più, non mangia più, non si lava più e non esce più?
La cosa migliore è parlarci, fargli capire che la vita è fuori dallo schermo, o dalla macchinetta, o dalle scommesse sportive, spiegargli che esiste una soluzione, che può uscirne. E a quel punto inviarlo, o accompagnarlo da uno psicoterapeuta, il quale avrà il compito di agganciare la persona.
Purtroppo, come nel caso degli alcolisti e delle dipendenze da sostanze, per realizzare che è necessario un cambiamento, una persona deve toccare il fondo. In questo un familiare può accelerare molto il processo, rendendo scomoda la dipendenza al familiare, e amplificargli il malessere... generando la crisi.
Crisis in greco, significa cambiamento, lasciare la vecchia strada per la nuova.
Un saluto pieno di speranza.
Dr. Delogu
Brutto casino, che ne dite?
Vorrei spiegarvi che non è qualcosa di razionale, qualcosa che si può dire "basta, ora mi fermo, spengo il pc e mi metto a fare altro", è invece un impulso quasi irresistibile a fare quell'azione quando la si ha a portata di mano. Avete il pc acceso, che fate, non controllate facebook? E se lo controllate 50 volte al giorno trascurando il resto? Credetemi, c'è chi fa questo e anche molto peggio.
Nel lavoro che faccio ho avuto a che fare con persone con dipendenze strane, che andavano dalla sfera sessuale al cibo, a cose più classiche come il fumo o l'alcool.
La dipendenza da internet, mi spiace dirlo, ma da certi colleghi viene sottovalutata oppure catalogata entro certi parametri che invece di risolvere il problema, lo incasinano di più. Questo per due ragioni: la prima è un motivo "politico" di orientamento di psicoterapia. Esistono decine di orientamenti di psicoterapia, un po' come le marche delle auto, e se dovete andare prevalentemente su strade sterrate, allora sceglierete un 4X4, ma la differenza è che gli psicoterapeuti DICONO di occuparsi tutti delle stesse cose, dal terapeuta familiare, al terapeuta della gestalt, all'analisi transazionale, cognitivo-comportamentale, breve strategico, psicoterapia ipnotica etc., ma un conto è occuparsi, altro paio di maniche è riuscire a ottenere dei risultati concreti. Ciò significa che ufficialmente è come se tutte le case produttrici dicessero di produrre una macchina che va bene su qualunque tipo di strada, però poi solo una volta che comprate il prodotto, vi rendete conto che non è proprio così, e che sullo sterrato la vostra auto nuova si impantana quando piove.
In soldoni, ci sono degli approcci giusti per le dipendenze, altri dai quali, stando alle ricerche, difficilmente ne caverete piede. Quale giusto o sbagliato non lo dico io, ma le ricerche scientifiche con campioni di centinaia di persone trattate, pubblicate su riviste autorevoli (ergo non su un blog, per intenderci).
Per complicare le cose, può capitare di avere l'approccio giusto, ma il terapeuta sbagliato, cioè uno che a pelle semplicemente non piace, non ci convince, non viene voglia di fidarsi e affidarsi perchè troppo distaccato o "superiore". Cosa fare quindi? Cambiare terapeuta, e trovare una persona con cui è possibile instaurare un rapporto di fiducia, e che abbia esperienza nelle dipendenze. Di solito è la cosa migliore.
La seconda ragione dell'incasinamento con la dipendenza da internet è un gap generazionale, che crea un ostacolo comunicativo e "concettuale" tra utente dipendente, espertissimo della sua dipendenza tecnologica, e dall'altra uno psicoterapeuta ultra 50enne, che non sa neppure usare bene la posta elettronica.
L'ideale, ve lo dico subito, in ordine di importanza è:
1) terapeuta con il quale ci si senta in piena sintonia
2) esperienza del terapeuta nel settore delle dipendenze
3) approccio cognitivo-comportamentale, o breve-strategico, o ipnotico (cioè il mio).
Le dipendenze, che siano da gioco compulsivo, o da internet & facebook, hanno il potere micidiale di distruggere famiglie e rapporti sentimentali. Cosa fare se conoscete qualcuno che si massacra in rete 14 ore al giorno e non studia più, non dorme più, non mangia più, non si lava più e non esce più?
La cosa migliore è parlarci, fargli capire che la vita è fuori dallo schermo, o dalla macchinetta, o dalle scommesse sportive, spiegargli che esiste una soluzione, che può uscirne. E a quel punto inviarlo, o accompagnarlo da uno psicoterapeuta, il quale avrà il compito di agganciare la persona.
Purtroppo, come nel caso degli alcolisti e delle dipendenze da sostanze, per realizzare che è necessario un cambiamento, una persona deve toccare il fondo. In questo un familiare può accelerare molto il processo, rendendo scomoda la dipendenza al familiare, e amplificargli il malessere... generando la crisi.
Crisis in greco, significa cambiamento, lasciare la vecchia strada per la nuova.
Un saluto pieno di speranza.
Dr. Delogu
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Dott. Giovanni Delogu
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giovedì 17 giugno 2010
Parliamo seriamente di ipnosi.
L’ipnosi è uno stato modificato di coscienza, a carattere dinamico e non statico, con modificazioni della coscienza affini a quelle del sonno, e una prevalenza dell’emisfero destro su quello sinistro razionale-cognitivo. In generale l’ipnosi viene utilizzata:
· in ambito medico, in particolare per la gestione del dolore (ipnosi medica), -evidence-based.
· come tecnica che utilizza i principi della CBT (ipnoterapia cognitivo-comportamentale)
· in applicazione alla teoria psicoanalitica (ipnoanalisi)
· come psicoterapia a sé stante (ipnosi Ericksoniana).
Nel campo del dolore l’ipnosi ha avuto degli importanti riconoscimenti dalla comunità scientifica sull’efficacia nella gestione del dolore. Dal 1994 la IASP (International Association for the Study of Pain) ha incluso l’ipnosi nel curriculum dei professionisti che si occupano di terapia del dolore in America. Nel 1996 il Panel Report del National Institute of Health ha definito l’ipnosi come uno strumento affidabile, efficace per alleviare il dolore da cancro e altre condizioni di dolore cronico. Questo, in aggiunta alla voluminosa letteratura clinica e sperimentale, conferma che l’analgesia ipnotica è un fenomeno concreto e replicabile. Nel 2000 la meta-analisi di Montgomery, DuHamel e Redd, pubblicata nell’International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, rivista leader del settore, su 18 studi controllati, basata sul dolore riferito da 933 soggetti, mostra un risultato rilevante: le suggestioni ipnotiche alleviano il dolore nel 75% della popolazione, comprendendo diversi tipi di dolore sperimentato, supportando l’efficacia delle tecniche ipnotiche nella gestione del dolore.
Come forma di psicoterapia, attualmente in moltissime parti del mondo l’ipnosi viene utilizzata esclusivamente sotto forma di cognitive hypnotherapy, per aggiungere all’efficacia evidence-based della terapia cognitiva e comportamentale (CBT), i vantaggi dell’ipnosi. Questa forma di psicoterapia ipnotica è l’evoluzione naturale dell’ipnosi classica e direttiva. Nella fattispecie, mediante suggestioni ipnotiche, è possibile rinforzare la personalità dell’utente, potenziando i concetti funzionali e depotenziando quelli ego-distonici, modificando in questo modo le credenze di base. L’ipnosi cognitivista è una terapia breve, basata sul qui ed ora, e consente di fare dei pacchetti di sedute standard, utilizzando dei protocolli standard impiegati in studi controllati (per esempio, pacchetto di 5 sedute per smettere di fumare). L’ipnoterapia cognitiva fa ampio uso di livelli profondi di trance per far sperimentare in immaginazione il controllo della situazione ambientale mediante l’uso di suggestioni, che verranno poi impiegate nel training di autoipnosi. Questo è un esempio che si rivela molto utile nel disturbo da attacchi di panico con o senza agorafobia, nella fobia sociale, nel disturbo d’ansia generalizzato etc. L’obiettivo è quello di conferire al paziente la piena autonomia per superare e gestire il problema nel modo ottimale e rinforzare la personalità. A tal fine vengono utilizzati dei protocolli standard già sperimentati in studi controllati, da adattare alle caratteristiche di personalità e alle esigenze del paziente. Questa forma di ipnosi segue da vicino i principi dell’ipnosi ericksoniana, fatto salvo per un occhio di riguardo per l’utilizzo di protocolli standardizzati da utilizzare con buon senso, e tecniche di induzione standard dirette o, più raramente, indirette, e naturalmente un adeguamento teorico-pratico al modello cognitivo-comportamentale.
L’ipnoanalisi impiega la tecnica della regressione ipnotica per andare alla ricerca dell’origine del problema, e analizzarlo secondo le metodiche psicoanalitiche. Tra le fila degli schieramenti avversari alla cognitive hypnotherapy, è comune pensare che l’unico lavoro profondo ed efficace sia quello psicodinamico. Ciò non è vero: è’ importante notare che non esistono lavori scientifici metodologicamente validi che dimostrino l’effettiva efficacia dell’ipnosi usata nella psicoanalisi, eccetto che nella CBT.
L’ipnosi Ericksoniana, nasce con la persona di Milton Erickson, noto psichiatra americano di Phoenix, Arizona, che aprì le porte verso la cosiddetta “ipnosi moderna”, che si differenziava dall’ipnosi classica per l’approccio indiretto, materno e non autoritaria. La psicoterapia Ericksoniana, si basa sul principio di “unicità della persona”, e di adeguare la strategia terapeutica sulla forma del paziente, ogni volta ex-novo (tailoring). Appunto per questa ragione, nell’ipnosi Ericksoniana, non esistono protocolli, né vengono impiegate tecniche di induzione ipnotica standard, perché ciascun intervento deve essere costruito su misura, e applicando un’ipnosi indiretta, cioè non formale. Il principio è di elicitare le risorse del paziente, e utilizzarle per portarlo verso il superamento delle resistenze e del problema. La terapia ericksoniana utilizza l’ipnosi anche fuori dal setting, e impiegando spesso dei principi della terapia sistemica. Caratteristica essenziale è l’uso dell’ipnosi indiretta, che consente attraverso l’uso di analogie, metafore, storie, tecniche indirette come la semina e la disseminazione, di far passare a livello inconscio dei concetti che scavalchino le resistenze razionali del soggetto. Per fare un esempio, se con l’ipnosi classica si può dire a un soggetto “ora fai un respiro profondo, e rilassati completamente”, una ipnosi indiretta comincerebbe in modo apparentemente causale, parlando della profondità del mare, e disseminando concetti di calma e rilassamento.
L’ipnosi ericksoniana è stata, ed è tutt’oggi, oggetto di interesse della PNL.
Non esiste nessuna prova scientifica della superiorità delle tecniche indirette VS tecniche dirette. Si è evidenziato invece che l’eventuale superiorità dell’una o dell’altra non sia assoluta, ma relativa, in base al contesto terapeutico, alla situazione, e alla alleanza terapeutica.
L’ipnosi cognitivista, l’unica forma di ipnosi replicabile, si è dimostrata efficace in letteratura in quasi tutti i disturbi in asse I. Molti ricercatori sconsigliano l’ipnosi con gli schizofrenici, per evitare scompensi improvvisi o far riemergere vere e proprie crisi psicotiche.
L’ipnosi si può utilizzare nell’età adulta, ma è efficacissima con i bambini, soggetti altamente ipnotizzabili e fantasiosi. La terapia può essere individuale, ma alcuni ricercatori italiani di matrice ericksoniana, utilizzano l’ipnosi in un contesto sistemico e di coppia. In ogni caso, la ricerca mondiale è puntata prevalentemente sul singolo individuo.
martedì 25 maggio 2010
Ipnosi regressiva verità o fantasia?
Siete curiosi di sapere se nella vita precedente eravate un soldato tedesco della seconda guerra mondiale, oppure un'umile contadina del Balcani? Credete a queste cose o le vedete come fumo negli occhi? Quali sono le critiche che la comunità significa rivolge a questi fenomeni?
Vi invito a contattarmi telefonicamente per prenotare un posto per l'ultimo incontro a tema GRATUITO del MIP "ipnosi regressiva: realtà o fantasia?", che si terrà presso il mio studio in Tuveri, 72 alle ore 11.
Rimangono pochi posti a disposizione.
Prenotazione obbligatoria.
Dr. Delogu
mercoledì 19 maggio 2010
ATTENZIONE: Incontri tematici gratuiti: 22/05 gestione dell'ansia; 23/05 ipnosi-mindfulness nel dolore; 29/05 ipnosi regressiva
Una notizia flash a breve scadenza. In quanto aderente al MIP (http://www.psicologimip.it/) terrò 3 seminari assolutamente gratuiti aperti al pubblico:
1) Questo sabato 22/05 (le iscrizioni scadono venerdì 21 ore 12!) incontro tematico sulla gestione dell'ansia, che terrò assieme alla collega dott.ssa Guandalini -terapia cognitivo-comportamentale.
2) Il giorno 23/05 incontro tematico ipnosi e mindfulness per la gestione del dolore cronico
3) il 29/05 incontro tematico sull'ipnosi regressiva: realtà o fantasia?
Per avere tutte le informazioni dettagliate sugli argomenti del corso andate qui http://www.psicologimip.it/iniziativemip.asp e selezionate nel menù a tendina "CAGLIARI", poi cliccate sul tasto "aggiorna".
E' indispensabile prenotarsi tramite mail o sms al 347 3095315. Tenete conto che le iscrizioni scadranno obbligatoriamente il venerdì ore 12 della settimana dell'incontro.
NOTIZIA FLASH N° 2
Date le numerose richieste di replica per il primo seminario Avere sempre la risposta pronta: Comunicazione Assertiva abbiamo pensato di organizzare un nuovo incontro GRATUITO di un'ora aperto al pubblico.
Iscrizioni via mail (vedere il mio profilo) o sms al 347 3095315.
Dove si terranno gli incontri?
si terranno in via Bruscu Onnis, 25 Cagliari. Traversa di V.le Trieste ad angolo con Via Carloforte.
Quanti posti sono disponibili?
Massimo 6 persone
Insomma: prenotatevi.
Dr. Delogu
1) Questo sabato 22/05 (le iscrizioni scadono venerdì 21 ore 12!) incontro tematico sulla gestione dell'ansia, che terrò assieme alla collega dott.ssa Guandalini -terapia cognitivo-comportamentale.
2) Il giorno 23/05 incontro tematico ipnosi e mindfulness per la gestione del dolore cronico
3) il 29/05 incontro tematico sull'ipnosi regressiva: realtà o fantasia?
Per avere tutte le informazioni dettagliate sugli argomenti del corso andate qui http://www.psicologimip.it/iniziativemip.asp e selezionate nel menù a tendina "CAGLIARI", poi cliccate sul tasto "aggiorna".
E' indispensabile prenotarsi tramite mail o sms al 347 3095315. Tenete conto che le iscrizioni scadranno obbligatoriamente il venerdì ore 12 della settimana dell'incontro.
NOTIZIA FLASH N° 2
Date le numerose richieste di replica per il primo seminario Avere sempre la risposta pronta: Comunicazione Assertiva abbiamo pensato di organizzare un nuovo incontro GRATUITO di un'ora aperto al pubblico.
Iscrizioni via mail (vedere il mio profilo) o sms al 347 3095315.
Dove si terranno gli incontri?
si terranno in via Bruscu Onnis, 25 Cagliari. Traversa di V.le Trieste ad angolo con Via Carloforte.
Quanti posti sono disponibili?
Massimo 6 persone
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mercoledì 28 aprile 2010
Vi lasciate sfuggire le occasioni?
Appartenete alla categoria di quelle persone che “succede sempre agli altri a me no”? Vi ritrovate nel corteo sbuffante di chi dice “lo faccio domani”? Risuonate come dei diapason quando avete un’occasione sotto mano e una vocina vi dice “lascia stare, chi te lo fa fare”?
Bene, allora questo è il post che fa per voi. Come al solito allacciate le cinture fino a che non diventano parte integrante del corpo e preparatevi per questa nuovo post “allacciante”.
Cogliere l’attimo richiede un’attitudine morale da eremita, perché è indispensabile inizialmente seguire una regola aurea: o lo fate sempre fino a farlo diventare parte integrante del vostro DNA, oppure non fatelo mai, neppure sotto minaccia.
Ma partiamo dal principio. Molte persone quando si lasciano scappare un’occasione (che può andare dal proporre una collaborazione volante al primario di una clinica mentre eravate in fila per accompagnare vostra nonna, al comprare l’ultimo numero di un paio di scarpe bellissime e scontatissime), una volta tornate a casa a mani vuote si abbattono tormentate dai sensi di colpa del “se l’avessi fatto, ora…”, che le porta a fustigarsi con pensieri tipo “sono un’incapace, gli altri sono migliori di me, sono destinata al fallimento etc. etc.”. Questo in particolare quando scoprite poi che quel paio di scarpe l’indomani sono già state comprate, o che quel primario ha già avviato una collaborazione con un’altra persona che non siete voi. Di solito questi pensieri sono come ancore che arpionano verso il vortice dello scoraggiamento, per cui una persona parte scoraggiata e arriva a pensare che è inutile “cogliere l’attimo”, tanto andrà male. Anzi, andrà sempre male. Il primario dirà di no, e le scarpe staranno strette e male. Ma di fatto non avete nessuna prova, perché non avete mai aperto bocca per proporvi, o più semplicemente, non avete mai indossato quelle scarpe.
Di solito le persone depresse ragionano così, ma anche le persone non depresse ma semplicemente scoraggiate possono cadere in queste trappole mentali.
La soluzione non è semplice, richiede tempo e sacrificio, ma vi assicuro che si può imparare a cogliere l’attimo e sviluppare una mentalità che permette di non farsi scappare mai nessuna buona occasione.
Vi voglio raccontare una storia.
Quando scoccò il giorno della discussione della mia tesi di laurea, mi vestii con la giacca incasinandomi non poco con la cravatta. Mentalmente pensavo che la discussione della tesi fosse una formalità, dal momento che, tecnicamente, ero automaticamente laureato anche senza discutere la tesi. Mi sentivo rilassato, anche troppo. L’unico pensiero che ebbi, quando aspettai il mio turno fuori dalla porta a vetri del 3° piano di lettere, fu: “è finita”. La discussione andò male, il mio discorso non filava, l’argomento era interessante, ma non ero interessato io a parlarne. Lunghe pause, troppo lunghe, mi dimenticavo cosa dovevo dire. Insomma, fu un disastro, tanto che in tutte le foto sono sempre con la bocca chiusa.
Per diverso tempo mi rifiutai di pensarci, ma poi, sapete, la mente non si può ingannare per sempre. Dal mio punto di vista avevo sprecato quello che era il simbolo della conclusione di un percorso –molto bello, peraltro-, e me l’ero bruciata senza godermela, senza viverla.
Giunsi a una conclusione: la figuraccia della tesi poteva comportare una cosa, l’inizio di una infinita serie di drammatiche apparizioni in pubblico... ma avevo la possibilità di rimediare. Ripensandoci presi una decisione dura, perché parlare in pubblico mi spaventava: giurai a me stesso che mai più avrei permesso che una scena del genere si ripetesse. E per collaudarmi, cominciai a lanciarmi tipo kamikaze ovunque ci fosse da esporre qualcosa in pubblico, o ci fosse da contattare qualche altra figura professionale. Così diventai in varie occasioni capogruppo (cosa figa da dire, che nessuno voleva fare per non presentare la relazione in plenaria), escogitai degli stratagemmi per darmi sicurezza (il mio rametto porta-fortuna) e superare forzatamente il momento critico “chiamo-non chiamo”, che, almeno inizialmente, mi costò parecchi patemi d’animo. Sapete, contattare un professionista per presentarsi, spiegare cosa fate e prendere un appuntamento, non è proprio come chiamare il mio amico Stefano e chiedergli come va. Ma vi assicuro che alla 40° volta che lo fate non avrete più bisogno del rametto porta-fortuna per darvi coraggio, perché il coraggio sarà dentro di voi.
Ho perso il conto di quante volte ho parlato in pubblico, o che mi sono alzato per parlare di fronte a un microfono, o che semplicemente mi sono presentato per esporre un lavoro a persone che potevano/dovevano giudicare la mia professionalità e capacità… fatto sta che ha funzionato.
Venerdì 11 Giungo alle ore 11 sarò relatore per il 4° corso regionale della medicina del dolore, nel quale parlerò del coinvolgimento psico-emotivo nel dolore cronico. Per me sarà una rivincita. Posso dirvi ora che il titolo della mia tesi di laurea era “ipnosi in oncologia”, e chi organizza, oggi, il corso è il primario della terapia del dolore dell’ospedale Oncologico di Cagliari. Non so se vedete il nesso, come le occasioni si presentano.
E’ giunto ora il momento di presentarvi il problema opposto al cogliere l’occasione: coglierla in modo cieco e sciocco. Un conto è l’addestramento per superare i propri limiti, che ha un valore puramente didattico di auto-apprendimento, altro conto è la vita reale. In certe occasioni è opportuno lasciar cadere certe possibilità che potrebbero portare verso mete troppo distanti o controproducenti. Parlare in pubblico di un argomento che non si conosce è un modo per rovinarsi, così come spendere tutto il capitale per comprare una Mercedes usata, solo perché è un’occasione. Riempirsi la casa di offerte speciali è inutile e controproducente, va da sé che è di importanza primaria distinguere la voce saggia del buon senso da quella timorosa del “chi te lo fa fare?”.
Spero con questa piccola incursione auto-biografica di aver catturato di nuovo il vostro interesse, e di avervi dimostrato che un orientamento al presente “posso rimediare”, che consente di imparare dagli errori del passato per fare meglio oggi, è la strategia vincente per essere felici.
Dr. Delogu
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Dott. Giovanni Delogu
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venerdì 19 febbraio 2010
Ipnosi per smettere di fumare
Anni fa fumavo anch’io, perciò conosco gli struggimenti del fumatore che vuole smettere; ricordo bene cosa significa vivere con l’idea di abbandonare qualcosa che piace, qualcosa che ha accompagnato tanti momenti belli e brutti. E’ vero, fa male, ma di qualcosa bisognerà pur morire, poi c’è il nonnetto che campa fino a 100 anni fumando 2 pacchetti al giorno, quindi non vuol dir nulla. Cosa risponderò, poi, quando qualcuno mi offrirà una sigaretta? E che ne farò degli accendini? Se smetto, che libertà ho di decidere se fumare o no? Sarò costretto a non fumare. E quando gli altri andranno in “pausa sigaretta”, cosa farò io da solo? Li seguirò guardandoli mentre fumano beati? Hm, forse è meglio se smetto un’altra volta. In effetti ho tempo, tantissimo tempo per decidere.
Quando fumavo pensavo tutte queste cose, me le ricordo tutte fin troppo bene, come mi ricordo quando avevo fermato delle persone per la strada per chiedere una sigaretta, perché ero rimasto senza, era la sera della vigilia di Natale e non ce la facevo più. O quando non riuscivo più a studiare se stavo un intero pomeriggio senza fumare, incapace di concentrarmi se non sul bisogno impellente di fumare. Nulla poteva togliermelo, né mangiare, né uscire, né leggere. Qualcuno chiamava le sigarette “le bombole di ossigeno”, all’inizio non capivo, poi capii: è quando tutta la tua mente urla una sigaretta e finalmente la accendi. E’ come una boccata di ossigeno. Fumare vuol dire questo. Fumare non è colui che fuma, non solo. Fumare significa soprattutto avere la mentalità del fumatore.
Prima di fumare la prima sigaretta la vostra idea del fumo era in un certo modo: fa schifo, puzza, fa male, è uno spreco di soldi, è un vizio invadente: se fumi in una camera deve passare un giorno con la finestra aperta prima che ritorni un odore normale (se ritorna).
Fumare non è solo aspirare veleno, è cambiare lentamente la propria mentalità senza rendersene conto. La sigaretta ha questo potere, oltre che danneggiare il corpo, cambia la mente del fumatore, al punto che il fumatore arriva a un paradosso: difende ciò che lo sta uccidendo.
Dopo che avete cominciato a fumare, dopo quel periodo di mal di testa, nausea, tosse, occhi rossi, dove il corpo sta reagendo al catrame, ecco che il vostro stesso pensiero cambia, la vostra idea del fumo diventa: è buono, ha un buon odore, farà male ma chi se ne frega, costa ma se mi tolgo anche questo piacere cosa mi rimane? Arrivate a fumare in camera da letto, che è la cosa più schifosa che possa esserci. Arrivate a fumare appena svegli, perché il vostro corpo reclama nicotina, e la vostra mente interpreta questo meccanismo con giustificazioni a carattere consolatorio come “mi aiuta, mi fa star bene, è un piacere, fumare mi piace, mi rilassa”, e menate simili.
Smettere di fumare non significa solo non toccare mai più una sigaretta, significa soprattutto cambiare la mentalità, e tornare a una mentalità da non fumatore; vedere la sigaretta per quello che è realmente: carta con dentro foglie secche, che se respirato è tossico e dà dipendenza.
Chi è costretto a non fumare e mantiene la mentalità da fumatore, è il più sfortunato degli sfortunati, perché passerà il resto della vita a desiderare una sigaretta.
Chi smette di fumare deve entrare nell’ordine di idee che, per farlo, deve cambiare mentalità, e l’ipnosi in questo è un grande aiuto. L’ipnosi però non può nulla se una persona continua a pensare che “fumare mi piace”. Sarebbe più corretto dire “fumare mi dà sollievo, perché senza sto male perché sono dipendente”. A me piace molto mangiare il risotto alla pescatora, ma non per questo lo mangio tutti i giorni. Mi piace scrivere, ma non per questo lo faccio continuamente, né sto male se non lo faccio.
Chi non è disposto a cambiare mentalità non smetterà di fumare, e, se lo fa, sarà solo temporaneo.
Le ricerche scientifiche indicano una percentuale di successo del 75% con 5 sedute di ipnosi, mentre con 1 sola seduta la percentuale di successo arriva a meno del 30%. Una variabile importantissima è quindi la motivazione, e l’essere un soggetto che risponde bene all’ipnosi.
Se volete smettere di fumare e siete di Cagliari, chiamatemi.
Dott. Delogu
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