Ipnosi e psicoterapia a Cagliari
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giovedì 12 aprile 2018
Famiglia inferno.
Care lettrici e lettori,
lasciamo da parte i buonismi e il politically correct, quelle frasi che sono adatte alla predica domenicale del prete, e diciamo le cose come stanno relativamente alla famiglia. Hanno scritto tonnellate di libri sulla psicodinamica delle relazioni familiari, ma riassumendo ai minimi termini e con una semplificazione ai limiti dell'intelligenza, le cose stanno così:
1) la famiglia può essere il nucleo affettivo che fa quadrato attorno alla persona, conferendo sicurezza, forza e amore. Un punto di appoggio solido, una roccia alla quale aggrapparsi, un nido nel quale crescere.
2) la famiglia può essere il peggior covo di patologie, disumanità, morbosità, sedimentando nella persona insicurezza, paure, debolezze, traumi.
3) la famiglie può essere borderline dove ci si picchia ma ci si abbraccia, si fanno le cose di nascosto fingendo che vada tutto bene e in un modo o nell'altro tra momenti up e down si tira avanti.
4) c'è poi la famiglia del mulino bianco, che esiste solo nella pubblicità, e chiunque creda di viverci si rifiuta di vedere le cose attorno a sé, e se la canta e se la suona da solo.
Ma detto ciò, come si fa a uscirne? Esiste qualcosa che può aiutare? Che ci facciamo con l'ipnosi?
Premetto che stare in una famiglia incasinata è già un'impresa eroica di suo se non se ne esce spostati come un tegola, però ci sono alcune affermazioni che vale la pena correggere:
1) "gli devo volere bene perché è mio padre". E' una regola infondata. Se questo individuo si comporta da genitore ossia "da colui che genera", ma non si occupa della sfera emotiva e affettiva come un padre, ha tutto il diritto di venire detestato e ripudiato dai figli, o trattato da quello che è: un "inseminatore", come dice una mia paziente. Fare il padre è altra roba.
2) "allontanarsi dalla famiglia è sbagliato". Invece è vero l'opposto: restare sempre in famiglia è sbagliato. Massima stima per il ragazzo che dopo gli studi trova un lavoro, diventa autonomo economicamente, e appena può va a vivere da solo. Dovrebbe essere la normalità, ma in realtà è l'eccezione. Costui in breve tempo formerà una famiglia e sarà in grado di prendere decisioni autonome, anche se contrarie ai desideri dei genitori. Questo è il modello funzionale.
Ci sono invece moltissime situazioni nelle quali ragazzi e ragazze pur avendo un'autonomia economica rimangono in casa dei genitori esattamente come facevano quando avevano 10 anni, solo che invece che andare a scuola vanno a lavoro. Tipicamente queste persone risentono fortemente del giudizio dei genitori, non sono autonome mentalmente, e pur di non andare incontro a un dissenso genitoriale, sono disposte a cambiare idea. Malissimo. Cosa succederebbe se questa ragazza incontrasse un ragazzo che non va a genio dei genitori? Se lo porta a casa di nascosto con la mamma nella stanza affianco? Vedete come lo schema della 15enne sorvegliata dai genitori si replica anche a 40 anni?
Il termine tecnico per spiegare questa dinamica è invischiamento familiare.
Uscire da una famiglia invischiata significa mettersi tutta la famiglia contro, perché i legami sono talmente stretti che chiunque tenti di uscire dalle maglie del controllo, viene visto come un traditore.
Il risultato sono quelle pazienti che vengono da me, 50enni che seguono h24 la madre anziana abbandonando la loro famiglia, alle quali chiedo: ma lei è figlia unica? E mi rispondono "no, ho un fratello, ma è andato via da giovane, e se ne frega". Il problema vero non è che quello se ne frega, ma che la signora in questione si fa carico della mamma, tralasciando marito e figli.
La signora segue le regole della famiglia invischiata, dove tutto avviene dentro la famiglia, tutti si prendono cura di tutti e tutti sanno tutto di tutti, ma il prezzo da pagare è che viene prima la famiglia di origine rispetto alla famiglia neo formata.
Il fratello in questione è l'unico che si è salvato, ha spezzato le catene del legame familiare e si fa la sua vita. Magari, se contattato, potrà contribuire economicamente a una badante, ma per esperienza vi dico che non è così che funziona: dai traditori non si accetta nulla.
Se ne riparlerà dopo la morte del genitore a farsi la guerra tra avvocati per spartire le proprietà del caro estinto, tirando fuori veleni e rinfacciando "io ho seguito mamma per 6 anni da quando si è ammalata, tu no", e giù di avvocato per avere più soldi.
Uscire da queste dinamiche, da soli, è difficilissimo. Ma con un aiuto potente ipnotico, è possibile abbattere tutti i sensi di colpa in pochi passaggi, e permettere che la persona possa spiccare il volo.
Un mio paziente 30enne è andato via di casa dopo anni di guerre in famiglia. Ha preso il coraggio a due mani e all'ennesimo litigio furibondo da far tremare la terra si è trovato una casa, e l'ha bloccata.
Gli chiedo: "cambiato casa?"
Mi risponde: "Ciao, da sabato. Non ti dico la guerra in casa, mia mamma mi sta uccidendo".
Madri che non lasciano andare i figli. Madri che non hanno un livello di introspezione tale da capire che un figlio ha bisogno di andare con le sue gambe, o di essere spinto a volte, e si fossilizzano nella dinamica di controllo avendolo a casa. Per poi lamentarsi che è senza fidanzata, ma quando te ne vai, ma non hai amici, ma perché ti vesti così, ma non mi aiuti mai, in un loop eterno di insofferenza e controllo. Famiglia patologica. In questo caso solo il figlio può andare in terapia per riuscire a liberarsi del peso dei sento di colpa. Con l'ipnosi, appunto.
Un brutto inferno per chi ci è già passato. Ergo, state in guardia.
Vivete in casa con mamma e avete uno stipendio? Pensate che abbia torto?
Mettetemela giù dura nei commenti. No fear!
Dott. Delogu
Pubblicato da
Dott. Giovanni Delogu
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