Cari lettori e lettrici,
vi informo che la data dell'incontro del seminario sull'ipnosi regressiva è stato anticipato al giorno 29 novembre. L'orario rimane sempre dalle 16 alle 18 e la sede sempre in via Dante, 16.
Ricordo che si tratta di un seminario di tipo esperienziale, che darà ampio spazio a un dibattito, ma prima di tutto a induzioni individuali. La quota di partecipazione è di 20€.
Detto ciò, rendo ufficiale la data del 29 novembre.
Dott. Delogu
Ipnosi e psicoterapia a Cagliari
CONTATTI
Tel. 3473095315 Mail: g.delogu@me.com
Studio: via Tuveri, 72 Cagliari (CA)
Sito: www.giovannidelogu.it
Instagram https://www.instagram.com/g.delogu/
mercoledì 9 novembre 2016
Aggiornamento data ipnosi regressiva: 29 novembre ore 16:00 via Dante, 16.
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Dott. Giovanni Delogu
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venerdì 4 novembre 2016
Nuovo incontro di ipnosi regressiva!
Carissime lettrici e lettori,
volevo informarvi con piacere che il giorno martedì 29 novembre dalle ore 16 alle ore 18 si terrà un incontro di gruppo sul tema dell'ipnosi regressiva. Se avete letto i libri di Brian Weiss conoscerete le potenzialità dell'ipnosi, e questa potrebbe essere una possibilità per tutti voi per conoscermi, per verificare se siete dei buoni soggetti ipnotici, e perché no, avere l'occasione per iniziare una terapia.
L'incontro si terrà a Cagliari in via Dante, 16 presso la sede della LILA che gentilmente ci ospita.
I posti sono limitati, e la quota per poter partecipare è di 20€.
Garantisco molta pratica, poca teoria, insomma tutte le induzioni che possono starci in 2 ore!
Per ulteriori informazioni chiamatemi o scrivetemi.
Dott. Delogu
volevo informarvi con piacere che il giorno martedì 29 novembre dalle ore 16 alle ore 18 si terrà un incontro di gruppo sul tema dell'ipnosi regressiva. Se avete letto i libri di Brian Weiss conoscerete le potenzialità dell'ipnosi, e questa potrebbe essere una possibilità per tutti voi per conoscermi, per verificare se siete dei buoni soggetti ipnotici, e perché no, avere l'occasione per iniziare una terapia.
L'incontro si terrà a Cagliari in via Dante, 16 presso la sede della LILA che gentilmente ci ospita.
I posti sono limitati, e la quota per poter partecipare è di 20€.
Garantisco molta pratica, poca teoria, insomma tutte le induzioni che possono starci in 2 ore!
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mercoledì 2 novembre 2016
Quando anch'io ero un paziente...
Care lettrici e lettori,
Il mio lavoro di psicoterapeuta va ben oltre l'aver studiato dei libri. A mio avviso una persona molto ricca interiormente può dare un enorme contributo al risultato terapeutico. Quindi la psicoterapia è anche tecnica, metodo, strategia, ma non può e non deve essere solo questo. Per questa ragione oggi voglio raccontarvi una storia: vi parlerò di quando all'età di 14 anni venni mandato da mia madre da una psicoterapeuta sua amica. Inizia bene la cosa? No, non inizia bene, per una dinamica che prende il nome di "triangolazione", ma guardate cosa accadde.
La prima seduta mi accolse stringendomi la mano e presentandosi col suo nome. In quell'andito mi chiesi subito se fosse casa sua, e con sollievo stabilii che non era un'abitazione. Ampio studio, libreria bianca piena di libri, scrivania da una parte e 2 sedie in vimini e un tavolino tondo con un abat-jour sopra. Non mi sedetti mai alla scrivania, il setting aveva uno stile anglosassone con le poltrone tipo salotto.
Andrò al sodo: la persona non mi piaceva e mi metteva a disagio, per non dire in certi momenti proprio in difficoltà. All'inizio mi sorrideva troppo e fuori contesto, con un che di artefatto.
Più in generale la percepivo troppo distante da me, e certe volte avevo la sensazione che non capisse certe mie difficoltà - o meglio non riusciva a entrare proprio nel problema. Tuttavia ebbe delle intuizioni degne di nota, e, nonostante certi atteggiamenti o comportamenti che destarono in me qualche perplessità, influenzò in modo positivo la mia situazione. Sembrerà un paradosso, ma sono certo che sia stato molto più utile il lavoro che faceva a mia insaputa, magari coi miei familiari- di quello che faceva direttamente con me. Non ha cambiato me, ha cambiato la situazione attorno a me coinvolgendo me di riflesso, di questo ne ho la certezza.
Siccome mentre parlavo, la psico passava gran parte del tempo a scrivere su un quadernone, un giorno le chiesi cosa avesse scritto e se potesse farmelo leggere. Ebbene, ricordo che abbozzò una risposta, chiuse di scatto il quaderno e da quel giorno non scrisse più davanti a me, né vidi più quel quaderno giallo. Perché scrivere di fronte a me per poi nascondermi il contenuto?
La mia non vuole essere un'analisi comparativa di quella terapia o terapeuta, ma mettere in risalto come il grande anello mancante era la relazione. Non mi serviva una persona che mi facesse una lezione sull'empatia, ma una persona che mi capisse e facesse squadra con me, che diventasse il mio "insegnante di chitarra".
Cos'ho imparato da questa esperienza?
Che quando mi chiama una persona la aiuto come se dovessi aiutare mio fratello o mio figlio. Ci penso e la porto con me ogni giorno. Cerco di essere sempre disponibile, e dico sempre a tutti di chiamarmi se hanno bisogno, perché per me è importante sapere che se uno vuole può farlo. Ho capito cosa vuol dire non sentirsi capiti, quali sono le mosse che fanno suonare i campanelli d'allarme negli altri, perché in me hanno suonato.
Ho capito che non far leggere a qualcuno qualcosa che scrivi di fronte a lui, è una pessima cosa da fare, ma non serviva un genio per arrivarci.
E, cosa più importante, ho capito che per essere un buon terapeuta devi aver fatto tante esperienze, per imparare anche dalle cose più semplici -come suonare una nota su un violino- qualcosa che possa aiutare la persona che abbiamo davanti. Questo per me è la psicoterapia.
Dott. Delogu
Il mio lavoro di psicoterapeuta va ben oltre l'aver studiato dei libri. A mio avviso una persona molto ricca interiormente può dare un enorme contributo al risultato terapeutico. Quindi la psicoterapia è anche tecnica, metodo, strategia, ma non può e non deve essere solo questo. Per questa ragione oggi voglio raccontarvi una storia: vi parlerò di quando all'età di 14 anni venni mandato da mia madre da una psicoterapeuta sua amica. Inizia bene la cosa? No, non inizia bene, per una dinamica che prende il nome di "triangolazione", ma guardate cosa accadde.
La prima seduta mi accolse stringendomi la mano e presentandosi col suo nome. In quell'andito mi chiesi subito se fosse casa sua, e con sollievo stabilii che non era un'abitazione. Ampio studio, libreria bianca piena di libri, scrivania da una parte e 2 sedie in vimini e un tavolino tondo con un abat-jour sopra. Non mi sedetti mai alla scrivania, il setting aveva uno stile anglosassone con le poltrone tipo salotto.
Andrò al sodo: la persona non mi piaceva e mi metteva a disagio, per non dire in certi momenti proprio in difficoltà. All'inizio mi sorrideva troppo e fuori contesto, con un che di artefatto.
Più in generale la percepivo troppo distante da me, e certe volte avevo la sensazione che non capisse certe mie difficoltà - o meglio non riusciva a entrare proprio nel problema. Tuttavia ebbe delle intuizioni degne di nota, e, nonostante certi atteggiamenti o comportamenti che destarono in me qualche perplessità, influenzò in modo positivo la mia situazione. Sembrerà un paradosso, ma sono certo che sia stato molto più utile il lavoro che faceva a mia insaputa, magari coi miei familiari- di quello che faceva direttamente con me. Non ha cambiato me, ha cambiato la situazione attorno a me coinvolgendo me di riflesso, di questo ne ho la certezza.
Siccome mentre parlavo, la psico passava gran parte del tempo a scrivere su un quadernone, un giorno le chiesi cosa avesse scritto e se potesse farmelo leggere. Ebbene, ricordo che abbozzò una risposta, chiuse di scatto il quaderno e da quel giorno non scrisse più davanti a me, né vidi più quel quaderno giallo. Perché scrivere di fronte a me per poi nascondermi il contenuto?
La mia non vuole essere un'analisi comparativa di quella terapia o terapeuta, ma mettere in risalto come il grande anello mancante era la relazione. Non mi serviva una persona che mi facesse una lezione sull'empatia, ma una persona che mi capisse e facesse squadra con me, che diventasse il mio "insegnante di chitarra".
Cos'ho imparato da questa esperienza?
Che quando mi chiama una persona la aiuto come se dovessi aiutare mio fratello o mio figlio. Ci penso e la porto con me ogni giorno. Cerco di essere sempre disponibile, e dico sempre a tutti di chiamarmi se hanno bisogno, perché per me è importante sapere che se uno vuole può farlo. Ho capito cosa vuol dire non sentirsi capiti, quali sono le mosse che fanno suonare i campanelli d'allarme negli altri, perché in me hanno suonato.
Ho capito che non far leggere a qualcuno qualcosa che scrivi di fronte a lui, è una pessima cosa da fare, ma non serviva un genio per arrivarci.
E, cosa più importante, ho capito che per essere un buon terapeuta devi aver fatto tante esperienze, per imparare anche dalle cose più semplici -come suonare una nota su un violino- qualcosa che possa aiutare la persona che abbiamo davanti. Questo per me è la psicoterapia.
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