Ipnosi e psicoterapia a Cagliari

sabato 26 giugno 2010

Gioco d'azzardo e dipendenza da facebook... e dipendenze in generale.

Ve lo dico subito: avere una dipendenza è una brutta cosa, una di quelle cose che vi trascinano a fondo. Nel DSM IV, il manuale diagnostico statistico, è classificato il disturbo del controllo degli impulsi, nel quale rientra l'ormai tristemente famoso gioco d'azzardo patologico, e presto entrerà ufficialmente la dipendenza da internet. Stiamo parlando di persone normali, con un partner, degli amici, persone intelligenti con un lavoro e una casa, che scoprono di non riuscire a fare a meno di fare una cosa, come giocare alle macchinette o stare in rete a fare qualcosa, che può andare dai social network come facebook, twitter etc., ai giochi on line come ultima o world of worldcraft, alla pornografia. In realtà la cosa va più in là di così, non solo non si riesce a farne a meno, semplicemente quel genere di attività prevale su tutte le altre, al punto che, chi ha davvero il problema della dipendenza, trascura qualunque altra cosa per portare avanti la sua attività per ore ed ore. Il tempo non conta, basta starci finchè non si è costretti a smettere, vuoi per motivi fisiologici (sonno), o pratici (son finiti i soldi). Perciò queste persone sono capaci di stare davanti alle macchinette per 12 ore, o in rete dal pomeriggio alle prime luci del mattino, trascurando il sonno e l'igiene personale. Se prima avevano interessi e amici, ora hanno mollato tutto perchè quello che fanno per 12 ore "viene prima". E' indispensabile capire che questa è la vera dipendenza, non chi passa 2 ore in più su facebook, e la sua vita continua esattamente come prima.
Brutto casino, che ne dite?
Vorrei spiegarvi che non è qualcosa di razionale, qualcosa che si può dire "basta, ora mi fermo, spengo il pc e mi metto a fare altro", è invece un impulso quasi irresistibile a fare quell'azione quando la si ha a portata di mano. Avete il pc acceso, che fate, non controllate facebook? E se lo controllate 50 volte al giorno trascurando il resto? Credetemi, c'è chi fa questo e anche molto peggio.
Nel lavoro che faccio ho avuto a che fare con persone con dipendenze strane, che andavano dalla sfera sessuale al cibo, a cose più classiche come il fumo o l'alcool.
La dipendenza da internet, mi spiace dirlo, ma da certi colleghi viene sottovalutata oppure catalogata entro certi parametri che invece di risolvere il problema, lo incasinano di più. Questo per due ragioni: la prima è un motivo "politico" di orientamento di psicoterapia. Esistono decine di orientamenti di psicoterapia, un po' come le marche delle auto, e se dovete andare prevalentemente su strade sterrate, allora sceglierete un 4X4, ma la differenza è che gli psicoterapeuti DICONO di occuparsi tutti delle stesse cose, dal terapeuta familiare, al terapeuta della gestalt, all'analisi transazionale, cognitivo-comportamentale, breve strategico, psicoterapia ipnotica etc., ma un conto è occuparsi, altro paio di maniche è riuscire a ottenere dei risultati concreti. Ciò significa che ufficialmente è come se tutte le case produttrici dicessero di produrre una macchina che va bene su qualunque tipo di strada, però poi solo una volta che comprate il prodotto, vi rendete conto che non è proprio così, e che sullo sterrato la vostra auto nuova si impantana quando piove.
In soldoni, ci sono degli approcci giusti per le dipendenze, altri dai quali, stando alle ricerche, difficilmente ne caverete piede. Quale giusto o sbagliato non lo dico io, ma le ricerche scientifiche con campioni di centinaia di persone trattate, pubblicate su riviste autorevoli (ergo non su un blog, per intenderci).
Per complicare le cose, può capitare di avere l'approccio giusto, ma il terapeuta sbagliato, cioè uno che a pelle semplicemente non piace, non ci convince, non viene voglia di fidarsi e affidarsi perchè troppo distaccato o "superiore". Cosa fare quindi? Cambiare terapeuta, e trovare una persona con cui è possibile instaurare un rapporto di fiducia, e che abbia esperienza nelle dipendenze. Di solito è la cosa migliore.
La seconda ragione dell'incasinamento con la dipendenza da internet è un gap generazionale, che crea un ostacolo comunicativo e "concettuale"  tra utente dipendente, espertissimo della sua dipendenza tecnologica, e dall'altra uno psicoterapeuta ultra 50enne, che non sa neppure usare bene la posta elettronica.
L'ideale, ve lo dico subito, in ordine di importanza è:
1) terapeuta con il quale ci si senta in piena sintonia
2) esperienza del terapeuta nel settore delle dipendenze
3) approccio cognitivo-comportamentale, o breve-strategico, o ipnotico (cioè il mio).

Le dipendenze, che siano da gioco compulsivo, o da internet & facebook, hanno il potere micidiale di distruggere famiglie e rapporti sentimentali. Cosa fare se conoscete qualcuno che si massacra in rete 14 ore al giorno e non studia più, non dorme più, non mangia più, non si lava più e non esce più?
La cosa migliore è parlarci, fargli capire che la vita è fuori dallo schermo, o dalla macchinetta, o dalle scommesse sportive, spiegargli che esiste una soluzione, che può uscirne. E a quel punto inviarlo, o accompagnarlo da uno psicoterapeuta, il quale avrà il compito di agganciare la persona.
Purtroppo, come nel caso degli alcolisti e delle dipendenze da sostanze, per realizzare che è necessario un cambiamento, una persona deve toccare il fondo. In questo un familiare può accelerare molto il processo, rendendo scomoda la dipendenza al familiare, e amplificargli il malessere... generando la crisi.
Crisis in greco, significa cambiamento, lasciare la vecchia strada per la nuova.

Un saluto pieno di speranza.

Dr. Delogu

giovedì 17 giugno 2010

Parliamo seriamente di ipnosi.



L’ipnosi è uno stato modificato di coscienza, a carattere dinamico e non statico, con modificazioni della coscienza affini a quelle del sonno, e una prevalenza dell’emisfero destro su quello sinistro razionale-cognitivo. In generale l’ipnosi viene utilizzata:
·         in ambito medico, in particolare per la gestione del dolore (ipnosi medica), -evidence-based.
·         come tecnica che utilizza i principi della CBT (ipnoterapia cognitivo-comportamentale)
·         in applicazione alla teoria psicoanalitica (ipnoanalisi)
·         come psicoterapia a sé stante (ipnosi Ericksoniana).

Nel campo del dolore l’ipnosi ha avuto degli importanti riconoscimenti dalla comunità scientifica sull’efficacia nella gestione del dolore. Dal 1994 la IASP (International Association for the Study of Pain) ha incluso l’ipnosi nel curriculum dei professionisti che si occupano di terapia del dolore in America. Nel 1996 il Panel Report del National Institute of Health ha definito l’ipnosi come uno strumento affidabile, efficace per alleviare il dolore da cancro e altre condizioni di dolore cronico. Questo, in aggiunta alla voluminosa letteratura clinica e sperimentale, conferma che l’analgesia ipnotica è un fenomeno concreto e replicabile. Nel 2000 la meta-analisi di Montgomery, DuHamel e Redd, pubblicata nell’International Journal of Clinical and Experimental Hypnosis, rivista leader del settore, su 18 studi controllati, basata sul dolore riferito da 933 soggetti, mostra un risultato rilevante: le suggestioni ipnotiche alleviano il dolore nel 75% della popolazione, comprendendo diversi tipi di dolore sperimentato, supportando l’efficacia delle tecniche ipnotiche nella gestione del dolore.
Come forma di psicoterapia, attualmente in moltissime parti del mondo l’ipnosi viene utilizzata esclusivamente sotto forma di cognitive hypnotherapy, per aggiungere all’efficacia evidence-based della terapia cognitiva e comportamentale (CBT), i vantaggi dell’ipnosi.  Questa forma di psicoterapia ipnotica è l’evoluzione naturale dell’ipnosi classica e direttiva. Nella fattispecie, mediante suggestioni ipnotiche, è possibile rinforzare la personalità dell’utente, potenziando i concetti funzionali e depotenziando quelli ego-distonici, modificando in questo modo le credenze di base. L’ipnosi cognitivista è una terapia breve, basata sul qui ed ora, e consente di fare dei pacchetti di sedute standard, utilizzando dei protocolli standard impiegati in studi controllati (per esempio, pacchetto di 5 sedute per smettere di fumare). L’ipnoterapia cognitiva fa ampio uso di livelli profondi di trance per far sperimentare in immaginazione il controllo della situazione ambientale mediante l’uso di suggestioni, che verranno poi impiegate nel training di autoipnosi. Questo è un esempio che si rivela molto utile nel disturbo da attacchi di panico con o senza agorafobia, nella fobia sociale, nel disturbo d’ansia generalizzato etc. L’obiettivo è quello di conferire al paziente la piena autonomia per superare e gestire il problema nel modo ottimale e rinforzare la personalità. A tal fine vengono utilizzati dei protocolli standard già sperimentati in studi controllati, da adattare alle caratteristiche di personalità e alle esigenze del paziente. Questa forma di ipnosi segue da vicino i principi dell’ipnosi ericksoniana, fatto salvo per un occhio di riguardo per l’utilizzo di protocolli standardizzati da utilizzare con buon senso, e tecniche di induzione standard dirette o, più raramente, indirette, e naturalmente un adeguamento teorico-pratico al modello cognitivo-comportamentale.
L’ipnoanalisi impiega la tecnica della regressione ipnotica per andare alla ricerca dell’origine del problema, e analizzarlo secondo le metodiche psicoanalitiche.  Tra le fila degli schieramenti avversari alla cognitive hypnotherapy, è comune pensare che l’unico lavoro profondo ed efficace sia quello psicodinamico. Ciò non è vero: è’ importante notare che non esistono lavori scientifici metodologicamente validi che dimostrino l’effettiva efficacia dell’ipnosi usata nella psicoanalisi, eccetto che nella CBT.
L’ipnosi Ericksoniana, nasce con la persona di Milton Erickson, noto psichiatra americano di Phoenix, Arizona, che aprì le porte verso la cosiddetta “ipnosi moderna”, che si differenziava dall’ipnosi classica per l’approccio indiretto, materno e non autoritaria. La psicoterapia Ericksoniana, si basa sul principio di “unicità della persona”, e di adeguare la strategia terapeutica sulla forma del paziente, ogni volta ex-novo (tailoring). Appunto per questa ragione, nell’ipnosi Ericksoniana, non esistono protocolli, né vengono impiegate tecniche di induzione ipnotica standard, perché ciascun intervento deve essere costruito su misura, e applicando un’ipnosi indiretta, cioè non formale.  Il principio è di elicitare le risorse del paziente, e utilizzarle per portarlo verso il superamento delle resistenze e del problema. La terapia ericksoniana utilizza l’ipnosi anche fuori dal setting, e impiegando spesso dei principi della terapia sistemica.  Caratteristica essenziale è l’uso dell’ipnosi indiretta, che consente attraverso l’uso di analogie, metafore, storie, tecniche indirette come la semina e la disseminazione, di far passare a livello inconscio dei concetti che scavalchino le resistenze razionali del soggetto. Per fare un esempio, se con l’ipnosi classica si può dire a un soggetto “ora fai un respiro profondo, e rilassati completamente”, una ipnosi indiretta comincerebbe in modo apparentemente causale, parlando della profondità del mare, e disseminando concetti di calma e rilassamento. 
L’ipnosi ericksoniana è stata, ed è tutt’oggi, oggetto di interesse della PNL.
Non esiste nessuna prova scientifica della superiorità delle tecniche indirette VS tecniche dirette. Si è evidenziato invece che l’eventuale superiorità dell’una o dell’altra non sia assoluta, ma relativa, in base al contesto terapeutico, alla situazione,  e alla alleanza terapeutica.

L’ipnosi cognitivista, l’unica forma di ipnosi replicabile, si è dimostrata efficace in letteratura in quasi tutti i disturbi in asse I. Molti ricercatori sconsigliano l’ipnosi con gli schizofrenici, per evitare scompensi improvvisi o far riemergere vere e proprie crisi psicotiche.
L’ipnosi si può utilizzare nell’età adulta, ma è efficacissima con i bambini, soggetti altamente ipnotizzabili e fantasiosi. La terapia può essere individuale, ma alcuni ricercatori italiani di matrice ericksoniana, utilizzano l’ipnosi in un contesto sistemico e di coppia. In ogni caso, la ricerca mondiale è puntata prevalentemente sul singolo individuo.