Care lettrici e lettori,
trovare persone con empatia, che capiscano realmente cosa sia una sofferenza, e, soprattutto, che si prendano a cuore le vicende di chi chiede aiuto, è una cosa quantomeno difficile.
Ve lo spiego così: un giorno venne da me una persona che soffriva di attacchi di panico. Nella prima seduta mi resi subito conto che nulla di quanto era in mio potere, poteva funzionare. Soggetto non ipotizzabile, non rispondeva a nessuna tecnica, refrattario all'emdr: per onestà intellettuale gli spiegai che poteva avere delle possibilità concrete andando da un terapeuta specializzato in terapia breve strategica. "Da chi vado?", mi chiese. Gli risposi che siccome ero assolutamente addolorato per il fatto di non essere riuscito ad aiutarlo -e lo ero sul serio- , mi sarei preso io la briga di trovargli un terapeuta.
Quindi il giorno dopo presi un elenco di colleghe esperte in quello specifico orientamento e le chiamai tutte, ma con mia grande sorpresa nessuna rispose al telefono. Riprovai in orari diversi ottenendo lo stesso risultato. Alla fine inviai un sms: "Mi chiamo Giovanni Delogu e sono un collega, ho un paziente da inviarti. Contattami perché ho cercato di chiamarti ma senza esito".
Ebbene, solo una collega mi richiamò, scusandosi, giorni dopo, 1 su 5 per essere precisi. Altre 4, nonostante il messaggio, non mi richiamarono mai.
Ora, io mi sono messo nei panni di quel povero signore: chiami un numero e non risponde nessuno. Passano le ore, i giorni, e nessuno ti richiama. Ci sono rimasto male io, figuriamoci chi sta male sul serio e ha un problema concreto quotidiano.
Per questa ragione la mia politica è della disponibilità Vera. E' vero, mi incasino se mi chiedono un appuntamento su WhatsApp, ma rispondo sempre, generalmente senza limiti di orario. Se mi chiamano rispondo quasi sempre al secondo squillo, e se non posso rispondere, rispondo con un messaggio cordiale "ora non posso rispondere, richiamo come posso". Perché sono dell'idea che chi sta male non va fatto attendere, o fatto attendere il meno possibile, perché il dolore, lo star male, non va in vacanza, non si prende mai una pausa. Mai.
Siccome sono stato molto male anch'io, non dimentico mai come si sta dall'altra parte, dell'inferno al pronto soccorso e le attese infinite. Non dimentico neppure quando dovemmo portare nostro figlio di 2 anni di corsa al pronto soccorso, con tutta la paura terribile che potete immaginare.
Dico sempre alle persone che seguo, che se hanno bisogno possono chiamarmi in qualsiasi momento. Il 90% non chiama mai, perché vogliono farcela da sole. E questo per me è motivo di orgoglio, perché queste persone sono diventate autonome e terapeute di loro stesse.
E' questo un punto cruciale: io non faccio terapie lunghe anni, non voglio che le persone diventino dipendenti da me, perché lo ritengo antiterapeutico, il fallimento della terapia. Accompagno le persone fin quando hanno bisogno di me, poi le lascio camminare con le loro gambe, con i nuovi strumenti. Le persone entrano in un modo e finiscono la terapia che sono cambiate.
Persone che hanno accettato la sfida di risolvere i loro problemi.
E hanno trovato uno che le sfide le accetta sempre.
Dott. Delogu
P.S: Ci vediamo lunedì 16 alle 17:00 in via Dante, 16 a Cagliari. Terrò un seminario gratuito dal titolo "Applicazioni pratiche dell'ipnosi". 10% spiegazione, 90% pratica.
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